Riforma porti, Briano (Pd): “nessuna guerra di campanile ma una battaglia di sostanza; Burlando faccia proprie le istanze del Pd savonese”

La Direzione del PD di Savona ha approvato ieri sera all’unanimità dei brianopresenti un documento di sintesi che rappresenta la posizione ufficiale del partito savonese sull’annunciata riforma del sistema porti. «Abbiamo ritenuto fosse importante – spiega il segretario Provinciale Fulvio Briano – sottolineare come a differenza di quanto lamentato da alcuni esponenti anche del nostro partito la nostra non è affatto una “guerra di campanile” ma una battaglia di sostanza che recepisce le istanze di un territorio, quello savonese, che necessita di riforme vere e non di semplici tagli a cose che funzionano. Mi auguro a questo punto che il PD a livello regionale recepisca le nostre istanze e che il Presidente Burlando le faccia proprie: sarebbe un segnale importante, questo, che il Governo non potrebbe ignorare».

PD – Savona. Il PD savonese riguardo alla discussione sul merito della riforma dei porti ed alla possibilità di accorpamento o soppressione dell’Autorità Portuale di Savona (spending review), ha elaborato la seguente proposta che, sinteticamente, si può riassumere nei seguenti punti:

SI all’invito del Premier Matteo Renzi per una riforma del “sistema porti” che sia il risultato di un percorso di integrazione e sinergia tra porti (appartenenti allo stesso sistema infrastrutturale e logistico), per poter essere in linea con le direttive dell’Unione Europea, allo scopo di una maggiore forza e competitività sia sul mercato nazionale che internazionale. Tale percorso, per il sistema dei porti liguri, deve includere Savona, Genova e La Spezia, i cui mercati di riferimento (attuali e in prospettiva) e le cui reti infrastrutturali sono largamente coincidenti:

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SI ad una discussione, ai fini della riorganizzazione della governance, che consideri con obiettività le ragioni ed i criteri con cui sono stati definiti a suo tempo i porti cosiddetti “core”. I presupposti sulla base dei quali molti dei porti, soprattutto al sud, sono stati considerati porti “core” non ha nulla a che fare con il volume dei traffici e degli affari. Ed infatti: Il porto di Savona ha una dimensione operativa ed imprenditoriale già oggi maggiore di alcuni dei cosiddetti porti “core” e dal 2017, con l’operatività della piattaforma APM Terminals, raggiungerà traffici contenitori ben superiori alla soglia discriminante per i porti CORE TEN-T. Il porto di Savona/Vado, secondo i dati ISTAT relativi al 2012 è il 12° porto italiano per traffici complessivi, sopravanzando 5 porti considerati “core” dalla proposta di riforma e, quindi, candidati a mantenere lo status di Authority: l’indice di efficienza elaborato dal Ministero delle Infrastrutture e Trasporti colloca l’Autorità Portuale di Savona davanti a 7 porti considerati, appunto, “core”; è il quinto porto in Italia per gettito fiscale generato (1,2 miliardi di €) davanti a 12 porti “core” ed è al 7° posto per entrate da canoni di concessione. Le modalità con cui sono stati definiti a suo tempo i porti “core” e, soprattutto, quelle che sono state strumentali per aggiungere a questi, altri porti per salvarne l’autonomia, hanno a che fare (anche) con la “vecchia politica”;

SI ad un’eventuale discussione (laddove l’azione di governo intenda, comunque, procedere con il metodo della spending review anche per le Autorità Portuali) sulla riforma che individui in Liguria un’unica Autorità Portuale su base regionale o la permanenza delle attuali tre Autorità Portuali, legate, però, da un patto di consultazione e coordinamento, con clausole vincolanti e la possibilità, in caso di inadempienza, di intervento di un’entità sovraordinata che potrebbe essere la Regione, senza creare ulteriori enti appositi (da valutare l’ipotesi di utilizzare la già esistente Ligurian Ports che, con opportune modifiche statutarie, può consentire di avviare subito il percorso di integrazione senza costi aggiuntivi e senza ulteriori interventi legislativi);

