Omofobia e caso De Paoli: dibattito in Consiglio regionale

Punti interrogativi


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Regione Liguria. La seduta del Consiglio regionale è stata dedicata oggi al dibattito relativo alle dichiarazioni rilasciate dal consigliere Giovanni De Paoli (Lega Nord Liguria-Salvini), il 10 febbraio scorso, ai rappresentanti di alcune associazioni del coordinamento Rainbow, a margine di una seduta di commissione dedicata al contrasto di sessismo, della violenza di genere, omofobia e bullismo. Come è noto, secondo alcuni testimoni De Paoli avrebbe pronunciato la frase “se avessi un figlio omosessuale lo getterei in una caldaia e lo brucerei”. Nella discussione sono intervenuti numerosi consiglieri regionali.

Andrea Melis (Mov5Stelle) ha dichiarato: «Un rappresentante di un’istituzione come il Consiglio regionale non deve permettersi di essere coinvolto in un fatto del genere. La frase discussa, senza entrare nel merito sulla presenza o meno dell’avverbio “non”, è comunque un insulto all’istituzione e rappresenta un passo indietro di due o tre secoli». Melis ha aggiunto: «Un segnale apprezzabile è chiedere scusa, qualunque sia la colpa, e questo non è avvenuto» e ha concluso invitando il consigliere «a far un passo indietro. Il fatto specifico di cui lei in qualche modo si è macchiato – ha concluso – contribuisce a impoverire fortemente il Consiglio regionale».

Presidente della Giunta Giovanni Toti: «Se oggi stiamo parlando del fatto che una frase, se fosse stata pronunciata, sarebbe grave, è un dibattito che può avere un senso, ma solo se fosse stata pronunciata». Tuttavia, ha aggiunto il presidente: «Il problema è che noi diciamo che non è stata pronunciata o, almeno il titolare di quella frase, dice che non è stata pronunciata e quindi a questo punto direi che è un dibattito generale astratto, anche se non mi sfuggono i contorni del significato politico di un dibattito fatto sulla tolleranza, sull’uguaglianza, quindi – ha aggiunto Toti – è bene farlo in ogni caso, sull’inclusione, su tutto quello che comporta il dibattito che il nostro paese ha visto nelle settimane scorse». Nel merito Toti ha spiegato: «De Paoli ha già chiarito di non aver pronunciato quella frase e ci sono altre persone che dicono di aver sentito quella frase. Allora è un dibattito che si deve interrompere, credo, per insufficienza di prove, nel senso che nessuno di noi ha chiaro cosa sia successo in quel corridoio fuori da un’aula e io credo ovviamente al consigliere De Paoli, che è un rappresentante delle Istituzioni oltre che una persona perbene, e posso pensare anche che in tutto questo non vi sia malizia alcuna da parte di nessuno, ma ci sia stato semplicemente un fraintendimento».

Toti ha invitato, quindi il Consiglio a ritenere le dichiarazioni di De Paoli sullo stesso piano di chi sostiene il contrario: «Io non credo che qui nessuno possa dire di sapere esattamente come siano andate le cose e quindi io tendo a credere a un rappresentante delle Istituzioni che ha detto che quella frase non l’ha pronunciata» e ha ricordato che il consigliere, subito dopo, ha chiesto scusa, se qualcuno aveva frainteso le sue parole. Il presidente ha ammesso che comunque la frase pronunciata da De Paoli «non è una frase lessicalmente felice, ma ha un significato molto diverso da quel “non”, perché da una parte è una frase di chiusura, di indisponibilità al confronto, mentre se quella frase contiene un “non”, pure infelice, è una frase comunque che presuppone un’apertura al confronto, una capacità e una volontà di capire l’altro pur da saldi valori che tutti conosciamo che De Paoli ha e non li ha mai nascosti».

