Coronavirus e animali d’affezione, che cosa si può fare e che cosa no; on. Brambilla: “garantiti alimenti e tutela della salute”

Michela Vittoria Brambilla

Savona / Roma | Emergenza coronavirus e animali. “I punti vendita che commercializzano alimenti e beni per animali d’affezione sono considerati ‘di prima necessità’ e quindi rimangono aperti, come avevamo chiesto” afferma l’on. Michela Vittoria Brambilla, presidente dell’Intergruppo parlamentare per i diritti degli animali e della Lega italiana per la Difesa degli animali e dell’ambiente, che fornisce altri chiarimenti sul decreto (Leggi QUI Emergenza coronavirus: cosa resta aperto e chi deve chiudere). “La vita e la salute degli animali – ricorda l’ex ministro – sono beni tutelati dal codice penale”.

In generale, ci si può spostare con gli animali facendo l’autodichiarazione, se l’esigenza è determinata da situazioni di necessità. Sono quindi permesse, in quanto necessità fisiologiche, le normali “passeggiate” con il cane per lo sgambamento e i bisogni. Anche da un Comune all’altro, se occorre, sono consentiti gli spostamenti per indifferibili necessità mediche dell’animale, ovviamente munendosi di autocertificazione e (meglio ancora) di certificato veterinario.

Tra queste necessità rientra l’acquisto di alimenti, normali e speciali, e di tutto quanto serve per accudire. Ma non sarà indispensabile spingersi troppo lontano, perché i negozi di e per animali, come richiesto al governo dell’Intergruppo parlamentare, restano aperti. In base allo stesso principio di necessità, i volontari autorizzati che prestano la loro opera in un canile o in un gattile per alimentare o assistere gli animali, possono, con l’autocertificazione, proseguire nella loro attività. Basterà l’autocertificazione anche per occuparsi dei cani di quartiere o delle colonie feline.

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È invece sospesa, perché differibile, la gestione di percorsi adottivi. Comprese le operazioni di affido degli animali da parte dei canili sanitari e dei rifugi, salvo esigenze inderogabili.