Annose controversie: le egemonie culturali

di Alfredo Sgarlato – Ho assistito qualche giorno fa ad un’interessante conferenza della filosofa Cinzia Sciuto, che presentava il suo libro “Non c’è fede che tenga. Manifesto laico contro il multiculturalismo“. Il titolo si potrebbe prestare a fraintendimenti, ma l’autrice ha spiegato molto bene cosa intendeva, trovandomi in totale accordo. Secondo la filosofa quando si parla di multiculturalismo si finisce a parlare di cucina, musica e poco altro, ma soprattutto si presenta una concezione monolitica di cultura, quando invece esistono mille sottigliezze all’interno delle culture stesse e, fondamentalmente, milioni di individui non riconducibili ad unum. Provocatoriamente diceva: quando qualcuno grida “prima gli italiani”, pensa davvero di rivolgersi a tutti gli italiani? E io, che ho una formazione culturale psicoanalitica e sistemica, quindi che guarda all’individuo e non ad astratte totalità, e non sono credente, non posso che essere d’accordo.

Cinzia Sciuto

Tutto ciò mi ha indotto a riflettere sull’annosa questione delle egemonie culturali. Il luogo comune ripete fine alla noia dell’egemonia culturale della sinistra; tutto ciò è stato sicuramente vero negli anni ’60/’70, certamente nel mondo della cultura alta, nelle grandi città, tra la gente comune non saprei, ero troppo piccolo per capirlo. Sicuramente da metà anni ’80 in poi l’egemonia culturale in Italia è stata pienamente in mano a Mediaset: pensiamo a quanti danni ha fatto un programma come “Le Iene”, col suo sostegno alle medicine “alternative”. Forse nel mondo del cinema il PD (sottolineo, il PD, non la sinistra) è stato molto amato, ma se i partiti che si rifanno agli ideali della sinistra non hanno mai superato il 30% circa vuol dire che tutta questa egemonia poi non c’era.

Riflettendo sulla conferenza pensavo come la vera egemonia culturale in Italia sia stata quella dell’Idealismo: la dottrina di Croce e Gentile, antipositivista, antimaterialista, vicina al neoplatonismo. In un suo articolo Furio Jesi rimarcava come anche la sinistra sia stata in realtà subalterna alla destra, facendo proprie le “parole con la maiuscola”, che denotano appunto una visione della realtà priva di sfumature, manichea, spesso pensata a tavolino e non legata alla realtà. Ma neoplatonica è anche la sfiducia verso le arti, in nome di un malinteso realismo, che è sempre stata tipica di ogni tentativo di egemonia culturale, anche se, va detto, il fascismo non seppe creare una propria cultura ma solo propaganda.

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Ramon Panikkar

Morto e sepolto il comunismo la vera lotta tra egemonie culturali in Italia è, con un secolo di ritardo, quella tra cattolicesimo modernista e tradizionalista, Panikkar vs Ratzinger o, se vogliamo essere cattivi, Azione cattolica vs CL, di cui oggi le classi dominanti politiche ed economiche sono emanazione (il neoliberismo, modello economico vincente, non produce cultura ma solo spettacolo mediocre). Entrambe con una visione massimalista dell’individuo, che tende al noi e loro, nel primo caso con aspirazione inclusiva, nel secondo con la volontà di costruire muri, ma sempre con una gran coda di paglia: è molto divertente sentire i più acerrimi nemici del marxismo e della psicoanalisi farsene seguaci quando si tratta di negare la religione come causa di guerre e terrorismo (vorrei mi spiegassero quali ricchezze si nascondono a Gaza o nell’Irlanda del Nord), o derubricando a opera di psicopatici gli attentati compiuti da suprematisti bianchi o fondamentalisti cristiani, la stragrande maggioranza in Occidente, la quasi totalità negli U.S.A.

Concludo citando Gramsci, per il quale lo iato tra intellettuali e popolo poteva essere dato dal fatto che l’intellettuale può avere le competenze, che sono inutili senza la passione, e l’uomo del popolo ha la passione senza le competenze. Ma la passione al servizio di idee monolitiche, impertutabili, divisive, diventa fanatismo e servitù.