TP, Rete savonese fermiamo il carbone: “Cosa faranno Regione e Ministero il 18 settembre?”

«L’ARPAL conferma ufficialmente le analisi già prodotte dalla Rete centrale TP 00savonese fermiamo il carbone, spesso rimaste inascoltate: benché i dati siano ancora parziali e insufficienti (il vero confronto va fatto sui metalli pesanti e su periodi più ampi), la chiusura della centrale a carbone di Vado Ligure sta cominciando a produrre l’effetto di una riduzione degli inquinanti e di un miglioramento della qualità dell’aria», sostiene l’associazione.
«Nella centralina di Vado Ligure (benché fortemente influenzata dal vicinissimo traffico veicolare), gli Ossidi di Zolfo nel periodo aprile-luglio 2010 e 2011 (con la centrale a regime) confrontati con lo stesso periodo di quest’anno si sono ridotti del 45% (da 8ug/m3 a 4,4ug/m3 ) e comunque del 33% rispetto a tutti e 5 gli anni precedenti presi in considerazione). Ovviamente è da desumersi che la riduzione sia molto maggiore se la centralina non fosse ubicata proprio a vicinissimo contatto con gli scarichi delle automobili della via Aurelia. Troppe istituzioni, troppi amministratori in tutti questi mesi si sono supinamente allineati alle considerazioni dell’azienda Tirreno Power; in buona parte dell’opinione pubblica è stato fatto passare il messaggio distorto secondo cui l’inquinamento atmosferico dopo il sequestro dei gruppi a carbone è rimasto inalterato, se non addirittura peggiorato».
«Dato che Tirreno Power rivendica che siano dati sotto i livelli di legge, chiediamo: perché allora in fase di AIA ha chiesto proprio sui valori di Ossidi di Zolfo (in uscita dalle ciminiere) valori molto sopra il livelli previsti dalle normative sulle MTD (Migliori Tecnologie Disponibili, 390 ug/m3 invece che 200)? Ci domandiamo: perché le rare volte che si è evidenziato un dato positivo per Tirreno Power, la Regione Liguria lo ha fornito immediatamente ai mezzi di informazione, mentre quando si rilevano dati molto negativi per l’azienda (questo come altri, come quello del biomonitoraggio lichenico) la Regione li tiene riservati? E’ forse per non turbare l’iter di riapertura della centrale previsto nella riunione del 18 settembre a Roma? La Regione tiene più agli interessi particolari dell’azienda o a quelli diffusi della collettività che è chiamata a tutelare e di cui dovrebbe essere diretta emanazione?»
«Riteniamo essere di grande importanza che il Direttore dell’ARPAL ammetta che in questi decenni “la rete di rilevamento ha una collocazione non specificamente mirata al monitoraggio della Centrale”, nonostante la Centrale produca effetti devastanti per la poplazione da ben 40 anni. Ci chiediamo: come mai la Regione non abbia mai predisposto una misurazione specifica per la centrale (in termini di posizionamento e di inquinanti rilevabili)? Come mai invece una centralina presente a S.Genesio in una zona sottoposta all’effetto dei fumi delle ciminiere è stata tolta? E soprattutto: cosa diranno domani l’Unione Industriali, i Sindacati, e soprattutto la Regione Liguria e il Ministero nella riunione del 18 settembre? Imporranno nuovamente alla comunità savonese di riaprire la centrale, con la ormai certa conseguenza di un nuovo peggioramento dell’inquinamento nel savonese, e con le invevitabili conseguenze in termini di morbilità e mortalità della popolazione?»
«Vogliamo fortemente ribadire comunque che, nonostante finalmente si attesti ufficialmente che i dati delle centraline sono migliorati con la chiusura dei gruppi 3 e 4, l’utilizzo di tali tipi di misuratori è comunque assolutamente insufficente per monitorare gli effetti di una centrale a carbone, dato che non è prevista la misurazione delle nanopolveri e dei metalli pesanti, che sono i reali fattori killer delle centrali (il cui rilevamento tramite biomonitoraggio ha fatto registrare valori elevatissimi, fatto che ha contribuito a indurre la magistratura a formulare l’accusa di disastro ambientale per il territorio savonese). Inoltre rimaniamo sempre comunque scettici o perlomeno prudenti sull’utilizzo di questi dati (carenza di centraline gestite direttamente da Enti pubblici in zone di massima ricaduta, confronto troppo limitato nel tempo e scollegato a parametri atmosferici, mancanza di confronto con i più significativi picchi giornalieri di emissione, confronto non omogeneo dato che i gruppi a metano della centrale stanno comunque continuando a funzionare, ecc.», conclude la Rete savonese fermiamo il carbone.