Più in generale il presidente ha assicurato: «Questa maggioranza – ha aggiunto – non si riconosce in un’assenza di confronto sui diritti civili e su tutto quello su cui ci si può confrontare in politica». Toti ha concluso: «Anche da una brutta vicenda possiamo prendere esempio tutti per ristabilire in quest’aula il clima di una civiltà del confronto che evidentemente in taluni momenti, nei mesi scorsi, si è perso».

Una volta ascoltati tutti gli interventi il presidente ha preso nuovamente la parola ribadendo la sua posizione e rammaricandosi che nelle dichiarazioni dei consiglieri di minoranza nessuno abbia pensato che De Paoli dicesse la verità: «Temo che ci sia del pregiudizio nell’orecchio di chi ascolta». E ha concluso: «Qualcuno ha auspicato che il dibattito prosegua in un’aula giudiziaria io penso, invece, che la politica debba avere la sua autonomia. L’episodio è, quindi, chiuso dal punto di vista politico».

Giovanni De Paoli (Lega nord Liguria-Salvini) ha chiarito che già nel comunicato iniziale, fatto dopo i fatti contestati, aveva comunque chiesto scusa se qualcuno si era sentito colpito per una frase, che peraltro non  aveva detto, fraintesa.  Non deve, quindi, a suo avviso, chiedere scusa ogni volta che qualcuno glielo chiede. «Non credevo certo – ha aggiunto – che tanta attenzione mi fosse dedicata da questo Consiglio Regionale per una risposta ad una precisa domanda, in un corridoio della Regione, strettamente personale, e comunque una frase di negazione», ha puntualizzato innanzitutto il consigliere, spiegando che «tutto ciò mi provoca una profonda amarezza e mi impegna certo ad una maggiore accortezza per il futuro, nell’uso del mio linguaggio e nei rapporti personali che dovrò mantenere in questo Consiglio regionale per assolvere al mandato conferitomi dagli elettori».

De Paoli ha aggiunto: «Non è giusto attribuirmi un pensiero che non fa parte della mia cultura e delle mie origini stravolgendo una battuta, con finalità strumentali, per denigrare la mia persona e creare davanti all’opinione pubblica  una situazione volutamente equivoca». De Paoli ha poi auspicato che tanta attenzione  vada presto anche verso i  veri e gravi problemi della Liguria. Ritornando a se stesso, ha posto l’accento sul suo “pedigree” trasparente, «pulito e senza macchia». «Il mio impegno nei prossimi anni di consigliere regionale  – ha assicurato – sarà sempre sostenuto da tali principi di condotta e dirittura morale, caratterizzata da un’assidua e diligente presenza  nell’istituzione di cui faccio parte, per dare sempre maggiore  dignità al ruolo di consigliere della Liguria e della mia persona, nel rispetto dei diritti di tutti i cittadini, nessuno escluso». Ha quindi concluso: «Gli elettori certamente  mi dovranno perdonare se non ho la scaltrezza e la raffinatezza di certi miei colleghi nei miei pronunciamenti, sono una persona semplice, espressione della gente comune che a volte può anche essere fraintesa  nelle proprie espressioni, ma che non ha mai abusato  nel suo vissuto, della politica» 

Gianni Pastorino (Rete a sinistra) ha esordito: «Nessuno può essere considerato colpevole ma ci sono garanzie che chi svolge una funzione pubblica deve tutelare». Secondo il consigliere la farse pronunciata da De Paoli «resta assurda, anche se fosse stata detta con l’accezione negativa. Le associazioni che quel giorno erano state audite in Commissione non si meritavano alcune battute che sono state fatte dal consigliere durante la seduta e su cui era intervenuto anche il presidente della commissione Matteo Rosso». Pastorino ha aggiunto che avrebbe voluto da parte di Toti l’apertura ad in confronto con le associazioni e ha definito «formali» e «nemmeno spontanee» le repliche di de Paoli.

