La crisi non risparmia l’artigianato rosa: in Liguria dell’1,9% in un anno

In Liguria l’artigianato “rosa” conta 11.444 donne che ricoprono cariche donne manager generica G00all’interno di una micro e piccola impresa: in calo dell’1,9% rispetto al 2013, dato ben più pesante di quello nazionale (-0,8%), rappresentano il 20% degli imprenditori artigiani liguri totali.
Secondo l’analisi dell’Ufficio studi di Confartigianato su dati Infocamere, quasi la metà di loro (in diminuzione dell’1,1%) sono titolari d’impresa, il 29,7% sono socie (-2,1%) e il 23,4% rivestono altre cariche (-3,5% rispetto al 2013). «Un dato, quello italiano, relativamente incoraggiante – spiega Valeria Maione, economista e consigliera regionale di parità – a differenza di quello regionale, che ci impone invece massima attenzione e un intervento a favore della componente economica femminile. Le titolari di un’impresa artigiana, vere e proprie protagoniste dell’economia del comparto, sono circa 5.300 in tutta la Liguria: anche da loro dobbiamo aspettarci un forte impulso al superamento della crisi». La maggior parte delle titolari, circa 4.100, si concentra nei servizi all’impresa e alla persona. «Si tratta dell’unico comparto che in Liguria ha retto nell’ultimo anno – osserva Raffaella Rognoni, presidente donne impresa di Confartigianato Liguria – I servizi alle imprese crescono dello 0,9%, quasi in linea con il dato nazionale, mentre quelli alla persona hanno subito un leggero calo dello 0,3% nell’ultimo anno. Costruzioni, segmento tradizionalmente maschile, e manifatturiero crollano invece del 4%: si tratta, rispettivamente, di 285 e 950 realtà individuali in Liguria, che rappresentano il 5,3% e il 17,7% dell’artigianato femminile della regione. Entrambi i comparti non reggono il confronto con l’andamento nazionale». In Italia, tra 2013 e 2014, il manifatturiero scende del 2,2%, mentre le costruzioni segnano addirittura un rialzo dello 0,5%.
A livello provinciale, l’artigianato rosa è cresciuto solo in 18 province italiane. Tra quelle che hanno subito i cali maggiori troviamo anche Imperia (-4,1%) e La Spezia (-3,5%), che contano entrambe 1.600 artigiane con cariche imprenditoriali. Tiene Genova (5.764), con un calo di un punto percentuale in un anno, e Savona (2.386 imprenditrici), che segna -1,6%. Migliora leggermente la situazione per le “imprenditrici di se stesse”: le titolari di imprese individuali scendono solo dello 0,4% a Genova (che ne conta 2.577), a Imperia (862) e La Spezia (787) segnano rispettivamente -3,3% e -2,6%, mentre a Savona si registra addirittura un timido +0,4% (1.143 titolari). Pesano soprattutto i cali del manifatturiero a Imperia (-11,5%) e delle costruzioni alla Spezia (-11,9%), mentre in rialzo i servizi alle imprese genovesi (+1,4%) e savonesi (+6,7%) e, sempre a Savona, le costruzioni (+5,4%).
Ma in quale contesto di welfare le artigiane liguri riescono a conciliare il binomio casa-lavoro? Un tema affrontato anche nel corso dell’assemblea annuale di Donne impresa a Roma: le imprenditrici hanno focalizzato l’attenzione proprio sulla necessità di avere gli stessi diritti delle lavoratrici dipendenti, non solo in ambito conciliazione casa-lavoro, ma anche agendo sulla leva fiscale, parificando i congedi parentali e l’allattamento e permettendo sgravi fiscali durante la maternità.
Un’alta qualità di “benessere sociale” aiuterebbe a diminuire il peso degli impegni familiari che, secondo gli ultimi dati Istat-Cnel, nel 71,9% dei casi sono a carico della donna. A questo proposito, in Liguria troviamo la quota più alta di posti letto nei presidi residenziali e socio-assistenziali ogni mille abitanti (9,3), mentre solo il 3,5% degli anziani sono presi a carico dal servizio di assistenza e il 16,2% dei bambini fino a 2 anni ha usufruito dei servizi per l’infanzia a carico del Comune. Solo l’8% delle famiglie liguri ha dichiarato difficoltà a raggiungere la scuola materna, mentre il 17,9% il 20,5% ritiene difficoltoso raggiungere le scuole medie e superiori. La Liguria, che ricordiamo essere ultima in Italia per tasso di natalità (7 per mille) e agli ultimi posti per tasso di fecondità (1,19 figli per donna contro la media italiana di quasi 1,3) si colloca tra le prime regioni in cui è maggiore la spesa dei Comuni per le scuole dell’infanzia. Gli utenti incidono solo per il 12,3% sulla spesa totale impegnata nei nido. Subito dietro a Lazio (10.417 euro), Valle d’Aosta (8.910) e Provincia autonoma di Trento (8.653), in Liguria il costo per utente a carico dell’ente pubblico è di 8.190 euro, contro i 1.150 euro sulle spalle del singolo cittadino.