di Franco Astengo — Il ricordo di Enrico Berlinguer, impeccabilmente organizzato dalla Fondazione Centofiori di Savona nella sede dei giardini a lui intitolati e svoltosi l’11 giugno in occasione dei quarant’anni dalla scomparsa del segretario del PCI merita un cenno di approfondimento.
È stata, infatti, colta l’occasione per proporre una riflessione non banale, non ripetitiva, non semplicisticamente “santificante” come invece molto spesso si è letto o sentito in questi giorni in diverse occasioni.
Si è registrata un’ampia partecipazione percorsa dalla percezione di una emotività positiva da parte dei presenti, con una platea composta solo in parte da protagonisti della vita politica e sociale della nostra Città in quell’epoca : abbiamo visto giovani che di quella stagione hanno soltanto letto o sentito raccontare (negli ultimi tempi si è infittita la memorialistica anche cinematografica) ma che hanno dimostrato una sicura volontà di approfondimento, merce non usuale di questi tempi.
Gli interventi di apertura sviluppati dall’assessore comunale Gabriella Branca e dal segretario della Camera del Lavoro Andrea Pasa si sono incentrati su due temi di non facile lettura: da un lato il Berlinguer della “questione morale” e della critica al sistema dei partiti nella famosa intervista a Eugenio Scalfari del 1981, e dall’altra parte la complessità dei rapporti tra il partito e il sindacato, nel momento del superamento del concetto di “cinghia di trasmissione” e del proporsi dell’ondata liberista significativamente rilevata in Italia dalla vicenda dei 35 giorni della Fiat nel 1980 e dal decreto di San Valentino sulla scala mobile del febbraio 1984, pochi mesi prima della scomparsa di Berlinguer il cui lascito rimane, proprio in memoria di quella vicenda, inserito nella priorità delle lotte in difesa dei lavoratori, dei loro diritti, della loro condizione sociale.
È toccato, però, all’intervento del già sindaco di Savona Sergio Tortarolo puntualizzare e riflettere sui molteplici aspetti dell’itinerario politico di Berlinguer.
Tortarolo ha tenacemente ribadito la necessità di non fare della memoria di Berlinguer “un santino” e ha illustrato con efficacia le difficoltà che via via il,segretario del PCI si è trovato davanti, anche nel suo stesso partito, per affermare le proprie convinzioni e le proprie proposte: spesso “in solitaria” il segretario comunista aveva portato avanti il percorso di confronto con la realtà del “socialismo reale” (fino alla celebre affermazione sull’ “ombrello della NATO”), la volontà di affermazione del “compromesso storico”, la capacità di leggere le grandi novità che si avanzavano nella società italiana attorno al tema dei diritti collettivi e individuali (con specifico riferimento a divorzio e aborto), al rapporto con i nuovi movimenti, quello femminista e quello pacifista appoggiando la lotta contro l’installazione dei missili USA a Comiso non certo in nome del filosovietismo anzi affermando una necessità di superamento dei blocchi militari allo scopo di sventare la minaccia atomica, fino alla concezione (tragicamente rimasta incompiuta) dell’alternativa democratica: un punto quello della necessità di sventare la minaccia atomica che, non va dimenticato, fu ripreso da Nilde Iotti, nella commemorazione tenuta ai funerali svoltosi in Piazza San Giovanni di fronte a oltre un milione di persone.
Tortarolo ha illustrato anche un aspetto molto particolare della capacità di lettura politica di Berlinguer: quello della preveggenza, di saper leggere il futuro, di esercizio del “pensiero lungo”.
Singolarmente (e senza alcuna premeditazione) questo tema è stato ripreso il 12 giugno da Vincenzo Vita sulle colonne del “Manifesto” ricordando l’intervista rilasciata da Berlinguer per l’Unità del 18 dicembre 1983 (autore Ferdinando Adornato) sul testo di George Orwell “1984”.
In quell’occasione Berlinguer si allontana dalla lettura comune di Orwell semplice critico dell’esperienza sovietica (come era stato nella “Fattoria degli animali”) e si addentra in una lettura straordinariamente moderna (ed attuale) delle nuove tecnologie, intese non come rischio ma come opportunità di arricchimento.
Una coincidenza particolare quella tra l’intervento di Tortarolo e l’articolo di Vita che consente un’affermazione forse un poco arrischiata: quella dell’accostamento tra Gramsci e Berlinguer accomunati da una lettura del marxismo non ortodossa rispetto ai canoni vigenti nelle loro rispettive epoche e capaci – proprio per via dell’aver saputo togliersi gli occhiali del conformismo – di traguardare una visione del futuro (tra i due nell’elaborazione del PCI non può essere dimenticata la dimensione togliattiana che ha interpretato Gramsci e insegnato a Berlinguer : due fasi connesse all’interno dell’imprescindibile coincidenza tra analisi politica ed elaborazione culturale).
È rimasto sullo sfondo il rapporto tra Berlinguer e Savona che pure non fu banale.
Ricordo due passaggi: quello di un’assemblea (di quelle che si chiamavano “attivo”) alla Società Generale nell’autunno del 1960 per discutere dei fatti del luglio e la fase che si era aperta con la caduta del governo Tambroni e il tormentato avvio dell’appoggio del PSI all’area governativa; quello del comizio in Piazza Sisto IV in occasione della campagna elettorale amministrativa del 1975, in quell’occasione si trattò di un omaggio alla Città che grazie ad una imponente mobilitazione popolare durata mesi aveva sconfitto il terrorismo fascista.