Brazil, ancora nuove onde

di Alfredo Sgarlato – Negli anni ’40 in Brasile il regime proibì le case di tolleranza (strano: dittature e prostituzione hanno sempre avuto feeling), e i musicisti che vi suonavano si autoesiliarono a New York. Là si innamorarono del jazz e, una volta tornati in patria in tempi migliori mescolarono le sonorità e i ritmi detti “cool” (letteralmente fresco, in gergo rilassato o anche figo) alla samba locale, creando quello stile musicale in punta di dita e di voce detto bossa nova, cioè nuova ondata. Da allora la bossa nova è il simbolo del Brasile, anche se nuovi stili si sono affacciati, e nuove generazioni di musicisti hanno affrontato l’esilio: pensiamo al grandissimo Caetano Veloso e al Tropicalismo.


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Oggi in Brasile se la situazione politica è nuovamente drammatica (ma se i brasiliani hanno preferito il killer delle multinazionali Bolsonaro a chi aveva portato democrazia e prosperità è giusto che paghino i loro errori) quella musicale è quanto mai frizzante, in un incrocio di generazioni e stili. Come spesso avviene nelle avanguardie molti dei protagonisti sono donne, e che donne! Un paio tra i dischi più belli, non solo brasiliani, degli ultimi anni ce li ha regalati Elza Soares. Età indefinita, ma più vicina ai novanta che agli ottanta, incarcerata negli anni ’60 per militanza politica, odiata in patria per la relazione distruttiva col mitico Garrincha (che si sarebbe comunque autodistrutto da solo), ha recentemente inciso due capolavori “Deus è mulher” e “A mulher do fim do mundo” circondandosi dei migliori talenti delle giovani generazioni. Voce cartavetrata, ritmi tribali e suoni modernissimi, Deus è mulher è a mio modesto parere il miglior disco uscito l’anno scorso.

Le canzoni del disco sono scritte da giovani autori: tra questi c’è Maria Portugal, cantautrice e batterista del gruppo Quartabê, formazione strumentale a dominanza femminile. Con una strumentazione molto particolare, clarinetti, batteria ed elettronica, rivisitano i classici della musica brasiliana: nel loro secondo album “Licao #2: Dorival”, uscito pochi mesi fa, rielaborano le canzoni di Dorival Caymmi, in patria considerato il più grande compositore dopo Jobim (Caymmi fu grande amico di Jorge Amado e appare come personaggio in alcuni suoi romanzi). Album di non facilissimo ascolto, sebbene molto melodico, la perfetta fusione di jazz, atmosfere elettroniche e ritmi minimali ne fanno uno tra i dischi più belli che ho ascoltato in questo periodo.

Anelis Assumpção

Cambiamo atmosfere con un’altra bella ragazza, Anelis Assumpção, figlia d’arte, che col terzo disco “Taurina” raggiunge la maturità artistica. Le poliritmie sudamericane, non solo samba, anche reggae, si fondono perfettamente con chitarre psichedeliche e sprazzi di fiati jazzati, ma invece della rabbia della sopravvissuta Elza e della tipica saudade brasileira prevalgono atmosfere giocose, inanellando una serie di graziose canzoni perfette per queste giornate estive.

Domenico Lancellotti

Figli d’arte anche alcuni maschietti, per esempio Moreno Veloso, Domenico Lancellotti e Kassin, che pubblicano sia dischi in trio dove uno a turno è leader e gli altri due collaboratori, sia opere soliste. L’uscita più recente è di Lancellotti (ma Veloso jr è ospite) “The good is big god”, prodotto da Sean O’Hagan (ex Microdisney e Stereolab) per l’etichetta Luaka Bop di David Byrne. Qui Domenico fonde lo spirito brasiliano con atmosfere molto più rock. Non è un figlio d’arte Rubel, che nel suo secondo disco “Casas” fonde con successo l’indolenza e la malinconia della musica carioca con quella di certo rock detto “slacker” (“pelandrone”) di cui furono campioni i Pavement

Rio de Janeiro (RJ), 11/05/2018 – RUBEL – Show do cantor Rubel no Circo Voador. Foto: Ellen Pederçane / Zimel /Agência O Globo

Concludiamo col ritorno di un grande vecchio dopo una decina di anni di assenza. Newyorchese di adozione ma brasiliano di nascita Arto Lindsay ha attraversato il punk coi DNA, il jazz coi Lounge Lizards, il rock più sofisticato con Golden Palominos e Ambitious Lovers, per poi regalarci negli anni ’90 una serie di dischi solisti magnifici, in cui la saudade brasileria si mecola perfettamente ai suoni più moderni del periodo. In “Cuidado Madame”, a mio parere il più bel disco del 2017, torna alla sua ispirazione migliore, fondendo bossa nova, jazz, elettronica e minimalismo, voce sussurrata e strumenti carezzati delicatamente. In breve, se il Brasile è in crisi politica, non lo è affatto la sua musica. Tutti i dischi citati sono pubblicati in Italia e disponibili sulle piattaforme on line, quindi buona caccia.