Scrittori di culto, tra letteratura e cinema: Marguerite Duras

di Alfredo Sgarlato – Il 4 aprile di cento anni fa nasceva Marguerite Duras, la maggiore scrittrice francese del secolo scorso. Nata in Indocina come Marguerite Germain Marie Donnadieu prende lo pseudonimo Duras durante la resistenza. Inizia a scrivere molto giovane, i primi romanzi seguono uno stile tradizionale, ma sono già baciati dal successo, anche grazie alla riduzione cinematografica ad opera di Renè Clement de “La diga sul Pacifico”. Negli anni ’60 aderisce alla corrente del Noveau Roman, insieme ad Alain Robbe Grillet e Nathalie Sarraute, che persegue una narrazione oggettiva dei fatti anche a scapito della trama.

I suoi lavori si fanno brevi, scarni, taglienti, quasi fossero sceneggiature cinematografiche. Leggendo “Testi segreti”, uno dei suoi più belli, sembra di poter seguire i movimenti della macchina da presa mentre si legge. Nel delizioso “La pioggia d’estate”, uno degli ultimi pubblicati, compare per la prima volta un elemento sovrannaturale. Il suo rapporto col cinema fu lungo e proficuo: nel 1959 scrive per Alain Resnais il capolavoro “Hiroshima mon amour”, storia dolente di amore, guerra e memoria, quindi dirige in prima persona una ventina di film, spesso interpretati da grandi star come Gerard Depardieu. Sono film artistici, antinarrativi, anticommerciali, invedibili per lo spettatore medio. Al contrario il film tratto dal suo maggiore successo, “L’amante”, ebbe grande seguito di pubblico ma fu stroncato dalla critica per lo stile troppo patinato.

Fu militante del PCF, poi espulsa per le idee dissidenti. Partecipa alla contestazione degli studenti nel ’68, è sulle barricate, e crea lo slogan Sous le pavés, la plage. Poi nasce una grande amicizia con Mitterand, e tutto ciò le porta l’antipatia degli snob populisti, quelli che poi piagnucolano perché gli artisti stanno tutti dall’altra parte. Ebbe molti compagni, spesso più giovani di lei. Oltre a quelli artistici o politici ebbe un altro grande amore, per Michel Platini, e come darle torto.

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Morì il 3 marzo 1996. Qualche anno fa un giornalista fece un divertente scherzo: copiò di sana pianta “Giornate intere tra gli alberi”, tra i libri della Duras non il più famoso ma tra i più rappresentativi, e lo inviò a Gallimard, la casa editrice che pubblicava Marguerite, spacciandolo per manoscritto di un esordiente. Ovviamente fu rifiutato.

Per me e per molti della mia generazione fu un vero personaggio di culto. Non ricordo chi ha lanciato la passione. Ma ha contagiato molti. Trovo spesso tracce della Duras in molti blog di coetanei. Che la causa di tutto fosse una lettura della Duras registrata su una compilation con Tuxedomoon e altre cult band? Possibile. Forse galeotto, almeno per chi ha studiato a Padova, fu un seminario di un professore carismatico. O forse è solo che i suoi libri uscivano per una nota casa editrice e libreria, dove si comprava (e si rubava… ma io non sono mai stato capace) spesso?

Oppure è proprio lo stile, freddo, scarno, a volte un po’ paranoico, che si adattava all’epoca: potrei stare parlando di Cure o Joy Division, con la loro musica figlia di quei tempi: new wave musicale e nouvelle vague cinematografica e letteraria erano sorelle di sangue. Oltre a quelli citati uno dei libri più amati è “Occhi blu capelli neri”. Come non innamorarsi di titoli così?

* il trend dei desideri: la rubrica Corsara di Alfredo Sgarlato