“La Corte dei Nasi” di Antonio Ghislanzoni

Qual è l'uomo, per poco sia assiduo lettore di giornali, che mai non abbia impallidito e tremato dinanzi ad una frase in corsivo?

edward naso

Piperio III, re dei Panami, era un principe saggio e di indole assai mite. I suoi sudditi lo adoravano. Assunto al trono in età giovanissima, egli aveva proclamato ai suoi popoli uno statuto dei più liberali. Gli avventurosi abitatori della Panamia avevano veduto in pochi anni, mercè l’iniziativa del loro principe ben amato, realizzarsi tutte le riforme sociali e umanitarie reclamate dai tempi…. e dai ladri.

Piperio III poteva chiamarsi un re felice. Nel territorio a lui soggetto non esisteva che un solo giornale repubblicano il quale osasse talvolta indirizzargli qualche frizzo mordace. Piperio leggeva quel foglio tutte le mattine tra una fumata e una tazza di caffè. L’ottimo principe sorrideva dei lazzi democratici che lo assalivano. Egli si sentiva troppo integer vitae scelerisque purus, per irritarsi di ogni baja giornalistica.

Nullameno, la esistenza serena di questo principe privilegiato tratto tratto era annebbiata da una leggiera nubecola, da un’ombra nera, che poteva essere gravida di procelle. Quest’ombra era projettata da un naso, dal naso stesso del principe. La natura avea dato a codesto accessorio del volto principesco dei contorni così spiccati, e, diciamolo francamente, delle proporzioni così eccedenti, che a vederlo di profilo, quel naso attirava l’attenzione, e poteva provocare dei sorrisi irriverenti. Naso profilato, simmetrico, perfettamente modellato, ma alquanto più lungo dei nasi ordinari. Il principe, vedendolo riflesso dagli specchi, non osava arrestarvi lo sguardo, e sempre in vederlo sentiva una stretta nel cuore, e la sua fronte si increspava di una ruga sinistra.

Advertisements

Ma quelle impressioni di disgusto non erano che lampi fugaci. Piperio era amato dalla generalità, né giammai gli era accaduto di sorprendere nel volto di alcun suddito il menomo accenno di ironia all’indirizzo del suo naso. Quel principe osservatore, dopo dieci anni di regno, già cominciava a persuadersi che il difetto da lui solo avvertito, non fosse altra cosa che un’ottica menzogna degli specchi.

Ma la provvidenza non opera a caso | Quando crea un grand’uomo od un gran naso: e aggiungiamo pure quest’altra sentenza infallibile: Da grandi cause non possono prodursi che grandi effetti.

Strana potenza della parola stampata! A ridestare nella mente di re Piperio tutti gli allarmi assopiti, bastarono tre parole del giornale repubblicano stampate in corsivo.

Qual è l’uomo, per poco sia assiduo lettore di giornali, che mai non abbia impallidito e tremato dinanzi ad una frase in corsivo?

Era un bel mattino di maggio. Il re si svegliava da un olimpico sonno. A destra del letto, da una guantiera sfavillante di oro e di gemme, esalavano i profumi di un moca squisitissimo. Dall’altro lato, sovra un bacile d’argento cesellato, stavano schierati dodici grossi zigari del colore dell’ambra.

Il re accese uno zigaro, assorbì voluttuosamente un primo sorso di caffè, poi, sciolta la fascia al giornaletto democratico, tuffò in esso il suo sguardo penetrante e sereno.

Che è stato? Lo zigaro è caduto dalle auguste labbra. La mano convulsiva del principe tenta invano di riprendere la tazza… Se è vero che l’occhio del basilisco abbia potenza di istupidire i riguardanti, direste che il principe abbia appunto, in quella fitta compagine di parole stampate, incontrato lo sguardo del rettile fascinatore. Il primo movimento del principe fu quello di portare la mano al naso; dopo quell’atto, da pallido che era, l’augusto volto divenne livido e deforme.

Eppure la frase terribile non era formata che da poche innocenti parole allusive al ministro delle finanze: Noi speriamo che la nuova tassa votata dal Parlamento non avrà mai, sotto il regno dell’augusto Piperio una seria applicazione; il nostro re ha troppo buon naso per non comprendere l’impopolarità a cui egli stesso andrebbe incontro apponendovi la sua firma. Sì, noi lo ripetiamo, il nostro re ha troppo buon naso per commettere di tali errori!»

