La pioggia non ferma l’Albenga Jazz Festival

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di Alfredo Sgarlato – L’ennesima serata di pioggia non impedisce il debutto della terza edizione dell’Albenga Jazz Festival.  La rassegna aveva già avuto l’antipasto con gli Ukulele Lovers, che da sabato a lunedì hanno animato spiagge, piazze e vicoli del centro storico. I dieci scatenati veneti hanno dimostrato di non essere solo divertenti intrattenitori ma fior di musicisti, specie nelle esibizioni serali, che sono state veri e propri concerti, particolarmente la serata presso la cantina dei Fieui di Caruggi, dove si è creata una grande alchimia tra musicisti e pubblico. Il gruppo spazia nel repertorio, e le cover di “Get lucky” dei Daft Punk, “Ja sei namorar” dei Tribalistas o “Happy” di Pharrell Williams non sfigurano minimamente di fronte agli originali, grazie agli assoli di Andrea Verza alla tromba e alle voci di Silvania Dos Santos e, soprattutto, Federica Baccaglini, dotata di timbro e tecnica stupefacenti.

Quindi finalmente martedì si comincia col Greg Burk Expanding Trio. Il maltempo costringe musicisti e pubblico a rifugiarsi nella ex Chiesa di San Lorenzo in Piazza G. Rossi, che si rivela una location adatta e suggestiva. Dopo il saluto del Sindaco Giorgio Cangiano, del Vicesindaco con delega alla cultura Riccardo Tomatis, jazz3del Direttore Artistico Alessandro Collina e della Presidente de Le Rapalline in Jazz Barbara Locci ecco presentarsi al pubblico tre musicisti giovani ma già con un curriculum sterminato. Esclusa la celeberrima “Take the A train” di Duke Ellington, Greg Burk è autore di tutti i brani che eseguiranno. Lo stile del gruppo è molto avanguardistico, eppure le composizioni sono molto melodiche. I generi variano, dal blues, al gospel, alla composizione romantico-spagnoleggiante alla Chick Corea, “Serenity distant dawn”, fino ai brani più sperimentali come “Tonos”, quasi post rock nei ritmi dilatati e nella melodia sospesa, o “Winter always ending”, con Enzo Carpentieri che gira per la sala suonando un gong, Stefano Senni suona con l’archetto e Burk sfiora le corde del piano e suona un flauto orientale.

Le composizioni sono lunghe, articolate, con cambi di ritmo interni ma sempre su tempi dispari. Burk suona anche il sintetizzatore Moog ed è pianista con tocco brillante e gran senso della frase: si sente nel suo linguaggio, soprattutto compositivo, un’enorme cultura musicale. Senni e Carpentieri, musicisti di grande stile, non strafanno rispetto al ruolo di jazz2sezione ritmica, dedicandosi soprattutto all’interplay col pianista e a qualche breve ma raffinato solo. Solo in “BC”, il trio si lancia in un brano iperveloce, sfoderando tecnica ineccepibile, nei brani precedenti questa era al servizio di melodia e atmosfera. Aggiungendo che Burk parla un ottimo italiano il coinvolgimento del pubblico è totale. Grandissimi applausi e stasera, qualsiasi tempo faccia, secondo grande appuntamento con Franco Cerri.

*Foto di Mary Caridi e Giorgia Grossi