Intervista a Kronoteatro: dieci anni di lavoro e traguardi sempre nuovi

di Alfredo Sgarlato – Abbiamo incontrato Maurizio Sguotti e Tommaso Bianco di Kronoteatro, in occasione dell’imminente partecipazione alla Biennale di Venezia, e abbiamo chiacchierato con loro della loro storia presente e futura.
A.C.: La notizia della vostra partecipazione alla Biennale è stata una sorpresa o vi aspettavate qualcosa in merito?
M.S.: è stata improvvisa…
T.B.: Siamo stati molto contenti, è stata la conferma che un lavoro duro di dieci anni paga, partecipare a un festival così importante è stato inorgogliente, si dice?
A.C.: Presenterete un nuovo spettacolo in anteprima nazionale…
M.S.: Si, presenteremo il terzo spettacolo della Trilogia sul Potere, “Cicatrici”, che debutterà il 31 luglio. Ci stiamo lavorando da un anno e mezzo, siamo partiti come spunto dal “Tieste” di Seneca, ma non è una riscrittura, ma è un testo nuovo, scritto come i precedenti da Fiammetta Carena, che mantiene alcune citazioni dal testo originale.
A.C.: La collaborazione con Fiammetta Carena è stata fondamentale per voi, ma vi piacerebbe cimentarvi con altri autori?
M.S.: C’è anche la voglia di affrontare altri autori, ma la collaborazione con Fiammetta rimarrà per sempre, è così importante per noi. Un’altra collaborazione importante è quella con lo scultore piacentino Christian Zucconi, che ha realizzato alcune sculture mobili in legno, figure di uomini e bambini, che sono parte integrante dello spettacolo.


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A.C.: Questa trasferta veneziana immagino comporti un grosso carico di lavoro.
T.B.: Sicuramente, dover allestire e provare tre spettacoli contemporaneamente è impegnativo, e poi si sovrappone alle incombenze organizzative, stiamo già lavorando alla Stagione 2018/19; inoltre “Fratello + Sorella” andrà in scena a giugno a Racconigi nell’ambito del festival “La Fabbrica delle Idee”.
A.C.: I vostri spettacoli come vengono accolti in giro per l’Italia?
T.B.: Sempre positivamente, c’è stato sempre un buon apprezzamento sia di critica che di pubblico.
M.S.: Ci rendiamo conto che gli spettacoli, per quanto possano essere duri, ricevono sempre attenzione da parte del pubblico, arrivano a colpire, c’è sempre interesse anche da pubblici diversi, quindi capiamo che abbiamo lavorato anche per loro, non solo per noi, per poter esprimere le nostre emozioni, le nostre idee.
T.B.: Il pubblico si riconosce in quello che portiamo sulla scena.
A.C.: Potere e famiglia sono i temi base dei vostri spettacoli, ma peraltro sono i temi forti di cui si discute nella società contemporanea, i suoi aspetti più in evoluzione
T.B.: Si, ci siamo guardati intorno e ci siamo chiesti quali fossero gli ambiti e gli accadimenti che avessero più capacità di modificare le sensazioni degli uomini, e abbiamo individuato famiglia e potere.
A.C.: Quindi c’è stata una ricerca alla base
T.B. : Si, c’è stato un ragionamento sull’affrontare qualcosa che fosse sia quotidiano che universale.
A.C.: Voi lavorate nell’ambito del teatro definibile di ricerca o di avanguardia, questo perché pensate che un teatro di forma più tradizionale sia superato o semplicemente non è nelle vostre corde?
T.B.: Più che forme pensiamo che ci siano linguaggi che sono superati, occupandoci di teatro di ricerca.
M.S.: Siamo più legati a un modo contemporaneo di creare.
T.B.: Ma non c’è un pregiudizio.
M.S.:Esistono entrambi i contesti, poi capita di vedere cose fatte male in tutt’e due i contesti, o cose valide che ci piacciono.