SI ad una discussione che riguardi nel merito le principali tematiche portuali con il fine del raggiungimento dei seguenti obiettivi:

-attribuzione alle Autorità Portuali del potere decisorio in materia di approvazione del Piano Regolatore Portuale mediante lo strumento della Conferenza dei Servizi che coinvolga tutti i soggetti istituzionali, comprese le Regioni ed il Ministero dell’Ambiente;

-svincolo delle attività di dragaggio e manutenzione dei fondali dalle previsioni di PRP;

-programmazione delle infrastrutture di supporto (strade, ferrovie, interporti, ecc) e la definizione delle regole d’accesso alle stesse (partecipazione ed interlocuzione con tutti gli stakeholders come ANAS e RFI sull’argomento);

-attenzione alle tematiche portuali di interesse trasversale (ad esempio: concessione di servizi portuali, rimorchiatori, rapporto con i ministeri per la semplificazione delle procedure doganali);

– regole e procedure per le concessioni demaniali (ad esempio: rinnovo delle concessioni in scadenza). In quest’ottica, le singole Autorità Portuali mantengono piena autonomia funzionale e operativa e con ciò viene assicurata la salvaguardia del volume di investimenti in atto sui singoli porti. Nel caso del porto di Savona/Vado tali investimenti, relativi alla piattaforma APM Terminals, alle opere correlate e ad altri interventi, valgono circa 600 mln di €;

-valorizzazione dell’autonomia finanziaria eliminando il tetto attualmente esistente alla compartecipazione del gettito IVA e introducendo un meccanismo automatico per il suo trasferimento alle Autorità Portuali, così come avviene per gli altri tributi;

-effettiva autonomia amministrativa e gestionale, con il preciso vincolo di bilancio a saldo positivo o, al massimo, in pareggio;

-valorizzazione della qualità del lavoro portuale, in un mercato competitivo. Nelle diverse linee di riforma dei porti non viene mai citato il tema del lavoro portuale. Si paventa lo spettro della deregolamentazione. Si teme la riproduzione del fenomeno del lavoro a basso costo e bassa qualità avvenuto in molti interporti. Occorre definire ed introdurre elementi di tutela, semmai di flessibilizzazione dell’utilizzo delle norme sul lavoro portuale ma occorre scongiurare la liberalizzazione del lavoro nei porti e nei retroporti, sia per le attività di movimentazione di merci e di persone che nei servizi tecnico nautici;

NO alle forme e ai modi con cui la discussione sulla riforma dei porti si è sviluppata fino ad oggi, ritenendo che:

-il Partito su base territoriale debba contare ed essere preso in considerazione nella discussione per incidere in modo serio sulle decisioni che verranno assunte a livello centrale;

-le comunità che lavorano dentro il porto e quelle che lavorano alle spalle delle banchine devono essere coinvolte nell’iter di riforma, per essere responsabilizzate e per essere partecipi in prima persona;

-i Comuni e le comunità locali che essi rappresentano debbano essere coinvolti con una reale possibilità di incidere alla luce del rilievo economico che dall’attività produttiva ne discende, ma anche per la complessità gestionale dell’impatto che la stessa ha sulla vita quotidiana dei cittadini e del territorio;

NO ad un riforma frettolosa ed ideologica, che indebolirebbe tutto il settore portuale, savonese e ligure, e produrrebbe un drammatico peggioramento dell’efficienza delle strutture amministrative coinvolte; oltre ad avere pesanti ricadute sul sistema produttivo non solo provinciale ma di un’area più vasta, che comprende le regioni del Nord Ovest, le cui imprese traggono dalla sfida competitiva in banchina, rilevanti vantaggi in termini economici e di servizi.

La Direzione Provinciale dà mandato alla Segreteria Provinciale affinché la posizione del PD savonese, così come sopra sviluppata, venga portata alla discussione di un tavolo regionale, sia all’interno del Partito, sia per il tramite di esso, agli organismi regionali competenti.