Sotto l’impressione di tale lettura, il re suonò il campanello con impeto violento. Il maggiordomo accorse nella stanza, e, vedendo la strana lividezza del volto regale, mandò un grido di all’armi. Il re fece uno sforzo per dominarsi, e, dissimulando, come poteva, il proprio turbamento, domandò al maggiordomo con voce abbastanza pacata: che tempo abbiamo, Battista?

—Bellissimo, maestà.

—Pure non veggo sole… Il cielo mi sembra bujo!

—Al contrario, maestà!… il sole è limpidissimo! una vera giornata di primavera… Se vostra maestà si degnasse di mettere il naso alla finestra…

Quelle parole furono uno zolfanello gettato nella polveriera. Piperio balzò dal letto, staccò dalla muraglia una lunga scimitarra, e la testa del maggiordomo rotolò sul pavimento. Tuttociò era accaduto in un lampo. Il re, dopo quell’impeto d’ira, ricadde sovra una seggiola come istupidito.

II.

Quell’atroce avvenimento rimase per alcun tempo involto di mistero. La giovane regina a cui l’augusto consorte era solito aprirsi interamente, non ebbe la parola di quell’enigma sanguinoso. Il fatto fu in diverse guise commentato alla corte; il popolo mormorò sommessamente, ma ben presto cessò di occuparsene.

Ciò che più seriamente dava a pensare alla regina, ai ministri, alla corte ed al popolo di Panamia, era lo strano cambiamento sopravvenuto nel carattere e nelle abitudini del principe. Quell’uomo sì mite e manieroso, sì affabile ed espansivo, di giorno in giorno diveniva più tetro e irascibile. Usciva rare volte dal palazzo, e sempre in carrozza coperta, a cortine abbassate. Passava molte ore rinchiuso nel suo gabinetto. Rare volte assisteva al consiglio dei ministri. Ogni qual volta gli accadesse di trovarsi in presenza di estranei, si notava nello sventurato una singolare premura di portare la mano al naso e di tenervela accavallata con una pertinacia inesplicabile. A quella posa insolita della mano, il primo ministro e consigliere intimo di re Piperio annodò, come vedremo, le fila che lo condussero alla scoperta del segreto.

Questo primo ministro e consigliere si chiamava Canella, e dopo la regina, era la persona più influente alla corte. Le sue osservazioni erano quasi sempre infallibili. Egli possedeva il colpo d’occhio che scruta i pensieri e approfondisce i più intimi arcani di un cuore. Un giorno, mentre la regina si doleva fra lacrime e singulti degli strani furori del principe, l’arguto ministro proferì a mezzo labbro tre parole: questione di naso! La regina, come ognun può immaginare, provò una scossa nervosa, e chinò il capo arrossendo.

Il gran Canella non s’ingannava. Per accertarsi, non gli rimaneva che tentare una prova sull’animo del re. Egli non pose tempo di mezzo. Un’ora dopo, il ministro ed il re si trovavano di fronte.

—Maestà! disse il ministro con accento risoluto; io son venuto a rassegnarvi le mie dimissioni…

—Io spero, mio ottimo Canella, che tu vorrai palesarmi le ragioni che ti spingono ad abbandonare il tuo sovrano in questo grave momento.

—Maestà! io vi ho sempre parlato colla massima franchezza, ed è quello che farò anche nell’ora di separarmi per sempre da voi… Da qualche tempo, vostra maestà è di un umore insopportabile. Per ogni nonnulla (e qui il ministro fissò nel volto reale una occhiata incisiva come un trapano), per ogni nonnulla vi sale la mosca al naso

—Sciagurato! gridò il re balzando dalla seggiola e portando la mano al pugnale…

Ma il ministro non gli diè tempo di tradurre in atto quell’impeto di collera, e, facendosi barricata di una sedia a braccioli, gridò a sua volta con voce di tuono: «O re, la tua ira mi ha tutto rivelato… Il mio sospetto è omai certezza.. Poiché non si tratta che di una questione di naso, io ritiro le mie dimissioni.»

