Fisco, Rixi: “Abolire gli studi di settore, strumento di tassazione iniquo e anacronistico”

«La Liguria, regione a rischio default, che grazie ai giochetti mal riusciti di Edoardo Rixi 1G00contabilità non ha un bilancio approvato, finito sotto la lente d’ingrandimento della Corte dei Conti, con una fiscalità locale che pesa per oltre 2.700 su ogni ligure, 40 euro in più rispetto alla media italiana, rischia di calare un’ulteriore mannaia sui cittadini con aumenti salati di Irpef e Irap grazie al lavoro di una sinistra capace solo di tutelare gli sprechi e di vampirizzare imprese, artigiani e le fasce deboli come gli anziani e i disabili». Così Edoardo Rixi, consigliere regionale della Lega Nord, che annuncia iniziative sul territorio in vista della protesta fiscale lanciata dal Carroccio in tutto il Paese a novembre. Rixi interverrà in materia di fisco e studi di settori domani, sabato 6 settembre, alle 18.30 nel dibattito “Protesta fiscale e abolizione degli studi di settore. Una Regione dalla parte di chi produce: la Lombardia” con l’on. Massimo Garavaglia, assessore all’Economia e Crescita della Regione Lombardia, nell’ambito della festa annuale della Lega Nord a Lerici, in provincia della Spezia.

«Non possiamo più tollerare che chi produce lavoro, nonostante le mille difficoltà imposte dalla crisi, sia vessato in modo iniquo e anacronistico dallo Stato centralista – dice Rixi – gli studi di settore a cui sono soggette le piccole imprese, il popolo delle partite Iva e il lavoro autonomo sono una ghigliottina, a cui si deve soggiacere con il ricatto dell’Agenzia delle Entrate sotto forma di spettro di “congruità”. Ma come possono essere congrui gli importi che un’azienda, magari familiare, i cui ricavi sono stimati a livello pre-crisi? Per noi gli studi di settore vanno aboliti perché sono uno strumento di tassazione ai limiti dello strozzinaggio autorizzato».

«Pensiamo per esempio all’impatto che avranno sulla stagione fallimentare dovuta al maltempo sul comparto turistico-balneare che ha registrato circa 450 milioni di euro di mancato incasso per le 30 mila imprese del Bel Paese a causa delle piogge estive. È assurdo che di fatti calamitosi come questo lo Stato gabelliere non tenga conto. Nella nostra regione, le imprese che lavorano nel turismo e nell’indotto balneare sono oltre 6.500 – calate dell’1,6% solo nell’ultimo anno – e costituiscono una risorsa eccezionale che deve essere tutelata e promossa. Per questo presenterò, alla ripresa dei lavori in Regione, un ordine del giorno che impegni la giunta ad attivarsi perché si accolgano le istanze legittime degli operatori del comparto balneare e almeno si arrivi al riconoscimento delle “giornate di maltempo” negli studi di settore: almeno un primo passo, una scialuppa di salvataggio per un settore vitale della nostra economia vista l’imminenza delle scadenze».

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Oltre che contro gli studi di settore, Rixi punta il dito contro la fiscalità locale e gli eccessi di burocrazia “che – dice Rixi – si trasformano in un fisco occulto che penalizza le imprese anche nell’ottica della competitività sui mercati internazionali”. «In Italia – spiega Rixi – gli oneri di burocrazia pagati dalle Pmi ammontano a circa 31 miliardi di euro: più di 7 mila euro a impresa. Secondo gli analisti, negli ultimi sei anni il fisco si è complicato con una nuova norma alla settimana, un’inefficienza che rende impossibile la vita delle imprese, soprattutto quelle di minori dimensioni, obbligandole a ricorrere a costosi consulenti per non incappare in multe e sanzioni, a perdere tempo prezioso tolto all’attività. A questo quadro inquietante, si aggiunge la pressione fiscale – la più alta d’Europa – e la tassazione locale raddoppiata, per esempio, sugli immobili, anche produttivi, con il passaggio tra Ici e Imu. Ma non è finita: lo Stato centralista dà poi il meglio di sé quando deve essere lui a pagare. I tempi di pagamento della PA alle imprese fornitrici di beni e servizi sono di 165 giorni in media, che fanno vincere all’Italia la maglia nera d’Europa. E La Liguria non fa eccezione: 170 giorni per la sanità che deve onorare i suoi debiti. Tutto questo nonostante da due anni esista una legge che ci dovrebbe allineare col resto d’Europa, fissando il tempo massimo per i pagamenti pubblici e privati a 30 giorni. Di fatto, la legge non viene rispettata dallo Stato. A questo punto è giusto che i cittadini onesti facciano sentire forte la propria voce. Noi proponiamo un giorno di protesta fiscale, a novembre, che metta in crisi per un giorno lo Stato come lo Stato mette in crisi ogni giorno i cittadini».