Imprese liguri più disponibili con fornitori per allungare tempi pagamento

Secondo l’European Payment Report di Intrum, in regione più che nel resto del Paese, le perdite di credito sono l’area più problematica nell’attività delle imprese. Le aziende liguri subiscono più che altrove in Italia gravi ritardi (fino a 200 giorni) nei pagamenti dalla Pubblica amministrazione. In Europa il 70% dei manager ne è sicuro: “pagamenti più rapidi permetterebbero di investire in sostenibilità e digitale”.

Antonio Rabossi

Le perdite di credito generate da ritardi e mancati pagamenti da parte dei clienti rappresentano l’area di attività più problematica per le imprese liguri. Dall’analisi European Payment Report (EPR) realizzata da Intrum, il principale operatore europeo nei credit services che ha intervistato più di 11.000 imprese di 29 paesi europei, emerge che molte più aziende in regione (50% delle realtà intervistate) rispetto alla media nazionale (35%) sono disponibili a rivedere i termini di pagamento pur di agevolare i propri clienti anche se solo una piccola parte ha dichiarato di aver accettato, nell’ultimo anno, pagamenti più lunghi di quanto ritenesse sostenibile.

La recessione economica è una realtà che secondo molti dei manager liguri interpellati (il 39% contro il 31% in Italia) caratterizzerà i prossimi 12 mesi, ma già oggi oltre la metà delle imprese della regione coinvolte rileva difficoltà finanziarie per i propri debitori, un problema che in Italia emerge solo dal 20% delle interviste. Più realtà economiche locali (il 61% degli interpellati) rispetto alla media nazionale (49%) registrano una diminuzione dei profitti causata dalla crisi pandemica e continuano, anche in questa fase, a essere inferiori rispetto a prima. Per quanto riguarda il tempo medio impiegato dai propri clienti per effettuare i pagamenti, le aziende liguri hanno riscontrato che il 53% dei consumatori paga in media tra 21 e 30 giorni (rispetto ad una media nazionale del 42%) mentre il 29% dei pagamenti da parte della Pubblica Amministrazione vengono eseguiti con notevole ritardo tra 101 e 200 giorni contro una media nazionale che non supera l’8%.

L’EPR di Intrum ha cercato di indagare anche in quanto tempo manager e imprenditori liguri stimano che la regione possa diventare “cashless, cioè utilizzando esclusivamente la moneta elettronica: secondo il 61% ci si impiegherà 10 anni, ma il 22% è ancora più pessimista e non pensa ci si arriverà mai.

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TEMPI DI PAGAMENTO: IN ITALIA OLTRE 6 AZIENDE SU 10 STIMANO RISCHI CRESCENTI. In Italia, oltre 6 aziende su 10 (il 63% delle realtà intervistate) stimano oggi un rischio crescente (e sono maggiormente preoccupate) rispetto alla possibilità di ricevere i pagamenti nei tempi pattuiti. L’European Payment Report (EPR) di Intrum, il principale operatore europeo nei credit services, evidenzia un netto incremento rispetto alla situazione pre-pandemica quando, nel 2019, solo il 25% delle aziende italiane intervistate si riteneva “preoccupata più del solito” per il rispetto dei tempi di pagamento da parte dei committenti. A livello europeo, un terzo dei 11.000 manager e imprenditori (C level e business owners di aziende) ascoltati da Intrum in 29 Paesi, hanno affermato che i ritardi nei pagamenti impediscono la crescita e ben il 70% pensa che pagamenti più rapidi da parte dei propri debitori consentirebbero alle aziende di investire in sostenibilità e innovazione digitale.

A tutti i livelli – ha commentato Antonio Rabossi, Operations Director di Intrum Italyle aziende sono concordi nel ritenere la sana gestione del credito l’elemento chiave per la ripresa economica nella fase post-pandemica. Una sana gestione del credito investe l’impresa di un ruolo sociale: per il 67% delle aziende italiane (69% in Europa) che abbiamo intervistato, il pagamento dei fornitori nei tempi concordati è una delle componenti della responsabilità sociale d’impresa”.

MANAGER ITALIANI PIÙ OTTIMISTI SULLA RECESSIONE RISPETTO ALL’EUROPA. Nel 2021 i manager delle imprese italiane sono meno pessimisti rispetto al media europea: 62% contro il 67%. La situazione si è “ribaltata” non solo rispetto al critico 2020 travolto dalla pandemia, quando l’83% degli intervistati italiani si aspettava la recessione a fronte del 56% di media europea, ma anche rispetto al 2019, quando il 76% degli intervistati italiani pensava che la recessione fosse imminente contro il 28% della media europea.

Nel contesto di crisi generato dall’emergenza Covid-19, le azioni dei governi sono state decisive per permettere alle aziende di mantenere a livelli accettabili la liquidità nell’ultimo anno: per questo, il 48% della media degli intervistati europei dal report Intrum prevede un rischio considerevole di crescita di ritardi e mancati pagamenti quando le misure di sostegno dei governi saranno ritirate. Ad oggi, quasi la metà (45%) delle aziende italiane ritiene di essere stata fortunata a sopravvivere all’emergenza sanitaria (49% media europea). Per vincere la recessione, il taglio dei costi è una risposta secondo il 27% delle PMI e il 24% delle grandi aziende, mentre la riduzione delle assunzioni è nei progetti del 15% delle PMI e delle grandi aziende, ma nel 2020 questo dato era più alto: il 25% per le PMI e il 29% per le grandi aziende.