“Alla finestra” inaugura la Stagione Off di Finale Ligure

Prenderà il via domenica 25 gennaio la Stagione Off di Finale Ligure, che ha Alla finestrain cartellone presso la Sala delle Udienze dell’ex Palazzo del Tribunale a Finalborgo tre spettacoli prodotti dall’associazione Baba Jaga.
Domenica, in occasione del Giorno della Memoria, andrà in scena “Alla finestra”, testo scritto e diretto da Maria Grazia Pavanello e interpretato da Lara Giurdanella, Chiara Tessiore e Roberta Firpo. Le scene e i costumi sono di Sara Pelazza (inizio spettacolo ore 21).


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Dicono all’associazione Baba Jaga: “Alla finestra” nasce dalla lettura di una serie di interviste fatte nel 1993 da alcuni ragazzi ai loro nonni, zii e vicini di casa su come si vivesse in Italia prima e durante la seconda guerra mondiale. Ciò che ne è scaturito è l’immagine di una popolazione disorientata, quasi assente, non consapevole. A frasi come “Non sapevo..”, “Non ne conoscevo di ebrei…”, “Da noi in campagna queste cose non c’erano…”, ne seguivano altre che le contraddicevano: “Sì, forse avevo letto qualcosa…”, “Un mio compagno di classe forse era ebreo, ma non so…”, “Lo hanno ucciso nella piazza… ma solo lui… era una testa calda..”. Inadeguatezza, silenzi, sogni infranti, vite sospese. “Alla finestra” racchiude i ricordi, i colori, i sogni di quegli italiani esausti, impotenti, che si misero ad aspettare che tutto finisse, che arrivasse finalmente la pace”.

Lo spettacolo sarà replicato lunedì 26 gennaio per gli studenti dell’Istituto comprensivo Aycardi –Ghiglieri di Finale Ligure.
La rassegna proseguirà con altre due produzioni targate Baba Jaga: “Dove vanno a dormire i Gabbiani” (28 marzo) e “Diario di Adamo ed Eva”, tratto dall’omonimo racconto di Mark Twain (30 e 31 maggio). Per informazioni e prenotazioni telefonare al 327.47.43.920.

Alla finestra – Note di regia di Maria Grazia Pavanello: «Ci sono luoghi in cui ancora oggi si respira la tragedia della seconda guerra mondiale, luoghi in cui le guerre e gli stermini di massa sono all’ordine del giorno. Tutti sappiamo che ricordare serve a non ripetere, ma nonostante questo anche nella nostra società continuano ad esserci segni evidenti di razzismo ed esclusione. Chi ha vissuto le atrocità dei campi di sterminio porta inciso sul braccio e nel cuore ciò che ha vissuto e sofferto, ma c’è una parte della popolazione, che ha vissuto la guerra e le sue atrocità senza esserne né la vittima né il carnefice. Sospesi in un limbo di impotenza e incredulità, gli “affacciati alla finestra” attendevano che tutto finisse, concentrati nel trovare il modo per andare avanti salvando la pelle, senza essere troppo coinvolti, senza voler sapere o sentire perché questo avrebbe richiesto una presa di posizione, perché per prendere una posizione occorre avere degli ideali. Secondo Renzo De Felice “l’attendismo” fu la reazione più diffusa degli italiani nel periodo della guerra, dando così luogo alla formazione di una ampia “zona grigia”.

Ancora oggi, in molti non possono accettare la realtà di ciò che è accaduto, forse perché più grande di loro, forse perché anche questa è una difesa indispensabile alle mostruosità commesse da uomini uguali a noi. Forse ha prevalso il bisogno di non riconoscersi nei carnefici, facendo finta di non vedere, a quello di riconoscersi nei perseguitati e dover così prendere una posizione.

La sofferenza più grande per chi è tornato dai campi di sterminio è stata spesso l’indifferenza con cui sono stati accolti a casa, il bisogno di cancellare ciò che avevano vissuto si è trasformato nel non parlare, non far sapere, nascondere sotto la manica della camicia il numero dell’orrore. È da tutta questa sofferenza che è nata l’Italia di oggi, le generazioni successive alla grande guerra hanno per cui vissuto la contraddizione di chi ha raccontato, continuando a lottare e di chi ha taciuto continuando a non voler sapere ne ricordare.

Lo spettacolo vuole rendere protagonisti gli “affacciati alla finestra”, dare loro la voce che allora non hanno avuto, rendendo più evidente la loro frustrazione nascosta dietro ad un’apparente impotenza. Scegliere, decidere, essere protagonisti della propria vita, avere degli ideali in cui credere è importante oggi come allora».