Sanremo, serata di emozioni al Premio Tenco

bejarano

di Alfredo SgarlatoSanremo. Dopo una prima giornata dedicata a chi si oppose ai regimi comunisti, il Club Tenco viaggia tra le resistenze ai regimi occidentali. Si comincia con la proiezione del film “Indebito” di Vinicio Capossela e Andrea Segre (di cui consigliamo i bellissimi “Io sono Li” e “La prima neve”), storia del rebetico, musica popolare greca che oggi gode di nuova fama. Sempre alla musica greca è dedicata l’interessantissima conferenza di Franco Fabbri, musicologo tra i più colti in Italia nonché chitarrista degli Stormy Six, che spiega le peculiarità del rebetico, il ritmo in 9/8, l’uso di modi di origine orientale diversi dalle tonalità europee, l’usanza per cui i cantanti interpretano personaggi femminili e le cantanti ruoli maschili, il rapporto con la società e il potere.

Secondo incontro del pomeriggio con l’estroso Giuseppe Gennari, che celebra in maniera situazionista il grande Leo Ferrè, alla presenza della moglie Maria Cristina, infine Esther Béjarano, musicista sopravvissuta ad Auschwitz. Nata nel dicembre 1924 in una famiglia di musicisti, Esther, cantante e pianista, spacciandosi per fisarmonicista riuscì a sopravvivere all’inferno. Poi scelse di vivere in Israele, ma anche là era malvista per le sue idee, finché col marito decisero di tornare in Europa, in contrasto con le politiche di aggressione verso i palestinesi del governo israeliano.

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oldenDal casinò si corre alla Pigna, dove assistiamo a un recital dedicato ai grandi poeti spagnoli. Sergio Secondiano Sacchi racconta le vite e le morti, chi fucilato, chi in carcere, chi in esilio, di Garcia Lorca, Machado, Miguel Hernández, Rafael Alberti. Olden, alias Davide Sellari, cantautore perugino, canta le loro poesie tradotte da Sacchi e messe in musica di Leonard Cohen, Sergio Endrigo, Juan Manuel Serrat e altri grandi, accompagnato da Guido Baldoni alla fisarmonica. Li raggiunge anche Alessio Lega, che ha messo in musica una poesia di Hernández. Un coinvolgente momento di poesia e di storia, contro la vulgata che vuole il franchismo come dittatura all’acqua di rose, quando invece ebbe il suo carico di povertà, ignoranza e omicidi.

La serata riprende i temi del pomeriggio. Si comincia con i Têtes de Bois, che hanno fatto dell’amore per Leo Ferrè la loro stella polare. Alcuni suoi classici e un testo inedito musicato dalla band, che ha appena pubblicato un nuovo omaggio discografico al grande chansonnier. Toccante la dedica a Enzo Baldoni, reporter ucciso in guerra. I Têtes de Bois cantano anche una canzone del portoghese Sergio Godinho (Premio Tenco 1995) “Lisbona quando albeggia“, che introduce il secondo set, dedicato ai grandi cantautori portoghesi: oltre a Godinho, Fausto, Josè Afonso, Josè Mario Branco. Le canzoni sono eseguite, con arrangiamenti sofisticati della band residente, da Claudia Crabuzza, cantante e scrittrice di Alghero, voce argentina e bel piglio, Diodato, una voce davvero straordinaria, la risposta italiana a Antony, Chiara Civello, brava cantante jazz molto a suo agio con le atmosfere melanconiche lusitane e ancora Alessio Lega. Devo confessare che le melodie e armonie portoghesi sono nelle mie corde più di quelle dell’Est europeo sentite la sera precedente. Spunta sul palco Josè Mario Branco in persona a duettare con Lega e quindi a cantare alcune sue canzoni: è un grande momento di musica. Branco, ispirato dall’inquietudine di Pessoa e di Sophia De Mello Breyner, ha combattuto il fascismo e oggi il neoliberismo, è uno dei vincitori del Premio Tenco 2014. Giovedì sera era stato premiato come operatore culturale Gianni Minà, applauditissimo, una vita al servizio del giornalismo.

La seconda parte della serata vede sul palco Esther Béjarano, accompagnata dal figlio Yoran al basso e dal Maestro Gianni Coscia alla fisarmonica (gli ingauni avranno sempre nel cuore la sua indimenticabile e interminabile jam session in Piazza San Michele…). Si poteva pensare che la quasi novantenne Esther cantasse con un filo di voce, invece è in formissima, voce squillante, piglio battagliero e grande interpretazione. Canta canzoni della resistenza ebraica, che è esistita, checché ne dica la vulgata. Ben due standing ovations per lei, non ricordo altrettanto entusiasmo provocato da un’interprete.

Conclude Vinicio Capossela in versione rebetica. Suona il baglamas, piccolo mandolino greco, porta la giacca come i “mangas”, ovvero i guappi che cantavano il rebetico, con una sola manica infilata, pare per usare meglio il coltello (“mangas” significa appunto manica), dal proprio repertorio sceglie solo “Scivola vai via”, riarrangiata alla maniera greca. Lascia grande spazio al suonatore di bouzouki Manolis Pappos, stravolge “Quello che non ho” di De Andrè portandola in 9/8, omaggia Vysotskij, e nel bis, al piano, con “Suona Rosamunda”, le vittime dei lager sullo sfondo, i ritratti di Modigliani. Le collaborazioni, vedi anche la Banda della Posta, hanno riportato Capossela, che del Tenco ormai è il veterano, alla forma migliore. Gran bella serata di musiche, ritmi, poesie, emozioni e resistenze al piattume imperante. Stasera gran finale coi Premi John Trudell, nativo americano, e Maria Farantouri, greca , e altri ottimi interpreti.

*Foto di Andrea Pino