Il re ed il ministro stettero alcun tempo immobili, guardandosi in silenzio. Il principe si sentì soggiogato. I suoi occhi si gonfiarono. Egli ricadde in sulla seggiola singhiozzando e ripetendo con accento convulso: «è vero: questione di naso!… questione di naso!»

L’arguto Canella non proferì che queste parole: «due soluzioni possibili: o tagliare… o incrociare!..»

III.

Le case dei regnanti hanno le muraglie di vetro.

Tutte le precauzioni imaginate dal gran ministro di re Piperio perché quel segreto di….. naso non uscisse dalla corte, tornarono infruttuose. Di là a poche settimane, non vi era principe d’Asia il quale non ne fosse informato.

—Voglio vedere questo naso!—esclamò il Re di Citrulia, appena letto il dispaccio del suo ambasciatore. E così parlando trasmise il foglio al suo primo ministro.

Il dispaccio era così concepito.

«Sire!

«Finalmente ci venne dato scoprire e siamo in grado di comunicare alla maestà vostra l’origine e la causa persistente della grave perturbazione di spirito avvenuta da pochi mesi nel re dei Panami. Questa perturbazione, che potrebbe o tosto o tardi dar luogo a serissime complicazioni politiche e produrre delle inaspettate tensioni nei rapporti dei diversi stati dell’Asia e dell’universo, ripete la sua ragione dal…. naso del re. Salvo dunque il rispetto che io debbo ad una sacra e reale maestà, io mi tengo in obbligo di informare il mio augusto sovrano e signore che il suddetto naso di re Piperio, per quali cause si ignora, ha preso in sul cadere dello scorso anno uno sviluppo così straordinario, da produrre il più vivo allarme nell’intero corpo diplomatico qui residente. L’altra sera, alla festa da ballo della baronessa Golasecca, ho inteso colle mie due orecchie l’ambasciatore di Noce Moscata esternare a tale soggetto delle opinioni molto avventate. Per mia parte non credo arrischiar troppo asserendo che quel naso è gravido di avvenimenti. Non tacerò alla maestà vostra che io non ho mancato, com’era debito mio, di ideare i più ingegnosi stratagemmi per avere accesso al sovrano onde verificare co’ miei propri occhi il singolare fenomeno. Tutte le mie pratiche riuscirono fino ad ora infruttuose. Il cameriere intimo del re, corrotto dal mio oro, mi assicurava l’altro ieri che il naso del suo augusto signore già sorpassa i due metri di lunghezza. Spero fra pochi giorni con nuovo sacrifizio di denaro, aver in mano la misura precisa, e in tal caso non mancherò di spedirla alla maestà vostra aggiungendo quelle altre informazioni di dettaglio, che naturalmente debbono interessarla. Profitto dell’incidente per insistere presso vostra maestà acciò si degni accordarmi un piccolo aumento di fondi segreti—mi pare che le circostanze lo esigano. Qualora tanto ottenessi dalla vostra grazia sovrana, io confido di indurre al più presto il già menzionato corruttibile cameriere a rilevare con cera o con gesso i contorni di questo naso eccezionale, che forse è già prossimo a partorire…. qualche cosa di inaspettato.»

»Accolga la maestà vostra, ecc., ecc., ecc.,»

—Decisamente voglio veder questo naso! ripeté il re di Citrulia—fra due giorni noi ci metteremo in viaggio. Tutta la corte mi seguirà…. Sarà la gita di piacere che tante volte ho promessa alla regina, ai ministri, ai generali, ai miei più affezionati. Vi prometto che rideremo! Voglio ben vedere le smorfie che vorrà fare il mio augusto cugino allorquando sarà costretto a sfoderare la sua proboscide al cospetto di tutta la mia corte!…. Presto! Gli si annunzi la nostra prossima visita!… Ah! vorrei essere nel suo gabinetto quando riceverà il telegramma!…. C’è a scommettere che il suo naso si allunga di due spanne!….

Di tal guisa parlando, il re di Citrulia si era lasciato cadere sui cuscini del trono, e rideva grossamente colle guancie e col ventre.