Francesco Battistini (Movimento 5 stelle) ha detto che  il comunicato di De Paoli, uscito alcune ore dopo la frase al centro delle polemica, ha il sapore di «una difesa di fantozziana memoria». Ha aggiunto che comunque,  indipendentemente dalla presenza o meno di quel non, alcune persone sono rimaste scioccate da quanto pronunciato dal consigliere leghista. Ha quindi ribadito che proprio sulla scia di quanto avvenuto ha ritenuto opportuno non andare ad Auschwitz, al viaggio programmato con un gruppo di studenti  liguri per la visita-pellegrinaggio ai campi di sterminio, ricordando che molti omosessuali sono stati bruciati in quei forni. «Non ho ritenuto opportuno andare – ha spiegato – senza la ferma condanna di certe frasi e certe posizioni».   

Luca Garibaldi (Pd) : «Mi sarei aspettato un altro tipo di intervento dopo fatti di così grande gravità per l’immagine del Consiglio regionale». Secondo Garibaldi De Paoli e tutta l’Assemblea «avrebbero dovuto condannare le affermazioni riconducibili all’omofobia soprattutto nei confronti delle persone che si sono sentite offese da queste dichiarazioni. Occorreva una dichiarazione – ha concluso – senza se e senza perché parliamo di fatti che sono andati sulle pagine di tutti i giornali nazionali». Secondo il consigliere occorre fare piena luce su quanto accaduto.

Sergio Rossetti (Pd) ha spiegato che la presenza o meno di quel “non” nelle dichiarazioni attribuite a De Paoli non sposata la questione. «Accostare l’omosessualità con la stufa è comunque oggigiorno un atto di violenza verbale. –  ha detto –  Noi qui rappresentiamo tutti i liguri e quel giorno è accaduto qualcosa che ha ferito, tanto che una persona ha avuto un lieve malore. Quanto è stato detto ha, comunque, offeso persone si son sentite profondamente ferite nell’animo e pertanto io chiedo scusa a nome dell’Assemblea». Ha concluso: «Vorrei non ci siano più in bocca di un consigliere parole che offendano una comunità». 

Alice Salvatore (Movimento 5 Stelle) ha definito grave il fatto che sia accostata nelle dichiarazioni del consigliere De Paoli la parola stufa al tema dell’omosessualità. Ha detto che Toti avrebbe il dovere di riportare il senso di giustizia, dopo quanto accaduto ed invece « è grave che soltanto Rossetti abbia proposto di chiedere scusa». Salvatore ha lanciato pesanti accuse al presidente Toti dichiarando che non è degno di sedere in Consiglio regionale.

Alessandro Piana (Lega Nord Liguria-Salvini) ha detto di aver chiesto a De Paoli se ha detto o meno quella frase e lui gli ha chiarito di aver  pronunciato una frase di negazione, con quel non, come lo stesso consigliere ha ribadito in aula. Piana ha quindi criticato il fatto che nessuno dei consiglieri di minoranza ha chiesto a De Paoli, direttamente, come siano andate le cose. Ha aggiunto che comunque nell’attuale contesto politico e storico, simili accostamenti, seppur in forma negativa, non si fanno: «Le scuse – ha concluso – sono state fatte per aver usato una frase infelice».

Giovanni Lunardon (Pd) Ha definito quanto detto da De Paoli  di «una gravità inaudita». Ha ribadito che cinque rappresentanti delle associazioni invitate in commissione sostengono di aver udito la frase sotto accusa ed è stato presentato una denuncia-esposto alla procura. Ha quindi chiesto la presidente Toti di far luce sulla vicenda e di trarre le dovute conseguenze, ancor prima che lo faccia la magistratura. Ha quindi messo sotto accusa anche le dichiarazioni rilasciate ad un noto quotidiano da De Paoli, subito dopo l’episodio oggetto della polemica: «Frasi omofobe che non fanno onore a questa assemblea», ha detto. Ha quindi invitato il presidente dell’Assemblea legislativa, Francesco Bruzzone ad assumere tutti gli atti coerenti e conseguenti, sulla base di statuto e regolamento, per censurare certi comportamenti e affinché certe parole vegano bandite per sempre dall’Assemblea.    

