Savona / Genova. Un’economia che pesa per il 13,7% sul valore aggiunto regionale della Liguria. Parliamo di quella sommersa, un giro d’affari che tra lavoro irregolare (4,7%), rivalutazione dei risultati economici (6,3%) e altre componenti minori (2,7%) incide non poco sulla filiera produttiva ligure, a danno di chi lavora in piena onestà. I dati Istat sono diffusi in un recente report dell’Ufficio studi di Confartigianato. Secondo l’analisi, in Italia l’economia sommersa pesa per il 13,8% sul valore aggiunto nazionale. Ai primi posti si piazzano le regioni del Sud Italia, con incidenze comprese tra il 17,5% e il 20%, mentre in fondo alla classifica si posizionano la provincia autonoma di Bolzano (10,4%) e la Lombardia (10,8%). Dal punto di vista occupazionale, in Liguria il 12,1% degli occupati sono irregolari. Un tasso di un punto inferiore alla media nazionale (13,1%). Il dettaglio sull’occupazione artigiana mostra invece che in Liguria, per ogni artigiano regolare, c’è una media di 1,1 occupati irregolari (un dato che equivale a quello nazionale). Anche in questo caso, i valori più alti spiccano nelle regioni del Sud, Campania in testa con ben 3,5 irregolari per ogni artigiano regolare.
«Un fenomeno da contrastare con forza, perché sottrae economia e lavoro alle nostre imprese – afferma Giancarlo Grasso, presidente di Confartigianato Liguria – Imprese che portano avanti la propria attività non solo con onestà e impegno, ma anche facendo i conti con la pesante fiscalità e la burocrazia di tutti giorni, che invece molti sono indotti ad aggirare del tutto. E mentre l’economia sommersa cresce, quella regolare ristagna e fatica a ripartire, con le piccole imprese che incontrano difficoltà a investire e mantenere i propri dipendenti». Proprio in base agli ultimi dati Istat, in cinque anni (ultima variazione disponibile 2011-2016) l’economia sommersa è cresciuta più di quella regolare (+3,6% contro +3,1%), con il lavoro irregolare a fare da traino (+9,6%). In particolare, a fronte di un calo del 5,9% dei lavoratori indipendenti regolari, gli irregolari sono aumentati ben del 2,2%. «Accanto alla politica di facilitazione ed incentivazione, che può favorire la nascita e lo sviluppo delle imprese, facendo in parte emergere quelle abusive – conclude Grasso – è tuttavia necessario che gli enti preposti ai controlli non scelgano di concentrare le loro attività unicamente sulle imprese che lavorano alla luce del sole, ma si rivolgano maggiormente su chi ufficialmente non esiste e che continua a seminare danni in tutto il tessuto economico circostante».