di Sergio Bagnoli – Sono angustiate, fortemente preoccupate, molto allarmate ma soprattutto disilluse e vinte nellโanimo, per lโennesima volta, le molte donne ucraine, gli uomini sono incommensurabilmente meno, che nella Riviera savonese, tra Alassio ed Albenga, lavorano e vivono: in buona parte sono badanti non piรน giovanissime, ma alcune di esse lavorano, invece, come bariste o cameriere.
Proprio in ragione della loro etร sono in grado di fornire una pietra di paragone tra quello che era il modo ed il tenore di vita in Ucraina ai tempi dellโera bresneviana, allโinterno quindi dellโex Unione Sovietica, e quello che รจ oggi dopo ventidue anni di tribolatissima indipendenza. โAllora stavamo tutti bene, eravamo tranquilli non cโera la corruzione e non cโerano le ingiustizie sociali che ci sono oggi e che ci hanno costretto ad emigrare nella vicina Unione europea, anche da clandestine, per racimolare quei pochi soldi che permettono ai nostri familiari rimasti in Patria di sopravvivere od ai nostri figli e nipoti di andare a scuolaโ osservano, sfatando cosรฌ quello che agli occhi di un occidentale, abituato da settantโanni a vivere in un Europa pacificata e democratica potrebbe sembrare un controsenso e cioรจ la preferenza per i tempi del โPartito unicoโ rispetto a quelli del cosiddetto โpluralismoโ.
Irina, Inna, Natasha, Lubov i loro nomi: in cittร le si possono incontrare, una volta terminato il lavoro e quindi abbastanza di rado, o ai giardini pubblici o nei discount della zona. Non parlano molto volentieri della situazione ucraina e, di certo, non solo per la difficoltร con la lingua italiana. Sono veramente angustiate, amareggiate per quello che sta succedendo nel piรน vasto Paese dโEuropa dopo la Russia. Trepidano al pensiero dei figli, dei nipoti e dei parenti in genere rimasti entro i confini nazionali mentre nella piazza centrale di Kiev, cioรจ sul Maidan, si sparava e si uccidevano manifestanti e poliziotti senza tregua.
Ora che la tregua รจ arrivata le loro angustie non sono terminate. Danno ormai per scontata la rottura dellโunitร nazionale ucraina tra le regioni orientali che, seguendo lโesempio della penisola di Crimea, guardano piรน a Mosca che allโUnione europea e gli โoblastโ occidentali in cui si trovano cittร come Leopoli o Cernauti, sino al 1945 facenti parte di Polonia o Romania. Spiegano come la rivolta delle settimane scorse sia stata etero- diretta, una tra le maggiori indiziate รจ la Polonia facente parte dellโUnione europea, e come ad essa il regime furfantesco di Viktor Yanukovich abbia reagito nel peggiore dei modi, cioรจ sparando.
Non nutrono, perรฒ, al contempo quasi nessuna speranza in Yulia Tymoschenko, e nel suo partito โPatriaโ, che anzi, in parecchi casi, accomunano al fuggitivo ex Presidente. โ Da noi tutti i politici sono ladri e corrottiโ ripetono come in una litania. Parlando con loro, anzi, si scopre che, in materia, molte delle certezze propinateci dalla stampa di casa nostra vacillano e che, forse, il tanto declamato anelito allโUnione europea del popolo ucraino sbandierato dai capi rivoltosi non sia altro che una cinica pantomima per nascondere una brutale guerra tra bande per il controllo delle fonti energetiche e degli smisurati guadagni che dalla vendita allโoccidente del gas derivano.
Colpisce molto, osservandone gli sguardi e i sorrisi amari e di circostanza, lโassoluta mancanza di speranza per il futuro od, addirittura, il pessimismo cosmico che pervade queste donne, quasi appartenenti ad un gogoliano popolo di โ vintiโ. Gogol era ucraino, per lโappunto.