di Betibù – Chiunque ami leggere saprà indicare senza dubbio il suo personaggio preferito. I romanzi indimenticabili sono retti da personaggi perfettamente delineati, destinati a lasciare un ricordo indelebile nei lettori. Dei personaggi che amiamo siamo in grado di indicare il piatto preferito, le abitudini nascoste, il pregio più evidente e il peggior difetto. Sappiamo di che umore siano prima di voltare pagina. La grande letteratura ci ha lasciato nel cuore personaggi da cui tutti sono affascinati: un recente sondaggio su twitter, lanciato con l’hashtag #ilmiopersonaggio, ha individuato come personaggi più amati dal pubblico Jane Eyre, protagonista dell’omonimo romanzo di Charlotte Brontë, e Edmond Dantes, il vendicativo Conte di Montecristo di Dumas, che hanno prevalso su Lolita, il capitano Achab, Aureliano Buendìa e Jean Valijean. Quelli che seguono sono 11 personaggi che ho conosciuto, in un ordine del tutto arbitrario. Ve li presento, come si fa con un amico caro di cui si voglia condividere con altri l’amicizia preziosa.
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Il commissario Adamsberg procede all’inverso, come si addice a uno “spalatore di nuvole”. Non elabora, secondo la logica investigativa, una serie di dettagli che conducono alla spiegazione. Aspetta piuttosto che l’intuizione fondamentale gli corra incontro e, quando questo succede, viene folgorato dalla soluzione evidente del crimine. Non potrebbe essere altrimenti per un filosofo poco razionale, intuitivo, disordinato, che risolve i suo casi camminando e ama da sempre la sua non-fidanzata Camille. Sia che cerchi di rintracciare l’autore di misteriosi cerchi azzurri sul selciato di Parigi che conducono a oscuri omicidi, o di risolvere un caso che sembra avere a che fare con la peste nera o con un lupo mannaro, Jean Baptiste segue il filo della sua sensibilità, e nient’altro. Scovatelo tra le pagine di Fred Vargas (non fatevi ingannare dal nome maschile, si tratta di una scrittrice sopraffina) della Trilogia Adamsberg.
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Qualcuno definirebbe la signora Ramotswe una persona grassa. Lei ama definirsi di “corporatura tradizionale”. E alla sua tradizione la signora tiene molto. È nata in Botswana, la terra più bella del mondo, dice. Al momento di cercarsi un lavoro la signora Ramotswe ha deciso di fondare la Ladies Detective Agency n°1, prima e unica agenzia investigativa al femminile di Gaborone (e di tutto il Botswana). Con abilità e buona dose di praticità si muove tra i casi ingarbugliati dei suoi clienti, sia che essi denuncino presunti furti, tradimenti o piccoli contrasti. Gran bevitrice di the rosso, trova sempre la parola giusta al momento giusto, e a guidarla è prima di tutto il buon senso, accompagnato dal buon cuore, che le permette di risolvere i casi e tornare a spettegolare con la sua fidata assistente, la magrissima signorina Makutsi, diplomata con il massimo dei voti alla scuola delle segretarie del Botswana. Trovate le atmosfere naïf del Botswana della signora Ramotswe, dove potrete incontrare meccanici affaccendati, volitive direttrici di orfanotrofi e personaggi ben delineati, nei romanzi del delicato e ironico Alexander Mc Call Smith, professore di diritto medico di Edimburgo, nato e cresciuto in Africa.
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Non sono possibili equivoci sul segnale: nessuna notizia di Gurb. Si è perso all’arrivo sulla terra, e bisogna andare a cercarlo. Non saprei dirvi se nel delizioso piccolo libro di Mendoza vi colpirà di più la figura di Gurb o quella del suo inseguitore, ma di una cosa sono certa: il romanzo vi strapperà a tratti risate da monologo comico. Ambientato in una caotica Barcellona, Nessuna notizia di Gurb è una disincantata visione della società e dei suoi lati profondamente umani. Scoprirete come sia assolutamente inconcepibile per un alieno tutto ciò che a noi sembra perfettamente normale. Il tutto in sole 118 pagine.
