La lettura del giornale

"Perché, badiamo bene, leggere non è soltanto ricevere: è anche rispondere e produrre. Lo scritto non dà che indicazioni e suggestioni, di cui la mente del lettore integra a suo modo, con le sue proprie forze, il contenuto. Il vero autore, diceva Novalis, è chi legge. Cosi il giornale è letto da tutti, ma utilizzato in tutta la sua sostanza da pochi, perché pochi hanno non pure la cultura, ma la vivace immaginazione che, al pari della storia, esso richiede perché le sue notizie sian seme che frutti pensiero."

lettura giornale

di Dino Mantovani | Qualcuno mi scrive, e so che molti domandano: — Ogni anno, nei concorsi presso i Ministeri e presso le grandi amministrazioni, si prescrive a coloro che debbono esercitare funzioni pubbliche, oltre agli esami tecnici, di materie speciali, un altro esame, che riesce spesso imbarazzante per gli esaminatori non meno che per i candidati: il cosi detto esame di cultura generale. Che è codesta cultura generale? E come si può darne prova?

Rispondo che conosco esaminatori intelligenti (e questo, in qualunque esame, è l’essenziale), i quali, sentita tutta la difficoltà del caso, e studiati vari ragionevoli modi di risolverla, hanno finito con appigliarsi a uno spediente saggio e pratico a maraviglia: prendono per testo d’esame l’ultimo numero di un grande giornale quotidiano, vivente immagine del sapere utile e necessario a tutti, e sopra quello tempestano di domande il candidato. Freme accanto a tali esaminatori spregiudicati qualche collega appartenente a quella venerabile specie di dotti ignoranti che si chiamano gli specialisti, studiosi profondissimi che dell’universo mondo non vedono altro che una fetta, come cavalli coi paraocchi, e che per ciò non ne capiscono nulla. Non saprebbe sostenere un simile esame egli, lo specialista di una materia sola, fuori della quale tutto è cava nebbia per lui; e non sospetta nemmeno che, se tutti fossero come lui, cadrebbe ancora più giù, nel suo effettivo valore intellettuale, quest’Italia madre e nutrice delle « umanità », la cui tradizione più provvida sta appunto nella formazione dell’uomo integrale, e i cui geni rappresentativi sono stati appunto universali, non estranei ad alcuna attività dello spirito.

Né egli né molti altri sanno che fiero moto di reazione si svolga oggidì in Inghilterra e si annunzi anche in Germania e agli Stati Uniti contro l’istruzione troppo specializzata e in favore della cultura generale, troppo difettosa in quei paesi, dove è cosi strano agli occhi nostri trovare uomini valenti nella lor professione, come operai addestrati al perpetuo maneggio di una sola macchina, e in tutto il resto idioti: industriali che non hanno alcuna idea dell’economia pubblica, scienziati che nella realtà della vita son come bambini ignari, ufficiali delle colonie che vanno in Egitto o nell’India senza la menoma nozione delle civiltà storiche di cui hanno a governare l’eredità e il territorio. Se il sapere complessivo è fatto di tante scienze speciali, bisogna pure che si formi per il maggior numero possibile d’uomini una certa condizione media di cultura, che ne raccolga utilmente i benefici e renda ciascuno conscio e degno dello stato di civiltà in cui vive.

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E di ciò non vedo esperimento più immediato e spiccio che la lettura del giornale. Pare ch’essa richieda un soldo di sapienza come un soldo di moneta. Ma sì, provarcisi! Il grande quotidiano, cronistoria del mondo vivente, rappresenta l’enciclopedia. Chi legge queste linee consideri un po’ tutto il doppio foglio del Corriere, e pensi quante materie è necessario ricordare per comprenderlo veramente in ogni sua parte; quante cognizioni, quante attitudini mentali esso richiede in cambio delle notizie che porta.

Se ne farebbe un indice interminabile: geografia universale e costituzione interna degli stati; storia, e non solo degli ultimi tempi, co’ suoi sussidi e accessori, cronologia, diplomatica, fino all’araldica; diritto pubblico e privato; ordinamenti amministrativi e giudiziari, economia, finanza, sistemi tributari e doganali; religioni, culti, gerarchie ecclesiastiche; lingue, letterature, belle arti, teatro; scienze morali e scienze naturali, con le loro applicazioni; istituzioni e costumi comparati dei paesi di civiltà europea, non senza fondata curiosità di ciò che avviene nelle altre parti del mondo; e poi materie prime, traffici, organamento delle industrie e del credito… Insomma un’infinità di cognizioni svariatissime, che un abile interrogatore può richiedere come indispensabili ad ogni persona colta. Nessun esame è più temibile di quello che si può condurre sopra questo testo effimero; nessun altro può rivelare più pienamente il grado di cultura e il valore mentale di un uomo.

