Tanti applausi per ‘Bianco o Nero’ al 49° Festival di Verezzi. Ora attesa per ‘Figli di un Dio minore’

di Laura Sergi – Anche qualche sorriso nella pièce drammatica di Bianco o Nero fotostudio AzaisCormac McCarthy, ieri sera, 30 luglio, in prima nazionale assoluta al 49° Festival di Borgio Verezzi: ‘Bianco o Nero – The Sunset Limited’, nella traduzione di Gabriela Eleonori anche regista, ha offerto un’ora e mezza di dialogo ininterrotto sull’esistenza o meno di Dio. Due vite a confronto serrato: Saverio Marconi nei panni del professore universitario, il Bianco, e Rufin Doh Zéyénovin nel ruolo dell’ex carcerato di colore, che lo ha appena salvato da un tentativo di suicidio sotto un treno (© fotostudio Azais).


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Il titolo originale dell’opera, che nasce proprio per il teatro, è unicamente ‘The Sunset Limited’ (dal nome del treno passeggeri che attraversa gli Stati Uniti, così chiamato familiarmente dagli utenti), ma il tentativo di rendere la serata meno criptica, aggiungendo quel ‘Bianco o Nero’ esplicativo, non ha prodotto i risultati sperati, visto che si è registrata, da parte del pubblico, qualche defezione. E questo è stato un gran peccato. Successe anche nell’estate del 2007 : ‘L’osso d’oca (gli ultimi giorni di Puccini a Bruxelles)’, di Giuseppe Manfridi, fu splendido e commovente, ma non poté vantare il tutto esaurito e ne attribuimmo appunto la colpa a quelle poche parole enigmatiche, che nulla avevano di suggestivo.

Qualche sorriso, dicevamo, nell’evento di ieri sera, grazie al Nero: ad esempio, quando di fronte alle affermazioni così negative del Bianco finge di capitolare, e si mette alla ricerca di un orario ferroviario, per il primo treno utile che passi in stazione; oppure quando persista a chiamarsi ‘negro’, cosa che non può non stuzzicare l’animo di un docente universitario; o ancora quando mima il dialogo fra due ubriaconi, qualche sera prima in casa sua, e come sia riuscito a farsi dire, il più savio, dove l’altra avesse nascosto la bottiglia di whisky…

Ma sono attimi. Il resto è una serata densa sui temi cruciali della vita, e di una esistenza degna di essere chiamata tale. Credere o non credere in Dio? I tentativi di far proselitismo del Nero a nulla possono contro la cruda visione della vita dell’altro, che finirà col vincere il confronto, lasciando l’uomo di colore alle prese con la sua domanda al Cielo: perché le parole giuste a lui e non a me, se però stamani mi hai permesso di salvarlo dal suo progetto suicida?

Una bella serata con ripetuti applausi. Ci permettiamo due suggerimenti: sulla musica ad alto volume del finale, che induce a un po’ di confusione, e sulle stoviglie fiammanti (tazzine e pentole) che stonano con le pertinenti scene di Gabriele Moreschi.
Ma l’attenzione ormai è già al prossimo evento.

‘Figli di un Dio minore’ di Mark Medoff, con Giorgio Lupano e Rita Mazza, sarà la pièce che inaugurerà a Verezzi il mese di agosto, in prima nazionale domenica 2 e lunedì 3 (inizio alle 21.30). Sotto la regia di Marco Mattolini, sul palco ci saranno anche: Cristina Fondi, Francesco Magali, Gianluca Teneggi e Deborah Donadio; scene e costumi di Andrea Stanisci, musiche di Daniele D’Angelo, traduzione di Lorenzo Gioielli.

L’unica rappresentazione nel nostro Paese avvenne nel 1980, con la versione in lingua inglese (messa già in scena negli Stati Uniti nello stesso anno), al Festival dei Due Mondi di Spoleto. Questo testo, che vede la luce nel 1978, ormai ha acquisito la forza di un classico contemporaneo, perché va oltre il tema trattato della distanza fra i due mondi (udenti e non udenti), e diventa il simbolo delle mille solitudini che scaturiscono dalle differenze sociali e culturali. Ne sa qualcosa Mazza, brava attrice, non udente, che per lavorare ha dovuto emigrare a Berlino.