Éric Rohmer il regista delle ragazze

Il 4 aprile 1920 nasceva uno dei miei registi preferiti, Éric Rohmer. In occasione del centenario recupero quanto scrissi il giorno della sua scomparsa, su un sito oggi perduto.


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È morto ieri sera (11 gennaio 2010 n.d.A.) Éric Rohmer, uno dei registi più personali della storia del cinema. Era nato a Tulle, vicino a Nancy, il 4 aprile 1920 e si chiamava in realtà Jean Marie Maurice Scherer, e non si è mai saputo perché usasse un nome d’arte. La leggenda narra che non volesse far sapere ai bigottissimi e provinciali genitori che, oltre insegnare lettere al liceo, si occupava anche di cinema. Dal 1950 fino al ’65 fu redattore e poi direttore della leggendaria rivista “Cahiers du Cinema”, che rivoluzionò le teorie della critica cinematografica. In particolare dobbiamo a Rohmer la consacrazione di Alfred Hitchcock tra i massimi registi del secolo. Dopo alcuni cortometraggi debutta nel 1959 con “Il segno del Leone”, film che però passa inosservato per colpa dei clamorosi debutti contemporanei dei suoi amici Truffaut, Resnais e Godard (la “Nouvelle Vague”). Dal ’66 al 2007 Rohmer gira altri 23 lungometraggi, vincendo il Leone d’oro a Venezia nell’86 con “Il raggio verde”. Ha anche scritto romanzi e opere teatrali.

La collectionneuse, 1967

Il suo cinema, dietro trame all’apparenza banali (un uomo indeciso tra due donne; due ragazze innamorate dello stesso ragazzo) affronta problemi filosofici come la necessità della scelta o il gioco del caso e del destino. Sempre interpretati da giovani attori poco noti, spesso all’aria aperta e mai in teatro di posa, con dialoghi a volte improvvisati, i suoi film appaiono semplici e leggeri, eppure sono formalmente perfetti, adorati dai cinefili, detestati da chi al cinema chiede soprattutto sparatorie ed effetti speciali.

Le rayon vert

Rohmer era un uomo incredibilmente riservato, pochissime interviste, esistono sue foto solo da anziano, si racconta che sia apparso solo una volta un tv, però mascherato. Ha interpretato un ruolo come attore, ma in un film sperimentale (“Out one”) di Jacques Rivette) che è stato proiettato solo due volte. Solo una volta in vita sua ha dato una conferenza stampa, nel 2000 a Venezia, quando ha ricevuto il Leone d’oro alla carriera. In quell’occasione i suoi biografi, anche i più affezionati, hanno scoperto che era sposato da quarant’anni. Dopodiché, a ottant’anni compiuti, ha presentato un film realizzato con una tecnica totalmente nuova e uno stile totalmente diverso rispetto ai precedenti. Escluse le sue passioni cinematografiche e letterarie non si seppe mai nulla della sua vita privata, si dice fosse cattolico e non di sinistra, ma nulla nei suoi film conferma queste ipotesi.

Le beau marriage

Un uomo intelligente e colto, ma mai pedante, schivo, non conformista, un personaggio totalmente inimmaginabile al giorno d’oggi.