“Più libero di prima”: attesa per la sentenza su Tommi ed Ely da Nuova Delhi; prosegue la raccolta fondi per il film che racconta la loro storia

di Fabrizio Pinna – Albenga. Mentre prosegue la raccolta fondi per 20140826004535-tomasoultimare le riprese di “Più libero di prima” (vedi ** SCHEDA), ore di attesa a Nuova Delhi. L’ennesimo rinvio è arrivato il martedì della scorsa settimana ma forse domani (16 settembre), salvo nuovi imprevisti, finalmente per Tommi – Tomaso Bruno – e la sua amica torinese Elisabetta Boncompagni potrebbe essere davvero il giorno in cui la Corte Suprema di Nuova Delhi pronuncerà la sentenza definitiva.

Dai genitori di Tomaso e Elisabetta speranza e disincantato ottimismo. Come quello espresso stasera – quasi un lungo mantra di buon augurio – da Adriano Sforzi, amico di Tommi e regista del film, nella sua pagina Facebook: «Nuvole. Ancora Nuvole. Quelle del cielo di Varanasi erano scure. Piove all’improvviso un metro d’acqua e tutto si ferma: traffico, mucche, aquiloni ed anche quell’odore terribile che c’è ovunque. Dieci minuti, fermi a testa in sù, e poi tutto riparte, come prima, forse. Sotto quel cielo ho salutato Tommy, un abbraccio più forte di tutti quelli di prima, perché c’erano le braccia di tutti quelli che lo aspettano a casa. Un abbraccio silenzioso, pieno di speranza, perché deve essere l’ultimo abbraccio in quel maledetto carcere. Adesso sono sotto le nuvole di New Delhi, che sono diverse, sono nuvole di città, bianche, quasi dipinte. Sono le nuvole sopra la Corte Suprema, dove domani, insieme all’Ambasciatore, aspetteremo e tremeremo, un po’ arrabbiati devo ammetterlo, perché siamo solo al numero 12… Ma forse ho promesso a Tommy che non mi arrabbierò, mi ha guardato negli occhi e, in silenzio, ci siamo detti che affronteremo qualsiasi cosa. Qualsiasi. Perché può succede tutto, ma noi lo sappiamo: siamo nel giusto. Spero di farcela. Forza Tommy».

Nel caso di una definitiva assoluzione, nel quale tutti sperano per onore di giustizia umana, sarà la libertà ma nel peggiore dei casi, quello della conferma della pena, da domani si potrà comunque fare leva per un rimpatrio di Tomaso Bruno e Elisabetta Boncompagni che – in base a un accordo siglato nel 2012 tra Italia e India sul trasferimento delle persone condannate (Legge n. 183/12 del 26 ottobre 2012, GU n. 253 del 29 ottobre 2012) – potranno comunque scontare la pena in Italia.
Una lunghissima attesa durata per i due giovani, i famigliari e i loro amici oltre milleseicento giorni, tanto quanto dura la detenzione di Tommi ed Ely nel carcere di Varanasi dove sono rinchiusi per l’accusa di un inverosimile omicidio, sancita nei precedenti giudizi dei tribunali indiani al termine di un iter frettoloso e farraginoso basato su “prove indiziarie” o, peggio, supposte “reali” che è difficile definire giuridicamente tali persino in senso molto lato.

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La drammatica storia dei due ragazzi, ricordiamolo ancora una volta, è iniziata proprio a Varanasi il 4 febbraio 2010, quando si trovavano in India per un viaggio che avevano sognato da tempo. Quella sera, Tomaso ed Elisabetta trovano Francesco Montis, fidanzato di Elisabetta, agonizzante. Morirà poco dopo il trasferimento in ospedale e due giorni dopo i due saranno arrestati con l’accusa di omicidio intenzionale, di stampo passionale: un reato fin troppo comune in India e forse anche questo ha contato non poco nel giudizio. Le sentenze di primo e secondo grado, che li condannano all’ergastolo, infatti riportano come il movente degli accusati non sia dimostrabile per insufficienza di prove, ma come si possa tuttavia ipotizzare una relazione intima illecita tra Tomaso ed Elisabetta. Tanto è bastato.
L’esame dell’accusa si è basato su un’autopsia condotta da un medico oculista; il corpo di Francesco è stato subito cremato perché nell’ospedale dove era conservato era alla mercé dei topi e questo non ha reso possibile una seconda perizia; le testimonianze dell’accusa non risultano attendibili o significative. Tuttavia i due ragazzi da allora sono detenuti in condizioni difficili, senza l’uso del telefono o di internet, senza aver mai ottenuto alcun rimpatrio o la libertà su cauzione: il loro unico contatto con l’esterno è la possibilità di scrivere e ricevere lettere (e pacchi, tra cui le “Gazzette dello Sport” che Tomaso ama leggere per seguire la sua squadra del cuore, l’Inter). Ma domani forse la giustizia farà finalmente il suo giusto corso.