A.C.: Non pensate però che la cronica mancanza di fondi che affligge il mondo delle arti influenzi le scelte creative, per esempio dando più spazio a monologhi, spettacoli con poca o niente scenografia…
M.S.: Si, ma aldilà di quello si è modificato il gusto, non sempre la scenografia minimalista è questione di economia, è sempre più difficile vedere una scenografia realistica come si vedeva trent’anni fa. Lo spettatore non ci sta più, non crede che la costruzione di una struttura realistica sia necessaria.
T.B.: Nemmeno una recitazione naturalistica…
M.S.: Il teatro è finzione, dichiariamo il gioco, lo sveliamo, il pubblico è più smaliziato, è cambiato, siamo in un’epoca diversa, i pochi soldi delle piccole realtà hanno fatto sì che l’ingegno nel realizzare uno spettacolo si basasse su pochi mezzi, ma non è solo quello.
A.C.: Quindi un limite si trasforma in una risorsa.
M.S.: Un limite diventa una risorsa, ma anche chi le risorse le ha, come Ronconi o Latella, va in quella direzione, magari affrontando i testi classici, il teatro è cambiato molto negli ultimi venti, trent’anni.
A.C.: Mi sembra di capire che il pubblico del teatro apprezzi di più la finzione, mentre in altri linguaggi si cerca sempre più il realismo, vedi nel cinema dove il documentario è diventato l’ultima frontiera.
M.S.: Non è detto che il pubblico non apprezzi il realismo anche in teatro, accetta meno le finzioni, le convenzioni del teatro novecentesco. A me sembra che si sia un po’ stufato di vedere certi spettacoli, e che abbia voglia di vedere cose nuove, di stupirsi.
A.C.: La vostra recitazione è molto basata sull’uso del corpo.
T.B.: Quella non è stata una scelta premeditata, ma è stata più un’inclinazione, ci siamo accorti che ci veniva più spontaneo veicolare un messaggio attraverso lo strumento del corpo e anche dove usiamo la parola, che è un elemento importante, lasciamo che venga palesemente dal corpo, dal nostro corpo in scena. In questo senso è importante per noi anche il ricorso alla musica, che genera un movimento.

A.C.: Come molti già sapranno, Kronoteatro nasce realmente sui banchi del liceo, da un laboratorio fatto a scuola, e oggi continua a proporre attività nelle scuole e cercare in esse nuovi talenti.
T.B.: L’idea è quella di continuare quel percorso all’interno del liceo dove ci siamo conosciuti, sia nell’ottica di un laboratorio di formazione professionale permanente su Albenga, sia per dare anche a Kronoteatro attraverso le nuove leve nuovi stimoli e nuove visioni. Il lavoro coi non professionisti ci è molto caro perché è il nostro punto di partenza ma vuole essere anche un indirizzo artistico.
A.C.: Fate anche un servizio pubblico!
T.B.: Il servizio pubblico lo svolgiamo sicuramente all’interno del Liceo dove abbiamo allestito lo Spazio Bruno in collaborazione con la Preside, con la stagione del teatro per ragazzi, coi laboratori fatti al Centro giovani insieme allo YEPP Albenga.
M.S.: In “Cicatrici” abbiamo inserito due migranti del Gambia con cui avevamo iniziato a lavorare in un laboratorio sull’integrazione e l’alfabetizzazione organizzato insieme alla cooperativa Jobel. Abbiamo lavorato con sei o sette ragazzi e poi ne abbiamo scelti due.
A.C.: Dev’essere stato stimolante confrontarvi con persona di cultura diversa dalla nostra.
M.S.: Molto interessante, sicuramente molto stimolante, portare dentro al nostro lavoro una serie di emozioni che non avremmo trovato in giovani con storie diverse, è stato ed è uno scambio molto bello.

A.C.: C’è qualche altra compagnia con cui sentite particolare affinità?
T.B.: Non saprei dirne una, ci possono essere affinità di pensiero ma il percorso è differente.
M.S.: Ci sono tante compagnie che ci piacciono, però, non per peccare di presunzione, ma noi abbiamo un linguaggio particolare. Ci piacciono in tanti, c’è stima, ma siamo tutti diversi.
A.C.: Domanda banale ma inevitabile: partecipare alla Biennale di Venezia è un punto d’arrivo o un nuovo punto di partenza?
T. e M.: Noi ci auguriamo che sia un nuovo punto di partenza, una bella occasione, molto importante, che non diciamo che ci spaventa ma ci dà responsabilità, speriamo ci dia ulteriore autorevolezza anche in campo locale. È un occasione che non capita a tutti, è capitata a noi, ci auguriamo che sia l’inizio di un ulteriore cammino.
Ringraziamo Maurizio Sguotti e Tommaso Bianco di Kronoteatro per la disponibilità.

*Foto di NIcolò Puppo, Alex Nesti e Gabriele Lupo