—Mi perdoni la maestà vostra—osservò timidamente il ministro—ma a me corre obbligo di ricordare che un tale viaggio verrà a costare una diecina di milioni, e mi pare che…. nelle attuali strettezze della Citrulia…

—I Citrulli hanno sempre pagato e pagheranno! interruppe il principe di mal garbo:—non annoiarmi colle tue economie, affrettati a dar gli ordini pel viaggio, e guai se mi aggiungi parola!

Il ministro fece un inchino fino a terra e si allontanò mormorando: «degno re dei Citrulli!»

IV.

Per poco che uno abbia delle nozioni mediocremente esatte in fatto di geografia, non può ignorare quale immensa distanza di mare separi la Citrulia dalla floride e popolose provincie della Panamia—I più celeri battelli a vapore, sotto le più favorevoli condizioni atmosferiche, non impiegano in quel lungo tragitto meno di quattro mesi. Il re e la regina dei Citrulli si posero in viaggio col loro seguito al principiare dell’aprile. Al momento del loro imbarco, il telegrafo sottomarino trasmetteva a Piperio un dispaccio, che doveva produrre sull’animo di quel nasutissimo fra i monarchi l’effetto di un colpo di fulmine.

—Guardie! soldati! gridava a tutta voce il disperato principe, percorrendo le sale del palazzo—non vi è dunque fra voi un uomo di cuore che mi salvi da tanta vergogna?… Il re dei Citrulli si avanza… non udite quelle voci di scherno? Che tardate? Sguainate le spade! Eccovi il naso ignudo!… ferite!… tagliate questo oggetto di scandalo e di abbominazione… Tagliate, vi dico, o che io…

E già quattro o cinque soldati avevano snudate le daghe, e stavano per lanciarsi all’assalto dell’augusta proboscide, quando un personaggio ben noto alla corte, voglio dire il ministro Canella intervenne in buon punto ad impedire il nasicidio.

—Sire! gridò il ministro, interponendo la sua tunica fra le daghe dei soldati e la punta del naso regale—io vi ho pur detto che nel caso vostro non si presentavano che due soluzioni possibili: o tagliare… o incrociare—La regina e tutte le persone a voi più affezionate propendono all’incrociamento piuttosto che al taglio—dunque…. incrociamo!

Chi vuol farsi ascoltare, procuri di non farsi capire—il sistema è altrettanto facile che sicuro; e l’astuto Canella n’ebbe una prova luminosa in quel solenne momento.

Il re, dopo breve silenzio e coll’aria di chi tutto comprende si volse al Ministro—Ebbene? quali effetti speri tu ottenere da codesto incrociamento?… Il re di Citrulia si avanza… Con quali intenzioni egli muova a visitarmi tu lo sai… tutti lo sanno…

—Sire! interruppe il Ministro—prima che io vi riveli il mio stratagemma, è necessario che voi rispondiate ad una mia domanda un po’ ardita….

—Parla!… ti autorizzo….

—Sapete voi dirmi esattamente quale risulti la lunghezza del vostro augustissimo naso, misurandolo colla mano dalla radice alla punta?

—Mezzo palmo né più né meno—rispose l’infelice monarca abbassando gli occhi e arrossendo come una fanciulla al confessionale.

—Ebbene, rispose il ministro con accento di trionfo—col mio sistema di incrociamento noi otterremo che, al solo vedervi, il re, la regina di Citrulia e tutte le persone del loro seguito rimangano con un palmo di naso.

—Un palmo!… Ah!… se ciò avvenisse… ti giuro, mio ottimo Canella, che io creerò per te un nuovo ordine equestre…

Ma il re non ebbe tempo di compiere la frase, perocchè il ministro, che aveva preparato il suo gran colpo di effetto, fece alzare le cortine di seta che dividevano la sala dal vestibolo—e uno strano spettacolo si presentò agli sguardi del principe.

Erano uomini? Erano rinoceronti? Erano elefanti? Ciò di cui nessuno avrebbe potuto dubitare gli è che fossero nasi.—Quando il ministro Canella gli ebbe fatti avanzare, allora soltanto il re Piperio fu in grado di accertarsi ch’erano propriamente individui della specie umana.