** SCHEDA – “Più libero di prima” – co-produzione piemontese ed emiliano-romagnola di Ouvert e Articolture – non è un film di inchiesta o di denuncia, ma il racconto della crescita forzata di un giovane ragazzo occidentale rinchiuso in un carcere indiano: un romanzo di formazione scritto dal protagonista, in cui tutti possono rivedersi. Ed è proprio dalle migliaia di lettere che Tomaso ha scritto dal carcere che parte il lavoro registico di Adriano Sforzi, già vincitore del David di Donatello per il suo cortometraggio “Jody delle Giostre”, ora alle prese con un nuovo film che lo coinvolge molto da vicino. I due sono amici dall’infanzia, quando Adriano faceva da allenatore a Tomaso nei campetti da calcio dell’Oratorio San Filippo Neri di Albenga. Si sono ritrovati anni dopo a Bologna, a sognare modi per uscire dagli schemi preconfezionati dell’esistenza. Ed ora di nuovo uniti, da un legame particolare, dove la macchina da presa può raccontare quello che Tomaso, negli ultimi anni e in tutta questa storia, ha vissuto, subìto e immaginato dietro le sbarre. Ma che merita di essere raccontato al mondo. Ripercorrendo quelle lettere scritte durante gli anni di detenzione, il film racconterà la storia dal punto di vista umano ed emotivo del protagonista, della famiglia e dell’intera comunità che si è stretta attorno a lui. Una comunità composta innanzitutto dagli amici di sempre e dagli abitanti di Albenga – che hanno costituito l’Associazione “Alziamo la voce” per india_1sensibilizzare la causa della liberazione di Tomaso ed Elisabetta –, ma anche altre associazioni, come “Prigionieri del Silenzio”, che sostiene più di tremila connazionali detenuti all’estero, e tutte le altre persone che si sono interessate a questa incredibile storia. È a questa comunità che la produzione si rivolge in primis per la raccolta fondi, nella speranza di ampliare il passaparola su una storia che dal 2012 è ulteriormente condizionata dall’altrettanto drammatica vicenda dei Marò, i fucilieri della Marina Italiana accusati dell’omicidio di due pescatori indiani. “La Comunità di Albenga e tutte le persone che in Italia e all’estero si sono sentite vicine alla storia di Tomaso – sottolinea Stefano Perlo, della casa di produzione torinese Ouvert – hanno avuto un ruolo essenziale per Tomaso e la sua famiglia. Speriamo che questa campagna, oltre a sostenere la parte forse più importante di questo film, sia utile per rinforzare il legame tra tutte queste persone. Il nostro film vuole essere il simbolo di una battaglia che moltissime persone hanno combattuto tutte assieme, e che speriamo di vincere. Un atto dovuto verso Tomaso, Elisabetta e Francesco”.

IMPORTANTEAttraverso il crowdfunding si stanno raccogliendo 10.680 euro che aiuteranno a completare l’opera. Le donazioni – da 5 euro in poi – sono aperte fino al 30 settembre 2014 sulla piattaforma Indiegogo. com al link: http://igg.me/at/piuliberodiprima . Tutte le informazione e gli aggiornamenti sulla missione in India si possono seguire su www.piuliberodiprima.it e sul gruppo Facebook TOMASO LIBERO! Ad Albenga è possibile fare donazioni anche presso il bar “Carillon”, nel centro storico della città in via Enrico d’Aste.