A Savona l’arte della panificazione diventa arte dell’integrazione

Savona. Sono ormai trascorsi due anni da quando “Futura”, l’ente di formazione di Confartigianato, in collaborazione con l’associazione savonese dei panificatori ha iniziato percorsi di formazione rivolti all’inclusione sociale. Pane, pizza e focaccia per provare a costruire una professionalità spendibile nel mondo del lavoro, così come è capitato a Yerro Bah giovane venticinquenne del Gambia, nel nostro paese dal 2015. Due anni fa ha iniziato il suo percorso presso i laboratori di panificazione di Legino con altri ragazzi che come lui parlavano a stento l’italiano e non avevano alcuna esperienza nell’ artigianato del pane; a loro favore solo l’attenzione e la voglia di imparare.

Oggi Yerro ha un contratto di lavoro. Dopo un’esperienza di tirocinante presso la Panetteria Emy di Savona, il titolare Gianni Manzone ha scelto assumerlo e di proseguire definitivamente quel percorso di crescita professionale e inclusione sociale partito anni prima. “Ho scoperto di essere un ottimo panificatore e insegnante. Mi è stata data una possibilità che ho colto e che mi ha portato ad avere un lavoro, a sentirmi parte attiva in un sistema e anche parte della grande famiglia dell’associazione Panificatori e di Gianni Manzone” commenta il giovane Yerro Bah in occasione della prima lezione di un corso come quello che ha frequentato anni prima e al quale i panettieri savonesi hanno passato il testimone di docente la prima lezione. La lezione affidata a Yerro ha come programma panfocaccia e lingue. Il ragazzo si aggira con sicurezza tra i banchi di lavoro per monitorare tutte le fasi di realizzazione confrontandosi con gli allievi.

Tutto ciò sotto il controllo vigile dell’Ente di formazione di Confartigianato Savona e dei rappresentanti dell’Associazione Panificatori di Savona. “Lo ricordiamo il primo giorno di corso” dice Luigina Barabino: “era un ragazzo di poche parole, ma con le orecchie tese e gli occhi veloci per carpire tutto il necessario per imparare il più possibile. Siamo contenti che oggi lui sia dal lato opposto della cattedra, vuol dire che abbiamo lavorato bene e lui ha capito e apprezzato il nostro mestiere e la fatica che comporta.”

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