San Calocero: una storia di oltre 18 secoli alle radici di Albenga

Albenga. Martedì 13, presso il Seminario vescovile, a partire dalle San Calocero Scavi 01ore 10, 30 e, con ripresa al pomeriggio alle 14, 30, sarà organizzata una grande giornata di studi, in cui verranno illustrati, anche con proiezioni e filmati, i primi dati disponibili dello scavo; si terminerà alle ore 17, 15 con una visita guidata al sito.

Sta continuando con grandi soddisfazioni la campagna di scavo 2015 a San Calocero, che coinvolge il Pontificio Istituto di Archeologia Cristiana di Roma, l’Université di Aix-Marseille e il Politecnico di Milano in un ambizioso progetto di ricerca che non si arresta alla sola indagine del sito, ma cerca di dare risposte sulle dinamiche del popolamento e di occupazione del suolo in un momento cruciale come quello del passaggio dalla città classica al Tardo-Antico, quando Albenga ebbe un ruolo di vera e propria città capitale dei liguri. Il progetto è reso possibile dal finanziamento della Fondazione Lamboglia di Roma, ma anche della Fondazione De Mari di Savona e trova il sostegno della Diocesi di Albenga, della Conad di Vadino, del campeggio Isola e di palazzo Oddo, nonchè l’interessamento del Comune.

Philippe Pergola, decano del Pontificio Istituto di Archeologia Cristiana, Directeur de Recherche nell’Université di Aix-Marseille e responsabile della concessione di scavo non nasconde la propria soddisfazione: “Quest’anno festeggiamo ben trenta anni di ricerche della mia équipe sul sito. Tanto infatti è passato dal 1985, quando iniziammo i lavori con il Pontificio e l’Ecole Française de Rome con un programma di collaborazione internazionale con la soprintendenza guidata da Anna Zevi e, ad Albenga, rappresentata da Giuseppina Spadea. I lavori purtroppo si interruppero nel 1991, ma dal 2014, con il coordinamento sul campo di Stefano Roascio e con un rinnovato interesse da parte della Soprintendenza, abbiamo ricominciato lo scavo per comprendere le fasi più antiche dell’installazione della basilica martiriale dedicata al Santo ucciso ad Albenga presumibilmente all’inizio del IV secolo e la natura dell’insediamento che precede la chiesa sul Monte. Fino ad ora, infatti, non avevamo dati inoppugnabili per potere dire con sicurezza se la tomba del martire Calocero si sia situata in un’area di necropoli antica, oppure se questa parte del pendio, del resto molto vicina all’anfiteatro, potesse avere altre forme di occupazione. La campagna di quest’anno sta dimostrando come l’area prima dell’insediamento della venerata tomba di Calocero avesse già un uso funerario. Poco distante dalla facciata della chiesa abbiamo infatti rinvenuto un piccolo monumento sepolcrale che al suo interno, con tutta probabilità, ospita sepolture ad incinerazione”. Aggiungono Stefano Roascio, responsabile dello scavo, ed Elena Dellù, archeoantropologa: “Lo studio della struttura appena scavata non è ancora terminato, ma in via preliminare possiamo affermare che si tratta di una tomba ad incinerazione di periodo imperiale, che ha visto un primo momento di crollo degli apparati murari e una rifrequentazione dell’area, con accensione di focolari all’interno, prima del definitivo abbandono e del totale crollo della struttura. Pertanto, come dato del tutto preliminare, pare di potere affermare che la deposizione del santo sia avvenuta sì in una area necropolare già in uso in epoca imperiale romana, ma probabilmente in parziale abbandono nel corso del Tardo-Antico, uno spazio sacro ma defilato e ai margini della città, evidentemente ormai poco frequentato, dove poteva trovare una idonea collocazione il corpo di un militare appena decapitato perchè non aveva voluto abiurare la fede cristiana”.

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Continua Philippe Pergola: “lo scavo di quest’anno sta dando dati significativi sulla destinazione d’uso di tutto il Monte tra epoca classica e tardo-antico e, se ancora ce ne fosse bisogno, mette anche in luce la grande forza attrattiva che esercitarono la tomba del martire e successivamente le sue reliquie: abbiamo infatti messo in luce una serie di tombe in fase con la basilica di VI secolo che si dispongono di fronte alla facciata, mentre ne avevamo già rinvenuto molte altre negli scavi degli anni ottanta, localizzate nei pressi dell’abside e nel cosiddetto criptoportico. Si tratta delle note sepolture ad sanctos, cioè di un contesto funerario privilegiato ed estremamente ricercato, proprio perchè posizionato nei pressi della deposizione di un corpo santo. Più in generale gli scavi di quest’anno stanno mettendo in evidenza il delicato passaggio tra sepolture ad incinerazione ed inumazione, propria ma non esclusiva dei Cristiani, fornendo un quadro interpretativo molto articolato sulle tipologie funerarie dall’epoca classica fino al post medioevo”.

Aggiungono infine Roascio e Dellù: “dopo la sepoltura prona dello scorso anno, passata agli albori della cronaca come la “strega bambina”, anche in questa occasione lo scavo ci ha rivelato una ulteriore sepoltura anomala: si tratta di un individuo – forse una donna – con evidenti tracce di bruciature sul bacino e sul torace, che sono arrivate ad intaccare lo stesso apparato scheletrico. Lo studio a riguardo di questa deposizione è ancora agli inizi, comunque sembra che – oltre al particolare trattamento connesso con il fuoco – il corpo sia stato coperto da una grossissima quantità di pesante pietrame, come a volere sigillare definitivamente l’inumazione. Dai dati fino ad ora a disposizione, ci pare che l’inumazione possa ascriversi ad epoca moderna, come quella dello scorso anno, datata al XV secolo circa, ma anche in questo caso – oltre allo studio attento della stratigrafia e dei reperti ceramici datanti, che va ancora fatto – si procederà ad una analisi al Carbonio 14″.