Pasqua e festività 25 aprile, 1º maggio e 2 giugno: i sindacati invitano all’astensione dal lavoro

lavoratori in un cantiere

Savona / Roma. Lavorare nel giorno di festa non è un obbligo. Lo ricorda la Fisascat Cisl alla vigilia della Santa Pasqua e delle festività del 25 aprile, del 1° maggio e del 2 giugno. La categoria cislina ribadisce che non c’è l’obbligatorietà alla prestazione festiva e che nessuna riduzione o trattenuta, secondo quanto previsto dalla contrattazione nazionale di settore, sarà operata sulla retribuzione ai lavoratori come conseguenza della mancata prestazione. Numerose le iniziative a livello locale indette unitariamente dai sindacati di categoria Filcams Cgil, Fisascat Cisl e Uiltucs. I sindacati invitano i lavoratori all’astensione in Lombardia, Veneto, Piemonte, Alto Adige, Liguria e Marche mentre in Emilia Romagna, Toscana, Umbria, Lazio, Puglia, Sardegna e Sicilia le tre sigle regionali hanno indetto una giornata di sciopero per la domenica di Pasqua e nelle festività di Pasquetta, 25 aprile e 1° maggio.


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In attesa dell’evoluzione legislativa annunciata nei mesi scorsi da esponenti del Governo sulla revisione della normativa sulle liberalizzazioni e sulla promozione della concorrenza e della competitività, la Fisascat Cisl rilancia la proposta unitaria presentata alla Camera dei Deputati in occasione della audizione concessa sul tema degli orari di apertura degli esercizi commerciali. Fulcro della proposta, fermo restando il divieto di apertura domenicale e festiva in linea di principio generale, la possibilità di prevedere deroghe per un massimo di 12 domeniche all’anno, stabilite dalle Regioni con apposito decreto dirigenziale da emanare di intesa con gli Enti Locali e sentito il parere delle associazioni imprenditoriali del commercio, dei consumatori e delle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale. Le tre sigle chiedono invece la chiusura nel corso delle 12 festività nazionali, civili e religiose del 1° gennaio, 6 gennaio, Pasqua e lunedì dell’Angelo, 25 aprile, 1° maggio, 2 giugno, 15 agosto, 1° novembre, 8, 25 e 26 dicembre durante le quali non deve essere inoltre prevista la possibilità di deroga.

«Ad oggi, nonostante i proclami di alcuni esponenti del Governo la condizione delle lavoratrici e dei lavoratori del commercio al dettaglio e della grande distribuzione organizzata non è cambiata» ha dichiarato il segretario generale della Fisascat Cisl Davide Guarini. «L’esperienza concreta della liberalizzazione degli orari di apertura degli esercizi commerciali – ha sottolineato – ha ampiamente dimostrato che le misure varate dai Governi che negli anni si sono succeduti non solo non hanno determinato un aumento dei consumi ma hanno invece contribuito sul piano occupazionale ad una maggiore precarizzazione dei rapporti di lavoro, scardinando la contrattazione sull’organizzazione del lavoro costruita con le aziende, peggiorando le condizioni di lavoro e minando il faticoso equilibrio nella vita privata delle lavoratrici e dei lavoratori in un comparto ad occupazione prevalentemente femminile». Il sindacalista ha posto l’accento sulla «necessità di attribuire un ruolo centrale alla concertazione tra Parti Sociali, Regioni e Comuni, perché la disciplina degli orari è strettamente legata alle esigenze del territorio e dovrebbe trovare il suo equilibrio all’interno di un più generale e armonico piano degli orari nella programmazione delle aperture» come anche «sul ruolo della contrattazione di settore stipulata dalle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative, in grado di definire una flessibilità contrattata e retribuita ad hoc». «D’altra parte non esiste il diritto all’acquisto – ha concluso il sindacalista – ed anche le lavoratrici ed i lavoratori del commercio, della distribuzione e dei servizi hanno diritto al riposo e a passare le festività con i propri cari».