di Alfredo Sgarlato – Il 2 novembre di trent’anni fa iniziavano le trasmissioni di uno dei maggiori culti televisivi in assoluto: Fuori Orario. Ideatore del programma era Enrico Ghezzi (lui vorrebbe lo si scrivesse minuscolo, ma l’idea non ci piace), genovese, nato il 26 giugno1952, già noto ai cinefili per i commenti a un ciclo dedicato al cinema tedesco, e poi per le apparizioni, insieme all’altro grande storico del cinema savonese Tatti Sanguineti, al bel programma domenicale ideato da Andrea Barbato (ricordo l’ovazione tra amici quando paragonò un film sconosciuto all’altrettanto per noi sconosciuto “L’infanzia di Ivan“, ma la citazione ci piacque molto).
Fuori Orario, come ben sapete, prende il nome dal magnifico film di Scorsese che narra le avventure notturne di un giovanotto ingenuo, film che diede vita a un vero e proprio sottogenere: e si proponeva come un contenitore di cinema, cabaret ed altro destinato ad essere trasmesso a notte inoltrata. Le prime cinque puntate sperimentali, che si configuravano come un talk show, con inseriti cortometraggi rari, andarono in onda nella primavera dell’88, con molti ospiti in studio, tra cui Milo Manara, Lella Costa, David Riondino, Giulio Giorello. La partecipazione di Ilona Staller fece bloccare il programma, che ripartì nella forma che conosciamo. Ricordiamo poi che nello stesso anno partiva l’altro programma culto ideato da Ghezzi, Blob.
Fuori Orario ha dato un contributo enorme alla nascita di molti cinefili, tra cui il vostro affezionatissimo cronista, lanciando o riscoprendo autori sconosciuti o dimenticati. Primo culto-shock fu la messa in onda di “Tetsuo“, di Shin’ya Tsukamoto, seguito poi da altri cicli dedicati ai giganti del cinema giapponese, Akira Kurosawa, Ozu, Mizoguchi, Oshima, Imamura, la scoperta di Takeshi Kitano, le prime messe in onda dei bellissimi “Bright future” di Kiyoshi Kurosawa (solo omonimo) e “Nobody Knows” di Hirokazu Kore-eda, oggi autore acclamato.
Ovviamente non solo cinema giapponese trasmette Fuori Orario, e nei primi anni non solo in orario notturno ma anche in altri orari strani, come il mezzogiorno della domenica. Passa da lì la mia crescita di cinefilo, con lunghe veglie notturne per vedere, finalmente, “L’infanzia di Ivan”, ma anche gli altri capolavori di Tarkovskij, e i grandi della Nouvelle Vague, tanto cinema italiano a torto considerato minore, il cinema coreano, i classici di Hollywood e i B-Movies, Bela Tarr e gli ultimi autori, il lancio dei grandissimi Ciprì e Maresco e Rezza-Mastrella, e poi l’uso compulsivo del videoregistratore, con sublimi scoperte e terribili arrabbiature quando, in linea col mercuriale carattere di Ghezzi, le scalette non erano rispettate, gli orari invertiti, i ritardi abissali, rovinando la registrazione.
Qualche riga è doveroso riservarla alla sigla del programma: la canzone è, come tutti sanno, “Because the night“, scritta da Bruce Springsteen e regalata a Patti Smith che ne ha fatto il suo cavallo di battaglia. Le immagini sono tratte da “L’Atalante“, secondo e ultimo lungometraggio del geniale regista francese Jean Vigo. Figlio del militante anarchico Miguel Almereyda, assassinato in carcere, cresce in collegio dove subisce continue umiliazioni a causa della militanza del padre, uscendone minato anche nella salute. Fatti che racconterà nel suo primo lungometraggio, “Zero in condotta“, girato nel 1933 ma censurato fino agli anni ’60. L’anno seguente gira “L’Atalante”, ma la sua scelta di girare en plein air e non in studio lo porta alla morte per tubercolosi. Il film viene distribuito rimaneggiato, poi tolto dal mercato, sebbene qualche copia giri nei cineclub influenzando molti giovani registi. Solo negli anni ’90 viene restaurata e distribuita una copia fedele all’originale. Molti film ne citano sequenze, da “Lo Zoo di Venere” di Greenaway a “Underground” di Kusturica passando per “Les amants du Pont Neuf” di Carax. Gli interpreti sono Dita Parlo, Michel Simon e Jean Dasté (e molti gatti). Anche di questo film ricordo una trasmissione fuori orario domenicale, scoperta per caso sfogliando il quotidiano di un amico, e guardata dopo una precipitosa corsa a casa e un frettoloso pranzo.
Come tutto anche Fuori Orario ha perso oggi forza espressiva, e spesso si limita a repliche delle repliche, o segue la corrente lanciando inguardabili pseudoautori sudamericani. Ma una generazione di cinefili gli deve tutto, e non smetterà mai di ringraziare il grande Enrico Ghezzi (maiuscolo)