Enpa savonese, preoccupazione per il gruppo di orche

orche Liguria

Savona | Santuario Pelagos. Preoccupazione dei volontari della Protezione Animali savonese per il gruppo di orche che, dopo la morte del loro cucciolo davanti al porto di Genova, continuano a rimanere in zona invece di prendere il largo. «Il mar Ligure – sostiene l’Enpa – è infatti un’immensa trappola di ami (parangali) e reti, che costituiscono per loro un serio pericolo di ferimento, o soffocamento, per cetacei che debbono respirare; se poi fosse vero che rimangono sotto costa per alimentarsi e far riprendere le forze ad un esemplare debole del gruppo, l’ipotesi dell’Enpa è che non riescano a trovare il cibo loro necessario. Secondo gli istituti scientifici che lo monitorano, inascoltati dalle istituzioni pubbliche, il Mediterraneo è un mare vuoto, con il 75% delle specie animali in netta riduzione ed il 25% in via di estinzione, divenuto tale per gli scarichi industriali e civili ma anche per una pesca professionale senza limiti a cui si aggiungono centinaia di migliaia di “dilettanti” o “ricreativi”».


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«Nel giugno 2012 – prosegue l’Enpa savonese – una mobula, specie di manta del Mediterraneo, girava sulla costa tra Varazze e Savona, irta di ami da pesca, che soltanto una biologa-subacquea dell’acquario genovese riuscì pazientemente a togliere, mentre negli anni ’90 decine di cetacei morivano nelle reti derivanti “spadare” (lunghe fino a 40 chilometri), prima che una dura battaglia dell’Enpa riuscisse a far proibire; allora venne istituito nel mar Ligure il Santuario dei cetacei Pelagos che, purtroppo, rimase soltanto “un’espressione geografica”, perché nessuna norma di tutela della fauna marina è mai stata emanata.»

La Protezione Animali savonese «sollecita la Regione Liguria (totalmente silenziosa nella vicenda delle orche) ed il sensibile ministro dell’Ambiente ad attivare tutti i  comuni liguri a dotarsi di impianti di trattamento delle acque, a limitare efficacemente la pesca professionale nelle aree del Santuario, proibire ai pescasportivi gli attrezzi professionali (parangali e nasse) ed ingrandire le superfici delle aree marine protette, inserendo altresì severi divieti di pesca (nell’AMP di Bergeggi è consentita!); ed utilizzare parte dei contributi comunitari (la Regione Liguria ha recentemente impiegato 750.000 euro per incrementare la pesca professionale!) per il recupero della plastica ma anche delle reti da pesca perdute o abbandonate in mare, che uccideranno animali per centinaia di anni» conclude la nota degli animalisti.