Percival Everett, leggerlo fa bene

di Alfredo Sgarlato – Chiunque segua questa rubrica avrà capito quanto sono appassionato di letteratura americana, sia del Nord che del Sud. Eppure c’è un grande scrittore che ho sempre colpevolmente trascurato. Ma non sono il solo visto che non è poi così conosciuto: si tratta di Percival Everett, nato il 22/12/1956, e autore di oltre trenta tra romanzi, antologie di racconti e sillogi poetiche, di cui solo una decina pubblicate da noi, in gran parte dalla casa editrice Nutrimenti. La pubblicazione per La Nave di Teseo del recente “Quanto blu” (So much blue, 2017, ma in America ne ha già pubblicati altri due) mi fornisce lo spunto per emendare alla mia mancanza.

Il mio primo incontro con Everett è con “Ferito” (Wounded, 2005), un romanzo tra western e noir che potrebbe far pensare a Cormac McCarthy, ma senza la crudeltà del solitario autore di “La strada“. Appaiono tematiche etniche e LGBT, ma il romanzo non ha pretese politiche; è un valido romanzo di genere che mostra la qualità di Everett come scrittore ma, se come me iniziate con questo, rimarrete sconcertati dagli altri romanzi di Percival.

Glifo” (Gliph, 1999), è probabilmente il capolavoro di Everett. È la storia di un bambino che fin dalla nascita è dotato di un’intelligenza sovrumana. Però in qualsiasi altro campo rimane bambino, e sceglie di non parlare. Romanzo trascinante, davvero divertente, racconta usando una situazione paradossale l’essere intelligenti in un mondo che può benissimo farne a meno e l’avere un corpo che non ti somiglia, e trova così lo spunto per affrontare qualsiasi tema filosofico. Un altro vertice dell’Everett più surreale è “Deserto americano” (American desert, 2004), in cui uomo decide di suicidarsi, non ci riesce, muore lo stesso per sbaglio e poi risorge. Anche qui i più complessi temi filosofici e religiosi sono affrontati in maniera estremamente divertente, come solo il miglior Vonnegut sapeva fare.

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Everett è afroamericano, e generalmente lo sono i suoi protagonisti, ma spesso l’autore non lo dichiara esplicitamente, lo si intuisce da dettagli della trama. Essere un romanziere afroamericano è però al centro di “Cancellazione” (Erasure, 2001), storia di uno scrittore che non ha successo perché non scrive secondo gli stereotipi di genere. Allora, fingendosi un altro scrive il romanzo che ci si aspetterebbe da un nero, e questo ha successo: che fare? Questo è il libro in cui Percival va più fondo nella battaglia contro gli stereotipi, sia politici che letterari. Essere un afroamericano è il tema di “Non sono Sidney Poitier” (I’m not Sidney Poitier, 2009), non solo, il protagonista è anche il sosia del famoso interprete di “Indovina che viene a cena“, ed ha anche lo stesso cognome! Il suo romanzo più comico, in cui si incontrano personaggi di fantasia, reali come il magnate Ted Turner o possibili come Wanda Fonda, ipotetica cugina di Jane.

Quanto blu” è la storia di un pittore che non usa mai il blu, colto in tre momenti chiave della sua vita. Nasconde un segreto, un quadro invisibile stavolta tutto blu, ma forse sono ben altri i segreti che non ha mai confessato… Non è il suo romanzo migliore, ma è comunque godibile. Qui lo scontro tra personaggi cinici e idealisti può far pensare a Graham Greene, specie nell’episodio più avventuroso. Ha avuto buone critiche e speriamo sia un buon viatico per far scoprire uno di quegli autori come in Italia non ne avremo mai.