Perché, badiamo bene, leggere non è soltanto ricevere: è anche rispondere e produrre. Lo scritto non dà che indicazioni e suggestioni, di cui la mente del lettore integra a suo modo, con le sue proprie forze, il contenuto. Il vero autore, diceva Novalis, è chi legge. Cosi il giornale è letto da tutti, ma utilizzato in tutta la sua sostanza da pochi, perché pochi hanno non pure la cultura, ma la vivace immaginazione che, al pari della storia, esso richiede perché le sue notizie sian seme che frutti pensiero.

Una notizia ha valore affatto diverso per il sapiente e per il suo portinaio; fa questo effetto o quello, secondo la ricchezza mentale di chi la accoglie. Al portinaio non appare in essa se non il fatto spicciolo e circoscritto; al sapiente invece soccorrono pronte associazioni d’idee e di ricordi, balenano improvvise visioni in cui il fatto si raffigura nel suo ambiente e ne’ suoi verosimili rapporti con altri fatti noti. Per l’uno il giornale è un arido registro dei casi correnti, accolti quasi tutti come novità; per l’altro è un quotidiano cenno di rappresentazione della vita del mondo, è un richiamo a riferimenti e a confronti che illustrano la continuità storica di quella vita e la sua relativa scarsezza di elementi nuovi. Il portinaio ci trova argomento a spettegolare, il sapiente a filosofare; e filosofare, diceva ancora Novalis, è vivificare, cacciar via la pigrizia, svegliarsi in ispirito. Onde la lettura del giornale è negletta o spregiata da due maniere di persone egualmente torpide: dalle persone estremamente frivole e irriflessive, che non sanno uscire da sé e dalle loro piccolezze private; e da certe persone estremamente assorte nella gravità delle loro occupazioni puramente intellettuali, da matematici, da metafisici, massime dagli studiosi esclusivi del passato remoto, chiusi nella loro sorda archeologia, ai quali il foglio pieno dei fatti del giorno sembra una leggerezza trascurabile.

Ciechi gli uni e gli altri. Io vorrei vedere qui tutti gli spiriti magni, gli autori della nostra civiltà, fino a Dante che nutrì di viva attualità le sue fantasie trascendenti e spiò con avida passione i moti politici e morali del mondo in cui viveva, facendo del suo poema una cronaca contemporanea ragguagliata ai concetti dell’ eternità; fino al Machiavelli che studiava gli uomini moderni per comprendere gli antichi, e nel succedersi giornaliero dei fatti presenti osservava la formazione della storia; e vorrei che fosse loro offerto il grande giornale nostro, il dono maraviglioso per cui a nessuno di noi resta più ignoto « passo che faccia il secol per sue vie ». Ma ci si precipiterebbero sopra, col rapimento di chi è illuminato da una rivelazione! E mai più smetterebbero un giorno di divorare questo diario della vita universale, veduta dall’Italia, piccola, ma sollecita di tutto sapere.

Se si vuole intera, nell’esercizio di tutte le sue potenze, l’attività dello spirito, bisogna ch’essa si compartisca fra le cose universali e necessarie, il passato, la scienza, l’arte, e le cose particolari e contingenti in mezzo alle quali vive, e alle quali appartiene, da queste a quelle passando con vigile coscienza dei loro rapporti. Quanto più uno sa e pensa, tanto meglio intende il valore storico e morale che ogni fatto può avere, e con tanto più attenta curiosità legge il giornale che racconta i fatti dell’oggi, pronti a entrare nella storia illustre o nella tradizione torbida e a generare il domani. Ma per possedere questa curiosità superiore, simile a quella di chi da un’altura osservi minutamente col cannocchiale tutto ciò che avviene nell’ampio cerchio della sua veduta, bisogna anche possedere la virtù spirituale più vivida e generosa, la virtù di simpatia, per cui tutto quanto spetta alla vita umana, remota o vicina che sia nel tempo e nello spazio, riesce interessante, e nulla ne rimane indifferente o estraneo. Tutte le specializzazioni sono limitazioni ottuse e piccine, ascetismi indegni del libero spirito moderno; il quale integra da sé l’opera necessariamente frammentaria e frettolosa dei giornalisti; ma onorandola e amandola come indispensabile al suo bisogno, perché sente che la sola cosa degna d’attenzione appassionata, a cui tutto si devolve, a cui deve metter capo ogni via del pensiero, è la vita, tutta quanta la vita, naturale e sociale, interiore ed esteriore, e che in essa non esistono elementi trascurabili e inutili.

Questo ragionamento, che non voglio allungare con troppo facili amplificazioni, si riferisce al giornale come repertorio di notizie, cioè al suo principalissimo ufficio e pregio d’informatore quotidiano. Non si riferisce, naturalmente, agli articoli, i quali possono servire come pericolose prove d’esame più per chi li scrive che per chi li legge.

Dino Mantovani, La lettura del giornale, «Il Corriere della Sera», 29 marzo 1909 (poi incluso in Id, Pagine d’arte e di vita, raccolte a cura Luigi Piccioni, Torino, Sten, 1915)—