Il Corsara si tinge… di giallo! “Magari ora arrivano i giorni felici”, di Laura Sergi (3)

Appuntamento in giallo del Corsara, con la terza e ultima parte del nuovo racconto in tre puntate di Laura Sergi, firma nota ai lettori di www.albengacorsara.it. La prima parte di “Magari ora arrivano i giorni felici” è stata pubblicata giovedì e si può leggere QUI; chi si è perso la seconda puntata può invece leggerla QUI.
La nostra stimata giornalista al suo attivo come scrittrice ha già tre libri, tra i quali un romanzo giallo: “Mi chiamo Tonino Bellotto – Correva un autunno negli anni ottanta…” (L. Editrice). Lo scorso anno, il suo racconto “Non sono mica una latteria, io…” è risultato secondo classificato al concorso ‘Il mio caro amico’ (Giovanelli Edizioni) e con il racconto “Qualcosa che parli di te” ha ricevuto la Menzione d’onore al concorso ‘Poeti e scrittori uniti in beneficenza’.

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“Magari ora arrivano i giorni felici” / 3

di Laura Sergi

Lui non mostra d’aver sentito. “Sai che avevamo una storia, noi due?”, replica.

“Sì, l’avevo capito”, si limita a dire lei. Si stava già alzando e si risiede, atterrita, mentre la mano scivola ad aprire lenta il cassetto del tavolo, coperto dalla tovaglia ancora stesa, per afferrare un coltello o un paio di forbici, qualsiasi cosa con cui si possa colpire un uomo. “Una sera volevo far ginnastica e ho preso le scale. L’ascensore era fermo al tuo piano. Al III piano ti ho sentito aprire la porta e mi sono bloccata: hai preso l’ascensore, la lucetta si è fermata al V piano, e ho capito…”.

Lui tace, lei finalmente ha fra le dita un lungo coltello con cui si fa coraggio. Silenzio. Stefano si alza, si versa ancora un po’ di spumante, si avvicina al frigo e prende una nuova lattina per lei.
“Faccio io? Ti è già andata bene due volte, stasera…”.
“Non c’è due senza tre”, si sforza di ridere lei, mentre abbandona il coltello sui pantaloni, sotto la maglia e armeggia con la linguetta della lattina.
“Quanto ridere anche quella volta che ti sei tagliata… – fa lui. – Sei migliorata, hai fatto progressi!”.

Sandra riempie il suo bicchiere, dovrebbe sorridere ma ciò che esce è una smorfia.
“Perché non hai detto alla polizia che sapevi chi era il suo uomo?”.
“Era una cosa seria?”, domanda lei invece. D’improvviso, non ha più paura. Ha deciso. Prima però vuole sapere. Dovrà solo aspettare che lui le dia le spalle perché tutto finisca. Correrà fuori, chiamerà il 113 e confesserà che non poteva tradirlo perché lo amava ancora, fino a quella sera.

“Sì…, no…, chi lo sa?”, dice lui evanescente, mentre osserva lei giocare con la linguetta della lattina.
“Ridevate di me?”, domanda lei ancora.
“No, lei ti voleva bene davvero. Le spiaceva un po’ che avessimo una storia, dopo che le avevi detto che ti eri innamorata di me…”, dice Stefano guardandola male.
“Ridevate di me, lo sapevo!”, esclama lei, furente.

Si alza di scatto, il coltello cade a terra, lei fa per chinarsi mentre lui le afferra i polsi. Un calcio ben dato e Stefano picchia contro il mobile e cade a terra, intontito. Sandra afferra il coltello e, nell’atto di pugnalarlo, riceve una spinta che la getta sul pavimento.
“Ferma, polizia!”, urlano due uomini, sbucati dallo stanzino, che la immobilizzano.
“Si è fatto male?” chiede uno dei due a Stefano -. Non le abbiamo creduto fino all’ultimo…”.
“Non poteva che riguardare lei, l’indizio di Maria: lei ama giocare con le linguette delle lattine, come fossero piccoli anelli…”, dice il ragazzo, libero finalmente di piangere.