—Sire! ripigliò il ministro colla serena pacatezza di chi pregusta il trionfo di un’abile strategia—eccovi dinanzi i ventiquattro nasi più badiali e meravigliosi che mai si vedessero al mondo. Sono un prodotto delle nostre provincie, e c’è d’andarne orgogliosi. Innanzi l’arrivo del re dei Citrulli, ne troveremo parecchie centinaja del medesimo conio e forse anco più massicci—Vostra maestà comincia adesso a comprendere qualche cosa del mio sistema di incrociamento?

Il re pareva assorto in un’estasi di contemplazione, e non dava risposta.—Frattanto i ventiquattro nasi, sotto il comando del loro capitano, eseguivano delle evoluzioni bizzarrissime per le quali tratto tratto veniva intercettata la luce delle finestre.

La regina entrò nella sala inosservata.

La vista di quei nasi inverosimili parve affascinarla.—Stette….. guardò….. ammirò…. fu sul punto di cadere in deliquio.—Poi, volgendosi improvvisamente al marito tuttora assorto nello strano spettacolo.—Piperino mio! gli disse con amabile civetteria—se all’arrivo del re di Citrulia non trovi la maniera di allungarti quattro dita quel tuo gramo nasicciuolo da micio, in verità vorrai farmi una bella figura fra queste cappe da camino che manovrano nella tua corte!

Il re comprese, o parve comprendere.—Si guardò il naso in uno specchio, e il suo regale sorriso parve esprimere due sentimenti controversi di soddisfazione e di vergogna.

—Ebbene?—domandò il Ministro alquanto umiliato e perplesso.

Incrociamo! rispose il Re—ciò che più preme pel momento è che il re dei Citrulli non rida al naso di re Piperio.

V.

La fregata a vapore che conduceva a Panamia gli augusti ed illustri visitatori entrò il giorno due di agosto nel porto della capitale.—Al seguito del re e della regina si contavano non meno di due mila individui d’ambo i sessi.

Giusta gli usi del luogo e dell’epoca, sovra una piazza a poca distanza dal molo stava eretto un grandioso padiglione, dove tutti i grandi dello stato, ad eccezione del re e della regina, erano convenuti per prender parte al cerimoniale del ricevimento.

Il ministro Canella in abito di parata andò ad incontrare i principi stranieri, e, fatta secondo il costume una riverenza a schiena rivolta, proferì la sacramentale parola del benvenuto:

—In nome di S. M. Piperio III, re dei Panami; in nome dell’augusta sua consorte e degli augusti loro figli già nati e nascituri—a te Cucurbio XIV, ed alla tua augusta consorte Sabetta, ai vostri augusti figli che sono e che saranno, agli illustri del vostro seguito e seguito del loro seguito, benedizione e salute nella vita e nelle borse!—Nella mia qualità di ministro plenipotenziario del re e caudatario della regina, ho l’onore di presentarvi i grandi del regno!

A tali parole, i grandi del regno si avanzarono come un sol… grande.

—I grandi del regno! mormorò la Regina all’orecchio dell’augusto consorte—egli poteva ben dire: i grandi nasi!

Re Cucurbio, per dissimulare la sorpresa e la convulsione del ridere, rispose al ministro ed alla moglie con due sternuti.

Le donne della regina parevano affascinate. Da quella folta di gonnelle uscivano delle esclamazioni intermittenti: «che trombe!… che pifferi!… che canne! come sono organizzati questi signori!… Se tanto mi dà tanto, cosa sarà questo gran naso di re Piperio che fa parlare l’universo!

Ma il re e la regina dei Citrulli sono saliti col loro primo ministro nella carrozza di gala, e già procedono verso la città in mezzo alle acclamazioni del popolo ed ai suoni delle fanfare.

—Mio Dio! esclama la regina, abbandonandosi ad uno scoppio di infrenabile ilarità—abbassiamo i cristalli della carrozza—non vedi, Cucurbio? Se questi popolani fanatici mettono il capo dentro gli sportelli, noi moriremo sotto le puntate dei loro nasi. In verità, s’io dovessi vivere in questo paese, farei mettere dei paranasi alle carrozze!

