Cinema: Splendidi novantenni

di Alfredo Sgarlato – Caso (o destino?) vuole che quest’anno compiano, o compirebbero se il fato non avesse deciso diversamente, novant’anni alcuni tra i registi più significativi della storia recente: Carlos Saura (4 gennaio), Richard Lester (19 gennaio), François Truffaut (6 febbraio), Alexander Kluge (14 febbraio), Milos Forman (18 febbraio), Nagisa Oshima (31 marzo), Andrej Tarkovskij (4 aprile), Louis Malle (30 ottobre), Edgar Reitz (1 novembre), a cui possiamo aggiungere un grande autore di colonne sonore, John Williams. Tutti nomi legati non solo dall’anno di nascita ma da vicende personali e affinità stilistiche.

Il nome e la storia personale di Francois Truffaut potrebbe riassumerle tutte: figlio illegittimo, uomo in rivolta, critico cattivissimo poi diventato regista (e allora scriverà una lettera di scuse a tutti i registi che aveva stroncato), ma soprattutto teorico di quella Nouvelle Vague che rivoluzionerà la storia del cinema. Allo stesso modo tutti si possono considerare iniziatori di una nuova corrente, a parte lo statunitense Lester che trovò nell’Inghilterra del Free Cinema e dei Beatles la vera patria, ribelli politici e stilistici, spesso costretti all’esilio (magari dorato, e foriero di Oscar, come per Forman, ma pur sempre esilio), in lotta con la censura (vedi Tarkovskij, che comunque grazie al suo successo fu censurato meno di German, Ioseliani o Šukšin).

Tutti loro hanno il fulcro della carriera negli anni ’60/’70, quando le istanze rivoluzionarie piacevano al mondo dello spettacolo e al mercato; loro malgrado, poiché erano assolutamente sinceri, ma la loro grandezza fu anche di saper unire cinema come linguaggio artistico e come spettacolo, qualità che vanno sempre più perdendosi. Il cinema mai come in quegli anni è stato specchio della società, con la nascita delle controculture giovanili, il temporaneo disgelo tra Est e Ovest, l’esplosione del rock’n’roll, la contestazione studentesca che sarebbe presto esplosa. Il cinema diventava rivolta contro la generazione precedente, sul piano formale, produttivo, estetico: film a basso costo, con attori non ancora famosi, girati fuori dagli studi e per le strade, senza censure su temi come sessualità, psicosi, lotta di classe, taboo sociali.

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Spesso furono incompresi: Malle, anarcoide che osa raccontare l’occupazione nazista (“Cognome e nome: Lacombe Lucien”, 1974) e il ’68 (“Milou a maggio” 1989) dalla parte “sbagliata”, benché con film che condannano chiaramente i personaggi, si attrae gli strali di gran parte della critica; Forman e Tarkovskij vennero spesso accusati di estetismo; Lester sottovalutato come autore di commediole demenziali, mentre i suoi film osavano quanto quelli di Godard. La frattura che ebbero nella vita Truffaut e Tarkovskij coi loro genitori reali (Arsenij Tarkovskij fu uno dei più grandi poeti russi, e presenza molto ingombrante nella vita del figlio) venne vissuta nell’arte come rivolta contro il sistema e le generazioni precedenti: all’epoca ogni generazione cercava le proprie regole, il proprio stile, e forse è anche un po’ una nemesi storica il fatto che gli autori citati divennero maestri e padri spirituali per le generazioni successivi, ma in Germania gli autori appena più giovani, Wenders, Herzog, Fassbinder, oscurarono ben presto Kluge e Reitz.

Il meno noto in Italia è sicuramente Nagisa Oshima (trattandosi di un nome poco conosciuto e per non fare confusione non seguiamo la tradizione giapponese di anteporre il cognome al nome), se non per la favola erotica “L’impero dei sensi”; i rockettari lo conosceranno per “Furyo/Merry Christmas Mr. Lawrence”, in cui dirige David Bowie e Ryūichi Sakamoto (e l’allora sconosciuto Takeshi Kitano), vi invito a cercare splendide opere giovanili come “Racconto crudele della giovinezza” o l’ultimo “Gohatto/Taboo”, ancora con Kitano. Così si come vi invito a cercare i primi film di Forman, come il commovente “Gli amori di una bionda” o il divertentissimo “Taking off”, e in generale tutti i film di quella stagione irripetibile.