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Il commissario Maigret non dovrebbe aver bisogno di presentazioni. Sono sicura che non gli interesserebbe neppure conoscervi, nel momento in cui è concentrato sui suoi casi o curvo sulla sua pipa a elucubrare. Ma forse, se gli andaste a genio, più tardi potrebbe concedervi il lusso di una birra con lui alla brasserie Dauphine, per raccontarvi quel piccolo insignificante dettaglio che ha permesso la risoluzione dell’ennesimo caso di omicidio. Lasciatemi indugiare sulla figura di quest’uomo, cui hanno dato volto celebri attori, per confessarvi che la sua figura letteraria, perfettamente delineata, possiede la presenza fisica di un caro rassicurante vicino di casa. Simenon disse “(…) di veramente mio ho dato a Maigret una regola fondamentale della mia vita: comprendere e non giudicare, perché ci sono soltanto vittime, e non colpevoli”. Se volete scoprire se siete d’accordo con questa affermazione, sono a vostra disposizione settantacinque romanzi e ventotto racconti.
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La moglie dell’uomo che viaggiava nel tempo quando chiude gli occhi prova un senso di smarrimento. Vorrebbe abbracciarlo, ma non sa dove sia. Non sa quanto anni avranno la prossima volta che si incontreranno, e se sarà possibile per loro comprendersi, riconoscersi, amarsi. Quello che sa di certo è che la sua vita non sarebbe la stessa senza quest’uomo, condannato a itinerare tra tempo e spazio senza quiete, per una malattia genetica rarissima. Clare è un artista: crea sculture di carta, effimere come gli attimi in cui si muove con Henry. La moglie dell’uomo che viaggiava nel tempo è un libro arduo da descrivere, con personaggi altrettanto difficili da dimenticare. L’autrice, Audrey Niffenegger, è una scrittrice americana.
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Non chiedete a Hana se sia un uomo o una donna, se non dopo averla conosciuta bene. Non so se sarebbe in grado di dirvelo. Sarebbe senza dubbio in grado di regalarvi una poesia da cui comprendereste molto. Magari potrebbe sedersi con voi e raccontarvi un’antica tradizione albanese, quella del Kanun, in base alla quale alcune donne, in particolari condizioni di vita, decidono di farsi uomini e di rinnegare la propria femminilità. Hana lo fa per conservare la propria indipendenza, e mantiene il proprio giuramento fino a quando la cugina Lila, emigrata da anni negli Stati Uniti, non la convince a raggiungerla a Washington e a sacrificare il proprio onore per tornare a essere la donna che in fondo all’anima è sempre stata. Vergine Giurata, di Elvira Dones, è il libro in cui si trova il racconto straordinario e assolutamente plausibile di questa donna alla ricerca di se stessa.
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In Anna Karenina c’è una parte di tutte le donne che conosco o ho conosciuto. Il fascino, la bellezza, l’alterigia, la fragilità, l’amore materno, la passione folle che porta alla disperazione più pura. Chiudendo gli occhi la si immagina fiera controvento, di spalle, alla stazione. Difficile dire di più di un personaggio tanto noto e tanto amato, forse uno dei più amati della letteratura. Ma davvero non mi sono sentita di tralasciarla. Se qualcuno non avesse avuto ancora modo di incontrarla, nonostante la sua celebrità, la trova tra le pagine del libro di Lev Tolstoj che da lei prende il nome. Signore e signori, Anna Karenina.
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Monsieur Malaussène di professione fa il capro espiatorio. Basterebbe già questo di per sé a renderlo interessante, se non fosse anche il protagonista giovane, educato, colto e gentile della serie di Belleville di Daniel Pennac. La tribù dei Malaussène è un arazzo stravagante, vivissimo e intenso dal colore abbagliante, composto da fratellastri, sorellastre, nipoti e un cane. La famiglia sembra più reale di tante famiglie esistenti, perché è fortemente caratterizzata dai sentimenti, che di volta in volta appaiono inequivocabili. Ironica, tagliente, commovente, dissacrante. Una serie da leggere, se vi avanza tempo.