Re Cucurbio non udiva più nulla. Egli era intento a studiare sopra una cartolina appiccicata al fondo del cappello, un discorsetto umoristico da indirizzare al suo augusto ospite. Quel discorsetto, abilmente redatto dal suo ministro allo scopo di promuovere l’ilarità degli uditori e la confusione di re Piperio, cominciava colle parole: Nas…cono e si nas…condono talvolta, ecc., e finiva coll’enfatica esclamazione: «mi par proprio in questa regia di trovarmi ai piedi del Parnaso

VI.

Frattanto la carrozza procedeva, e già toccava le porte del palazzo reale.

All’ingresso di quel palazzo stava schierato un distaccamento di guardie, la cui vista suscitò un hurrà di meraviglia.—I nasi di quelle guardie superavano in lunghezza e grossezza tutti i nasi fino allora veduti.

Se il naso di re Piperio è di una linea più lungo—mormorò Sabetta—in verità non capisco come questa regina dei Panami….

Ma in quel punto la carrozza si arrestò—gli sportelli si apersero—e due scudieri genuflessi invitarono la coppia reale a discendere protendendo i loro nasi perché servissero da predellino.

—Sabetta! esclamò a mezza voce il re dei Citrulli—io prevedo che difficilmente saprò conservare infino all’ultimo la mia serietà diplomatica—purtroppo questo naso di re Piperio produrrà delle tensioni inaspettate, e come giustamente prevedeva il nostro ambasciatore, partorirà una conflagrazione generale. Basta!.., Eccoci nella sala delle Cariatidi… Piperio non tarderà a comparire… Non ti scostare, Sabetta… Tu puoi aiutarmi a star serio… Poni il tuo piede sul mio, e appena vedi spuntare dalle cortine il gran naso del re, appoggiati con tutto il peso della persona su’ miei ventiquattro calli… Se è vero che il dolore paralizza la ilarità, noi riusciremo forse con questo innocentissimo stratagemma ad evitare delle collisioni molto più gravi.

Cucurbio ebbe appena il tempo di finire il discorso e Sabetta di applicargli i tacchi alle estreme falangi del piede, quando una voce da clarone annunziò l’entrata di re Piperio e della sua augusta consorte.

—Salute al re dei Citrulli!—salute alla degna sua sposa—salute alle nobili dame ed agli illustri cavalieri che si piacquero visitare i miei stati!

Tali parole profferì Piperio solennemente, avanzandosi di tre passi per abbracciare il monarca straniero.

Cucurbio lanciò di sbieco una occhiata nelle profondità del cappello per richiamarsi alla mente l’esordio del suo discorso.—Poi, nell’atto di alzare lo sguardo al volto dell’augusto suo ospite, non mancò di ripetere sottovoce alla moglie:—«premi i calli, Sabetta… o ch’io mi perdo!»

Che è stato?… Perché gli sguardi di Re Cucurbio errano smarriti in quel folto laberinto di nasi che formano il cortegio di re Piperio?…

Ma ecco, le labbra di re Cucurbio si agitano per moto convulso, e riescono finalmente a formulare una domanda:

—Qualcuno di loro signori… saprebbe di grazia indicarmi con precisione quale sia l’augusto mortale a cui si competa il nome ed il titolo di re Piperio?

—Io sono quel desso—risponde Piperio, avanzandosi d’altri tre passi.

—No! no! non è possibile! tradimento! tradimento! ruggisce il re di Citrulia, arretrando fino al fondo della sala. Si chiami il mio ambasciatore. Egli solo potrà smentire l’inganno, se è vero che qui inganno ci sia. Che se poi la menzogna, il tradimento fosse opera di lui, se egli avesse esagerato ne’ suoi dispacci, se io dovessi nel più mingherlino e spuntato dei nasi riconoscere il naso di re Piperio; in tal caso… (io qui lo giuro per la mia e per la sacra barba di mia moglie) la testa di quel fellone si vedrà rotolare all’istante su questi tappeti.

Un cupo mormorio si sollevò dalla sala, non appena Cucurbio ebbe finito di parlare. Pareva a tutti di trovarsi in presenza di uno di quei prologhi misteriosi e fatali da cui si sviluppano le più sanguinose tragedie.

