Sharing economy, in Liguria 30 mila artigiani a rischio

Giancarlo Grasso
Nella foto: Giancarlo Grasso, presidente di Confartigianato Liguria

Sono 30.548 le micro e piccole imprese artigiane liguri potenzialmente interessate dalla cosiddetta “sharing economy”, l’economia collaborativa basata su modelli imprenditoriali che, facendo leva su piattaforme di collaborazione, creano un mercato aperto per l’uso temporaneo di beni o servizi, spesso forniti da privati.


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Un tipo di economia che associa potenziali vantaggi per i consumatori (accesso a nuovi servizi, ampliamento della gamma di scelta, prezzi concorrenziali), a possibili “distorsioni” sul lato dell’offerta. Distorsioni che generano soprattutto incertezza sulle norme applicabili, con il rischio di ampliare quelle “zone grigie” in cui non solo vengono aggirate le leggi, ma viene anche a mancare la tutela per la collettività.

I dati (Unioncamere-Infocamere) emergono dall’ultima analisi dell’Ufficio Studi Confartigianato, secondo il quale la Liguria si colloca al quarto posto in Italia per incidenza del numero di microimprese artigiane sul totale delle realtà liguri potenzialmente interessate dal fenomeno (pari al 35,3%). A livello provinciale, tra le incidenze maggiori c’è anche Savona, al secondo posto con il 41,1% (dopo Reggio Emilia 44,9%) e 6.428 microimprese interessate. Per ciò che riguarda gli altri territori in regione, Genova conta 15.793 realtà artigiane potenzialmente interessate dal fenomeno (l’incidenza è del 33,2%). A Imperia se ne contano 4.980 (il 39,1%), alla Spezia sono 3.408 (31,6%).

«Un fenomeno cresciuto negli ultimi anni, anche come conseguenza della crisi economica, e spesso difficile da controllare anche a livello normativo – commenta Giancarlo Grasso, presidente di Confartigianato Liguria – Proprio per questo, la cosiddetta economia collaborativa rischia di amplificare il fenomeno del sommerso, che secondo le ultime valutazioni vale 194,4 miliardi di euro e il 12% del Pil, generando così una concorrenza sleale nei confronti delle nostre micro e piccole imprese artigiane, che lavorano regolarmente sul mercato».

Guardiamo ai principali settori interessati: i servizi, sia quelli ai consumatori, sia quelli alle imprese, sono i più “gettonati” dalla sharing economy e, di conseguenza, rappresentano anche la realtà artigiana maggiormente interessata dal fenomeno. In Liguria si parla di circa 25 mila microimprese attive nei servizi al consumatore e oltre 800 nei servizi alle imprese. Seguono i trasporti, in cui si contano oltre 2.800 realtà artigiane toccate dal fenomeno.

L’alimentare riguarda quasi 1.600 microimprese liguri, mentre formazione e cultura contano circa 190 realtà in regione.
Una situazione che si rispecchia anche nel dettaglio provinciale: a Genova la stragrande maggioranza di imprese artigiane interessate dalla sharing economy è attiva nei servizi a imprese e persone (12.962 realtà). Lo stesso accade a Savona (5.526), a Imperia (4.494) e alla Spezia (2.856). Per quello che riguarda la mobilità, nel capoluogo si contano 1.867 microimprese attive nei trasporti e interessate dall’economia collaborativa, mentre a Savona sono 398. A Imperia e alla Spezia sono, rispettivamente, 269 e 271.

Infine, il terzo ambito più interessato è l’alimentare: 803 microimprese artigiane genovesi, 370 savonesi, 178 a Imperia e 229 nello spezzino.
«Non abbiamo posizione preconcette contro la sharing economy – conclude Grasso – ma, essendo a tutti gli effetti un’attività imprenditoriale, chiediamo che ci siano regole uguali per tutti».