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Aureliano Buendia è il protagonista di uno degli incipit più famosi della letteratura, l’inizio di Cent’anni di solitudine del premio Nobel Gabriel Garcia Marquez. Parte di una casata numerosa e interessante (non pensate di affrontare il libro senza disegnarvi un albero genealogico della famiglia Buendia), dotato del dono della chiaroveggenza, diventa famoso come generale delle forze rivoluzionarie, per aver partecipato a 32 rivoluzioni armate e averle perse tutte e 32. Sopravvive a quattro attentati, settantatré imboscate, a un tentativo di suicidio con un colpo di pistola, a un plotone d’esecuzione e a una dose di stricnina sufficiente a uccidere un cavallo, per finire i suoi giorni chiuso nel suo laboratorio a fabbricare pesci d’oro. Ispirato in parte alla figura del nonno dell’autore, è un personaggio che vi conquisterà, delineato in un libro che vi conquisterà a sua volta.
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Bartleby lo scrivano è una figura “penosamente decorosa, irrimediabilmente squallida”, a detta del suo datore di lavoro, il titolare anonimo di uno studio legale di New York, che dal suo incontro con questo curioso personaggio trarrà degli assurdi risvolti. Il “preferirei di no” di Bartleby vi assorbirà alla pari di una lettera smarrita che non trovi la strada di casa. Melville superò se stesso nel delineare questa figura singolare, eccentrica, indimenticabile della letteratura americana.
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Betibù è la più amata dai redattori del Corsara, che la sanno essere musa ispiratrice di questa rubrica. Il suo vero nome è Nurit Iscar, scrittrice e dama nera della letteratura argentina, soprannominata Betibú per la sua somiglianza con il personaggio dei fumetti Betty Boop, e protagonista di un intrigante romanzo giallo di Claudia Pineiro. Un intreccio criminoso agile e appassionante, in cui la donna sulla cinquantina, reduce da relazioni fallite e in crisi di ispirazione, indaga su un crimine commesso in un golf club di lusso, all’interno del quale sembra impossibile riuscire a scoprire il colpevole. Nella trama si inseriscono personaggi che affascinano, come un circolo di immancabili e fidatissime amiche, un giovane rampante che pensa di poter sopravvivere solo grazie a internet, e Jaime Brena, giornalista di nera attaccato a cattive abitudini e consigli da dispensare. Rubiamogliene allora uno, da dedicare alla redazione: “Trova il tempo, ragazzo, trovalo, e leggi dei romanzi. Se vuoi essere un bravo giornalista, devi leggere romanzi, ragazzo, non c’è mai stato un grande giornalista che non fosse innanzitutto un buon lettore, te l’assicuro”. Ben detto, Brena, come direbbe Betibù.
* Undici… Rubrica Corsara di Betibù
** Undici…, la nuova rubrica del Corsara curata da Betibù, vuole essere un’occasione di spunti e suggerimenti, una vetrina curiosa su cui affacciarsi rapidamente oppure incollare il naso, a seconda dei gusti. Un luogo dove trovare notizie in più su cose che si conoscono, oppure scoprire qualcosa di nuovo che non sapevamo.
“La rubrica avrebbe potuto intitolarsi ‘Dieci buoni motivi per’, ma non mi piacciono i numeri pari, e undici è il mio numero fortunato. Il nome Betibù è un omaggio alla scrittrice Claudia Pineiro, autrice di gialli inusuali, argentina sottile, scanzonata e colta. Il nome deriva da uno dei personaggi del romanzo omonimo, e identifica una scrittrice di romanzi gialli di mezza età in crisi che cerca di ritrovare qualcosa che non sa neppure bene cosa sia…”
bell’articolo, scelte non banali!