Lilli Lauro (Lista Giovanni Toti Liguria) ha sottolineato gli impegni assunti dall’assessore Viale nella lotta contro il bullismo e le discriminazioni e ha rilevato che De Paoli ha chiesto scusa. Lauro, unica rappresentante del Consiglio regionale alla delegazione di studenti che due settimane fa si è recata ai campi di sterminio di Auschwitz e Birkenau, ha ribattuto energicamente al consigliere Battistini che in aula aveva associato al caso De Paoli la sua scelta di rinunciare alla missione: «Forse il collega non sa che, così facendo, a messo a rischio il viaggio dei ventisei studenti che avevano vinto il concorso regionale e che, secondo quanto prevede la legge, non sarebbero potuti partire senza la rappresentanza dell’Assemblea» rilevando che Battistini con le sue affermazioni avrebbe offeso la comunità ebraica.

Angelo Vaccarezza (FI) ha criticato la violenza di alcuni interventi dei consiglieri di minoranza: «Questo dibattito è stata un’occasione persa e potevate fare di meglio che costruire una situazione solo per fare polemica» e ha lanciato un appello affinché si avvii un dibattito approfondito sul rispetto dei diritti civili nel rispetto delle differenti posizioni.

Giovanni Barbagallo (PD) ha manifestato delusione perché dal dibattito non è emerso un documento comune sui temi dei diritti civili e sul rispetto delle diversità: «Questo Consiglio – ha spiegato – sta prendendo una deriva sbagliata perché nelle ultime sedute parliamo di religioni, di musulmani e altro invece di parlare dei problemi della Liguria. Invece dello scontro, dobbiamo cercare un minimo comune denominatore su cui andare avanti».

Gabriele Pisani (Mov5Stelle) ha ribadito l’importanza del rispetto della diversità «che va vista non in chiave negativa, cioè come minaccia della propria identità, ma come una risorsa».

Matteo Rosso  (Fdi) ha ricordato di essere il presidente della commissione sanità dove, a margine di una sua seduta, è avvenuto l’episodio al centro della polemica. Rosso ha spiegato che le audizioni di quella mattina, che includevano l’associazione dei genitori di ragazzi omosessuali, erano state richiesti da Pastorino, Melis e Paita. Ma a quell’audizione parteciparono pochi componenti della minoranza – ha ricordato – Melis, secondo quanto detto da Rosso,  era  assente, mentre Paita è andata via alle 12, anche se la commissione era iniziata alle 10,15.  «Ho cercato, come sempre, di condurre al meglio quella seduta e mi dispiaceva che alla fine fossimo rimasti davvero in pochi ad ascoltare gli auditi» ha aggiunto Rosso che ha criticato la minoranza anche per non aver chiesto direttamente a De Paoli che cosa fosse accaduto. «Non si può attaccare sul piano personale una persona senza neppure sentire  le sue spiegazioni. – ha concluso – Ritengo che i rapporti personali siano molto importanti e non bisogna strumentalizzare le situazioni ed i fatti». 

Il presidente del Consiglio regionale Francesco Bruzzone ha risposto alle richieste del consigliere Lunardon: «Ho ritenuto opportuno coinvolgere l’Ufficio di presidenza del Consiglio regionale, che secondo me è la vera rappresentanza di tutta l’aula. Il Presidente del Consiglio è la sintesi dell’Ufficio di Presidenza, che è la sintesi di tutta l’aula, quindi il percorso che si è tenuto e anche i tempi inerenti all’ascolto della rappresentante dell’associazione, sono stati scelti dall’Ufficio di Presidenza, che ha individuato come percorso quello di audire gli Uffici di Presidenza delle Commissioni, i Capigruppo e poi la rappresentante dell’associazione». Il presidente ha poi ricordato di avere stigmatizzato e censurato le dichiarazioni del consigliere De Paoli nelle comunicazioni presentate nella precedente seduta.