“Rubinetti chiusi sul Decreto Liquidità”, survey Confprofessioni e commercialisti

Il 95% delle imprese ha richiesto prestiti per fronteggiare l’emergenza da Covid -19, ma “le banche traccheggiano”. Ecco che cosa emerge dal questionario di Confprofessioni che ha coinvolto oltre 900 giovani professionisti al fianco di oltre 15 mila imprese negli ultimi due mesi di pandemia

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Milano / Genova | Decreto liquidità a secco? Se il 95% delle imprese ha richiesto prestiti, prevalentemente sotto i 25 mila euro, contando sulle garanzie dello Stato, le banche hanno risposto alzando un muro di burocrazia che, di fatto, ha chiuso i rubinetti del credito, pregiudicando seriamente la continuità aziendale di migliaia di imprese, già compromessa da oltre tre mesi di inattività a causa del Coronavirus. È quanto emerge da una survey promossa da Confprofessioni, in collaborazione con l’Unione Nazionale Giovani dottori Commercialisti ed Esperti Contabili (UNGDCEC), che ha coinvolto oltre 900 commercialisti che, negli ultimi due mesi, hanno affiancato circa 15 mila imprese nella gestione dei finanziamenti richiesti alle banche. Il sondaggio punta ad analizzare l’attività, i tempi di erogazione dei prestiti alle imprese e i comportamenti del sistema bancario per favorire l’accesso al credito, alla luce del decreto del decreto legge n. 23 dell’8 aprile 2020 che, attraverso il Fondo di garanzia per le Pmi, garantisce (sulla carta) fino a 100 miliardi di euro di liquidità al sistema produttivo italiano colpito dalla pandemia.

Che cosa dice il decreto liquidità. Come noto, il decreto prevede una garanzia al 100% per i finanziamenti fino a 25 mila euro, senza alcuna valutazione del merito creditizio. Per i prestiti fino a 800 mila euro, invece, viene richiesta una valutazione e la garanzia dello Stato arriva fino al 90% e il restante 10% può essere coperto dai Confidi. Il decreto prevede inoltre lo snellimento delle procedure burocratiche per accedere alle garanzie concesse dal Fondo di Garanzia per le Pmi e favorire così la ripartenza del sistema produttivo dopo l’emergenza sanitaria causata dal Covid – 19. Ma è andata proprio così?

La fotografia di Confprofessioni. A distanza di quasi due mesi dalla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del decreto liquidità, la fotografia di Confprofessioni porta a galla le criticità endemiche di un sistema bancario che, salvo rare eccezioni, ha mostrato una certa riluttanza ad applicare le misure contenute nel decreto liquidità, disattendendo l’invito dell’Associazione bancaria italiana alla semplificazione e alla rapidità di erogazione dei prestiti. Non solo. Dal sentiment dei giovani commercialisti emerge poi un quadro ancor più impressionante, dove la dilatazione dei tempi di erogazione si sovrappone alla richiesta di valutazioni di merito creditizio non contemplate dal decreto liquidità; dove la domanda di liquidità delle imprese viene dirottata per compensare debiti pregressi.

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E le sorprese non finiscono qui perché – come segnalano i commercialisti coinvolti nella survey di Confprofessioni – la quasi totalità degli imprenditori che ha richiesto un prestito ha dovuto, nonostante il lockdown, esibire documenti e superare istruttorie e non sono isolati i casi nei quali le banche abbiano richiesto situazioni prospettiche relative al 2020, la presentazione di garanzie personali per la parte non coperta dalla garanzia statale o agganciato alla concessione del credito la vendita di prodotti come il Pos o polizze vita. Risultato: dopo una trafila di 30-40 giorni, le imprese che sono riuscite ad attraversare il labirinto burocratico degli istituti di credito si contano sulle dita di una mano. A oggi dicono i giovani commercialisti, sono pochissime le erogazioni sotto i 25 mila euro, nessuna sopra i 25 mila euro. Un dato che non meraviglia poiché alcuni istituti bancari hanno rifiutato l’accesso al credito per la “non convenienza dell’operazione”.

Il sondaggio sull’accesso al credito con garanzie previste dal decreto liquidità

1) I vostri clienti hanno fatto ricorso al credito utilizzando le garanzie previste dal DECRETO-LEGGE 8 aprile 2020, n. 23 (Decreto liquidità)? La prima domanda del sondaggio mira a valutare l’interesse delle imprese rispetto alle misure introdotte dal Governo con il decreto liquidità. Su un campione di 15 mila imprese, il 95% degli imprenditori ha fatto richiesta di credito, la gran parte sotto i 25 mila euro, smentendo le critiche e i dubbi di scarso interesse da parte delle imprese che hanno accompagnato i primi passi delle misure governative.