I seguaci di re Cucurbio stringevano le else… La regina Sabetta, in un crocchio di dame e di damigelle, esprimeva i più strani commenti:

—Che quel naso sia rientrato per effetto di una commozione troppo viva?… Ho inteso dire che un tale fenomeno si è spesso avverato…!

—In verità, rispondevano le dame, dopo tanta aspettazione… e in confronto degli altri… quel nasuccio fa proprio compassione a guardarlo.

Frattanto, trascinato da due dragomani, lo sciagurato ambasciatore del re di Citrulia, l’autore del fatale telegramma, col volto livido e abbattuto giungeva nel mezzo della sala.

—A te!—grida Cucurbio con voce stonata; leva la fronte, gira gli occhi d’intorno, e poi fa di additarmi quale sia fra tanti nasi il vero re dei Panami.

L’ambasciatore si levò tutto tremante, e, accostandosi col debito rispetto a re Piperio, gli toccò leggermente la pantofola coll’indice.

—Dragomani! urla Cucurbio—levate le daghe, e la testa di questo fellone rotoli all’istante sul pavimento.

I dragomani si avanzano…. L’ambasciatore alza un grido—in tutta la sala si manifesta la più viva agitazione—allorquando re Piperio, avanzandosi nuovamente di tre passi, interpone il suo naso fra la vittima e i carnefici.

—Mio regale cugino, augusta Sabetta, ministri, signori, dame e damigelle dei due regni disuniti, ascoltate la voce della giustizia e della verità! Quest’uomo è innocente…

—Innocente! brontola re Cucurbio.—Ma dunque… chi sarà dunque colpevole?… Io non commetterò l’indelicatezza di credere che voi, mio augusto cugino, abbiate voluto farvi gioco della mia e della generale aspettazione, sottraendo con qualche prestigio o sortilegio per noi inconcepibile, un naso che tutti i principi dell’Asia anelano di ammirare e di inchinare…. Se ciò fosse, voi comprendereste, o regale cugino, ch’io avrei mille piuttosto che una ragione per ritenermi corbellato ed offeso—e ch’io dovrei da questo momento presentarvi un ultimatum.

Re Piperio sorrise. Egli era troppo lieto e superbo del trionfo ottenuto, per dissimulare o alterare menomamente la verità. La sua risposta fu dunque schietta, calma e dignitosa.

Egli espose tutta la istoria delle sue apprensioni… Narrò della fiera, insanabile melanconia ond’era stato assalito… Non dissimulò i vivi risentimenti e i propositi disperati del giorno in cui gli venne annunziato che il re di Citrulia muoveva alla volta dei suoi Stati per farsi giuoco di quella eccedenza che a lui, re Piperio, cagionava le più orribili angoscie.

—Fortunatamente, concluse l’oratore, Iddio mi ha messo al fianco un uomo di genio, uno di quei ministri che sono la benedizione dei principi e degli stati.—Il suo stratagemma era semplicissimo: «Chiamate intorno a voi i più grandi nasi del regno, formatevi una corte di nasi, che in lunghezza, grossezza e capacità vincano il vostro.—Allorquando il re Cucurbio e le persone del suo seguito avranno veduto le proboscidi dei vostri cortigiani e delle vostre guardie di palazzo, il vostro naso, per una illusione ottica naturalissima, farà l’effetto di un nano in una assemblea di giganti…

—Oh il bravo! oh! l’astuto! oh! il meraviglioso ministro!—gridarono ad un tempo migliaia di voci, quando Piperio ebbe finito di parlare.

Canella, come un attore chiamato al proscenio, fece un profondo inchino all’assemblea e poi, nel silenzio generale, proferì questi detti:

—Spero bene che la lezione potrà giovare in molti casi a tutti i ministri che sono o che verranno.—Quando, per esempio, un ministro si avveda che il suo re è un imbecille, ricordando la Storia dei nasi, troverà subito il modo di farlo passare per un uomo di spirito…

—Come? sentiamo!—domandarono ad un tempo il re dei Citrulli e il suo ministro.

—Circondandolo di cretini—rispose Canella.

*La Corte dei Nasi di Antonio Ghislanzoni, in Id., Racconti e novelle, Milano, Sonzogno, 1874