Ad Alassio Franco Ravera alla Sala Carletti insieme a Leonardo Prascina

di Claudio Almanzi – È ritornato ad esporre nella “Città del Muretto” il visionario artista alassino Franco Ravera. La personale, che proseguirà fino al 23 giugno, è ospitata nella sala delle esposizioni della Associazione Vecchia Alassio, in Via XX settembre. In occasione del vernissage della mostra, è avvenuta anche la presentazione del libro “Rosso Mediterraneo” di Leonardo Prascina, savonese, giornalista e pubblicitario di fama, oggi romanziere. Per Ravera si è trattato di un ritorno alla Sala Carletti dove l’artista alassino aveva già esposto alcuni anni or sono con successo e tanti elogi dai propri concittadini, e con grande interesse da parte della critica e considerazione dagli esperti ed appassionati d’arte.

Grande amico di Ravera ci sarà anche il romanziere Leonardo Prascina ha presentato al pubblico il primo volume della sua saga “Rosso Mediterraneo, ambientato alle foci del Rodano. La personale, ospitata nel cuore del celebre “budello” alassino, offre la possibilità di ammirare le ultime creazioni di Ravera, che ha al suo attivo numerose ed importanti personali e collettive, fra le quali quelle a Finale Ligure, Sanremo, Sorrento, Roma ed Albenga. Artista vero, senza pregiudizi, sa spaziare nel mondo variegato del colore e della forma, con grandi guizzi di innocenza e fantasia, uniti ad un forte gusto dell’equilibrio. Aperto all’innovazione, con coraggio, sovverte spesso tutto quello che ci si aspetterebbe, dopo aver visto il travolgente Novecento.

Ravera, che è nato a Genova nel 1951 ed attualmente vive ed opera ad Alassio, nel suo studio in via Mazzini 4, presenta questa la mostra dal titolo: “Sempre grandi sempre piccoli, ma vivi nel presente”. “Cerco di esprimermi – ci ha spiegato l’artista- e nello stesso tempo di suscitare emozioni in coloro che saranno i fruitori della mia arte. Per questo sono sempre attento a questi due aspetti: me stesso ed il mio ipotetico spettatore. Poi naturalmente cerco sempre di fare laboratorio, di andare sempre oltre, di non fermarmi a soluzioni già provate o viste”. Così, con occhio quasi fanciullesco, mescola la tradizione all’avanguardia e, con una forte solidità esecutiva, narra di mondi possibili, ma immaginari ricordandoci un Gianni Arde prima maniera o un Auro Albertini maturo, sempre con un forte filo narrativo artistico-letterario a cavallo fra Mirò, Calvino e Queneau.

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“Ogni suo pezzo è fresco e vivace- dice di lui il noto critico d’arte e gallerista Daniele Decia – ed aperto a mille soluzioni, per questo è giusto l’accostamento a certo Pinot Gallizio, così come nasce immediato un riferimento ad artisti come Auro Albertini o Gianni Arde”. Ravera, molto spesso, fa un singolare uso della materia e del colore e trovando personali soluzioni plastiche e stilistiche. Ama l’arte e arricchisce le sue tele con chiari riferimenti ed omaggi a grandi maestri: da Caravaggio, a Mirò, da Duchamp a Pollock a Botero. Fa uso con maestria della tecnica mista non disdegnando mescolare gesso, terra, cartone, plastica, carta straccia ed altri materiali che sembrano fin quasi il tentativo di recuperare dall’ affresco rinascimentale la solidità di un fondo impregnato di colore e materia che si fonde, dando origine a forme oniriche ed immaginarie con concreti riferimenti al reale, raggiungendo il giusto equilibrio di fra la forma ed il contenuto.

“Questa mostra – spiega Ravera- vuole rappresentare l’occasione, dopo la lunga chiusura per la pandemia, per rinascere e per far conoscere al pubblico le mie ultime soluzioni dettate da una continua ricerca e sperimentazione, due cardini che sono sempre stati alla base del mio percorso artistico”.