Albenga, Viaggio nei suoni della tradizione: Silvio Peron presenta “Eschandihà de vita”

Prosegue ad Albenga la rassegna di musica popolare “Viaggio nei suoni Silvio Peron3della tradizione”. Sabato 22 febbraio alle ore 21 presso l’Auditorium San Carlo appuntamento con Silvio Peron per il concerto / presentazione – a ingresso libero – del CD “Eschandhià de Vita”, storie di personaggi delle valli occitane piemontesi.

In occitano “eschandihà” significa sprazzo di sole, ovvero quell’istante in cui esso appare attraverso le nuvole e si manifesta con più ardore del solito. “Eschandihà de vita” è quell’attimo, quell’istantanea di vita, che Silvio Peron, ha cristallizzato in ognuna delle storie cantate del suo nuovo album.

Il disco raccoglie undici brani autografi, di cui tre strumentali, nei quali incontriamo racconti, personaggi, storie di gente comune, che appartengono a quelle Valli Occitane piemontesi in cui è nato e vive lo stesso organettista di Robilante (CN). Al fianco di Peron, che suona l’organetto in quasi tutti i brani di cui tre cantati da lui stesso, troviamo un folto gruppo di musicisti composto da Gabriele Ferrero (violino, viola), Flavio Giacchero (clarinetto basso), Gigi Biolcati (batteria), Patrick Vaillant (mandolino elettrico, banjolino), Daniel Malavergne (bassotuba), Stefano Valla (piffero), Daniele Scurati (fisarmonica a piano), Stefano Risso (contrabbasso), Guido Antoniotti (scacciapensieri, aggeggi sonori), Gianrenzo Dutto (armonica a bocca), Enrico Negro (chitarra acustica), Francesco Busso (ghironda elettroacustica), Mathieu Aymonod (ocarina), nonchè le voci di Manu Théron, Danielle Franzin, Placida “Dina” Staro, che suona anche il violino, e Jan-Mari Carlotti accompagnato dalla sua chitarra.

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In questo senso ogni composizione di Peron, presenta atmosfere, timbriche ed arrangiamenti diversi, e si caratterizza per i testi in cui è il protagonista stesso a narrare la sua storia in prima persona, il tutto nelle varianti della lingua d’oc del proprio paese di origine. Tutto ciò contribuisce in modo determinante nel rendere l’atmosfera generale del disco molto affascinante, oltre che costituire un elemento importante dal punto di vista culturale e prettamente filologico. Ad aprire il disco è “Petou e lou mar”, brano la cui ispirazione risale a trent’anni fa, allorquando Peron era impegnato in qualità di animatore musicale durante per un soggiorno al mare con gli anziani della Val Stura, ed in quella occasione scoprì che uno di essi non aveva mai visto il mare e aveva difficoltà a credere che fosse salato. Ne è nato un brano brillante, dal testo divertente, in cui spicca l’intreccio tra l’organetto di Peron e il violino di Gabriele Ferrero.

Nell’intensa “Doun Vial, lou mul ‘d Limoun” in cui incontriamo Don Viale di Limone, “Il prete giusto” di Nuto Revelli, e che si caratterizza per la bella interpretazione vocale di Manu Théron e per la presenza di Patrick Vaillant al mandolino elettrico. Il sinuoso strumentale “Valzer Paraloup” ci introduce poi ad un altro brano di grande intensità “La sounadoura di Tech” in cui spicca la voce di Placida Staro, ma è con “Nou’ m’ fai chantar amour ni drudaria” tratta da un testo scritto nel XIII secolo da Peyre Guilhelm de Luserna (trovatore della Val Pellice) e musicato da Peron, che si tocca il vertice del disco. “Estiene ‘d Pourchera”, con il suo arrangiamento per voce e scacciapensieri, ci conduce al secondo strumentale del disco “Balet dal luban”, che funge da perfetto apripista per “Notou Sounadour”, dedicata a Giuseppe Vallauri costruttore e suonatore di fisarmonica della Val Vermenagna ed impreziosita dall’arrangiamento e dalla partecipazione degli Edaq.

Di grande suggestione è “Ninin, la reina de les Grànjas”, cantata da Danielle Franzin e registrata dal vivo alle Grange di Argentera il 4 luglio 2012, dove visse fino alla morte la protagonista del brano, Elena Rosso, che abitò questa borgata a 1800 m, quasi distrutta durante la seconda guerra mondiale, vivendo in solitudine e rifiutando con caparbietà ogni offerta di una sistemazione migliore. Completano il disco “Mazurca a Ninin” e “Li gigàntes de Vinai” in cui ritroviamo la voce di Manu Théron, che interpreta il racconto di due fratelli la cui altezza gli regalò il successo nell’attività circense, ma che li allontanò dalla loro terra di origine.

“Eschandihà de vita” è così un esempio di come si possa scrivere canzoni ispirandosi alle radici musicali della propria terra, e lasciando che esse stesse diventino parte di quella tradizione da cui sono nate. Silvio Peron ci consegna un disco di grande fascino, realizzato in modo intelligente, da cui traspare tutto l’amore e la passione per la sua terra e le tradizioni che la rendono preziosa.