2) Per richieste di prestito superiori ai 25.000 euro qual è stata la tempistica media di evasione della pratica?Il secondo quesito entra nel vivo di una delle principali criticità della concessione del credito: i tempi di erogazione dei prestiti superiori a 25 mila euro. Nel 93% dei casi le risposte hanno superato i 15 giorni di tempo. Il dato va integrato con le 355 note aggiuntive (si veda il punto 5 del questionario), dalle quali emerge come i tempi medi per evadere una pratica si attestino tra i 30 e i 40 giorni, sempre nel caso di risposta positiva

3) Per richieste di prestito inferiori ai 25.000 euro con garanzia al 100% da parte del Fondo Centrale di Garanzia, le Banche, pur dovendosi limitare solo a trasferire il modello compilato, hanno in qualche caso aggiunto anche una valutazione del beneficiario o altri motivi di rallentamento? La terza domanda del questionario è riferita alle richieste di prestito inferiori a 25 mila euro, coperti al 100% dalla garanzia dello Stato. In questi casi, sebbene la funzione degli istituti di credito sia limitata a trasferire il modello compilato al Fondo di garanzia, nel 90% dei casi le banche hanno richiesto documenti non previsti e hanno aggiunto valutazioni di merito, non dovute, sui beneficiari

4) Il credito erogato è stato in qualche caso integrativo (cioè a compensazione di esposizione debitorie preesistenti verso le medesime banche eroganti) o aggiuntivo? La quarta domanda del sondaggio mira a capire come le banche abbiano gestito le finalità del prestito richiesto dalle imprese. Se nel 64% dei casi il credito erogato risulta aggiuntivo, nel 36% dei casi il credito concesso è servito a coprire, parzialmente o totalmente, un’esposizione debitoria pregressa del richiedente, così vanificando il contenuto della misura governativa.

5) Eventuali ulteriori problematiche impreviste da segnalare? (domanda a risposta aperta). Sono oltre 355 le note facoltative dei giovani commercialisti riferite al punto 5 del questionario (domanda a risposta aperta). In estrema sintesi, le osservazioni dei professionisti confermano la richiesta di documentazione ulteriore rispetto a quella prevista dal decreto, in alcuni casi anche situazioni prospettiche relative al 2020 e tempi lunghissimi per l’erogazione (ad oggi pochissime erogazioni sotto i 25.000 euro e quasi nessuna sopra i 25.000 euro). Ma le problematiche segnalate non si fermano qui e spaziano dalla richiesta di garanzie personali per la parte non coperta da garanzia statale, alla vendita di prodotti abbinati alla concessione del credito (POS, assicurazione sulla vita…). In alcuni casi gli istituti bancari interpellati sono entrati nel merito creditizio dei clienti procedendo ad istruttorie per valutare la loro posizione bancaria. In altri hanno rifiutato l’accesso al credito per la non convenienza dell’operazione.

I COMMENTI ALLA SURVEY

Il commento del presidente di Confprofessioni, Gaetano Stella: «La survey sull’accesso al credito dopo il varo del decreto liquidità, che abbiamo realizzato grazie alla collaborazione dell’Unione nazionale giovani dottori commercialisti, vuole essere una risposta alle numerose segnalazioni che ci sono pervenute dai professionisti che denunciavano i ritardi e le lungaggini burocratiche del sistema bancario. I risultati che emergono da questa indagine sul campo sono inequivocabili. Con queste premesse è fuori discussione che le attese di liquidità e di tempestiva collaborazione sono state in gran parte disattese dal sistema bancario.»

Il commento dell’Unione Nazionale Giovani Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili: «Non è un mistero che la gran parte delle aziende italiane sia sottocapitalizzata e banca-dipendente. È un problema strutturale del sistema delle piccole e medie imprese, che si è paurosamente allargato a seguito della crisi economica da Covid – 19, coinvolgendo anche aziende sane e con buone prospettive di mercato» afferma Raffaele Loprete, segretario dell’UNGDEC e coordinatore della Consulta giovani di Confprofessioni. «L’intervento del Governo per iniettare liquidità nel sistema produttivo tuttavia si scontra con le difficoltà del sistema bancario che rischia, a sua volta, di pagare un contributo altissimo alla pandemia in termini di profitti. Non ci meraviglia più di tanto, dunque, l’atteggiamento delle banche, sempre più restie a concedere finanziamenti alle imprese, anche a fronte di una garanzia dello Stato, ma crediamo si tratti di una strategia miope che rischia di mettere in ginocchio l’intero tessuto economico del nostro Paese» il monito di Matteo De Lise, presidente dell’UNGDCEC.»