Alla riscoperta di scrittori sottovalutati: Silvo D’Arzo

di Alfredo Sgarlato – Chi segue la mia rubrica ricorderà, spero, un mio articolo sugli scrittori italiani trascurati perché non realisti. Approfondiremo un personaggio di cui ricorre il centenario della nascita: il 6 febbraio 1920 a Reggio Emilia nasceva Ezio Comparoni, che nella sua breve vita usò molti pseudonimi, il più noto Silvio D’Arzo, nome da cantante di operetta lo definiva. Figlio naturale, secondo alcune fonti non conobbe mai il padre, secondo altre invece si frequentarono, a soli quindici anni iniziò a scrivere poesie e racconti, incoraggiato dalla madre (cassiera di cinema e cartomante), fatto non frequente all’epoca.

In vita pubblicò, a soli ventidue anni, un unico romanzo, “All’insegna del buon corsiero“, di stile picaresco (Stevenson era uno dei suoi massimi idoli), in cui la placida vita di un paesino è sconvolta dall’arrivo di un misterioso personaggio sempre vestito di nero, un funambolo. Un altro romanzo scritto in precedenza, nel 1939, “Un ragazzo di città“, viene rifiutato dagli editori ed è considerato perduto, ma è possibile che sia la prima versione di “Essi pensano ad altro“, testo incompiuto e pubblicato postumo nel 1976. Altri progetti coevi di romanzo, “L’osteria dei ricordi” e “L’uomo che camminava per le strade“, non furono terminati, del secondo rimangono alcuni frammenti pubblicati come racconti a sè.

D’Arzo e amici

Nei dieci anni successivi, prima della prematura morte causata dalla leucemia, Comparoni/D’Arzo scrisse soprattutto racconti, di cui solo alcuni furono pubblicati, la sua opera e la sua – poca – fama sono quasi completamente postume. Se “All’insegna del buon corsiero” è un romanzo picaresco, e i lavori incompiuti sono più riferibili a un filone autobiografico/provinciale, i racconti sono quelli che più spaziano negli argomenti, non collocabili nè nel gotico alla Landolfi, nè nel realismo magico di Bontempelli e Delfini.

Advertisements

Alcuni racconti, come “La fine di Mirco” e “Una storia così“, vedono protagonisti gli angeli: ma non vi è nulla di misticheggiante o stucchevole nella prosa di Ezio/Silvio (ma anche Andrew, Andrea, Sandro, Raffaele, addirittura Ignoto del XX Secolo), semmai è una profonda malinconia a tratteggiarla. Soprattutto nel suo racconto simbolo, “Casa d’altri“, pubblicato pochi mesi dopo la morte sulla rivista “Botteghe Oscure”, il cui titolo sarà omaggiato esplicitamente da Pier Vittorio Tondelli e Claudio Piersanti nei loro esordi, “Altri libertini” e “Casa di nessuno“. Qui abbiamo la storia di un indaffarato prete di campagna e di un’anziana signora, di una domanda che non può essere posta e una risposta che non può essere data.

La fidanzata Ada Gorini

Comparoni/D’Arzo in vita ebbe molti amici, una bellissima fidanzata, Ada Gorini, la sua opera fu apprezzata da Montale, Bertolucci, Longhi, Bilenchi, ma rifiutata da molti editori che lo trovarono acerbo: ennesimo svarione, comune all’epoca, più tardi Calvino scriverà a Parise di quanto il “verismo piccoloborghese romano” avesse tarpato le ali a una generazione di scrittori. Quanto aveva ragione.