Buon compleanno Russ Meyer!

di Alfredo Sgarlato – Avrebbe compiuto cento anni il 21 marzo Russ Meyer, uno dei personaggi più stravaganti della storia del cinema. Disse di lui un altro genio irregolare, John Waters (che piacere vederlo in un cameo nell’adorabile serie “La fantastica Signora Maizel”), che per capire l’America era molto meglio vedere i film di Russ Meyer che quelli di Kubrick: vero, perché il grandissimo Stanley parlava dell’umanità intera, Meyer, come John Waters, delle ossessioni dell’americano medio di provincia. Spesso superficialmente denominato il Fellini americano, per la sua passione per le donne dai seni ipertrofici, in realtà non aveva nulla o quasi in comune con il Maestro riminese. Era un geniale dilettante che si divertiva e voleva divertire, mettendo alla berlina totem e taboo.

I suoi primi film, come “The immoral Mr Teas”, il primo film con nudi integrali distribuito regolarmente nei cinema, o “Mondo Topless”, sono prese in giro dei finti documentari alla Jacopetti, in cui dietro la morbosa ostentazione del nudo si cela una visione moralista e reazionaria del mondo, e della sessualità in particolare: per Russ Meyer, in anticipo sul ’68 la sessualità è libertaria, soprattutto per la donna, che benché appaia ritratta come nei sogni morbosi del cittadino perbene qualunque, è sempre protagonista e padrona della storia.

Le esplosive protagoniste di Faster Pussycat! Kill! Kill!

Ancora più che nei film erotici la visione del mondo di Meyer appare nei due straordinari film sulle gang motociclistiche “Motorpsycho” e “Faster Pussycat! Kill! Kill!” (1965), amatissimi nel mondo del rock e ispiratori di due band, (così come il precedente “Mudhoney”, il suo film meno capito) dove gang al femminile terrorizzano famiglie borghesi, sorpassando in campo di trasgressione i coevi film di Roger Corman sugli Hell’s Angels (ma non il sensazionale “Scorpio Rising” di Kenneth Anger). Questi sono gli unici film di Russ in cui si ha una trama quasi lineare: generalmente si parte da un semplice spunto, l’insoddisfazione di una donna malmaritata, per dare sfogo ai deliri visivi e politici dell’autore. Con gli anni ’70 i suoi film si fanno sempre più deliranti, spesso sfiorano l’hardcore, e le vicende sono inframmezzate da monologhi dei personaggi contro le dittature, sia contro il fascismo che il comunismo, a volte totalmente fuori luogo e che rendono le storie ancora più stranianti. Capolavoro di Russ Meyer è “Up” (1976) in cui si ipotizza che in un castello gotico in America vivano Hitler e Ludwig di Baviera (nel ’76…), siano amanti e omicidi e una detective deve incastrarli… Il film dopo le prime proiezioni fu bollato come incomprensibile, e allora Meyer aggiunse un “coro greco” (una bella ragazza su un albero), che fornisce spiegazioni, ovviamente ancora più deliranti.

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Il cinema di Russ Meyer è orgogliosamente di serie B, si fa beffe di diktat come la linearità della trama, ma è molto godibile sul piano formale, con colori sfrontati e pop, scarti stranianti, come i primi piani sulle radioline che inframmezzano Mondo Topless, inquadrature sghembe e montaggio frenetico, vent’anni prima dei videoclip rock. Domina sui suoi film un bizzarro senso dell’umorismo, basti pensare ai nomi d’arte delle attrici o dei personaggi: Tura Satana, Kitten Natividad, Lola Langusta, Raven De La Croix. Spesso appaiono nei suoi film poliziotti corrotti, violenti e nazisti, caricature del padre che lo aveva abbandonato. In tutto questo potremmo avvicinarlo all’altro re della serie b adorato dai maestri, cioè Mario Bava: come lui Meyer è adorato da tutti gli autori a cui viene appioppata la noiosa etichetta di postmoderno, da Tarantino in giù. Dopo gli anni ’70 Meyer non riuscì a girare nuovi film, e fallirono i tentativi di entrare nel cinema hollywoodiano, soprattutto il progetto di “Who killed Bamby?”, film scritto e interpretato dai Sex Pistols, poi girato da Julian Temple con un altro titolo. Nel 2004, ormai ammalato di demenza senile, una polmonite mise fine alla divertente vita di uno di quei piccoli genii irregolari che hanno fatto grande il Cinema in parallelo agli autori più celebrati.