Verso Su la Testa 2012: intervista a Federico Sirianni

(foto)di Alfredo Sgarlato – Il festival Su la Testa 2012 si avvicina e noi corsari abbiamo pensato di rivolgere alcune domande, tre standard e una personalizzata, ai musicisti che arricchiranno Albenga con la loro presenza. Il primo a risponderci è il talentuoso cantautore Federico Sirianni.

Ma prima dell’intervista, vi ricordiamo che il festival avrà anche due interessanti eventi pomeridiani, in collaborazione con Albenga Corsara, giovedì 6 e venerdì 7 dicembre alle ore 17 presso Palazzo Scotto Niccolari: la presentazione de “La sostenibile essenza della leggera”, il primo disco solista del violinista Fabio Biale, e una tavola rotonda sul cinema con Davide Aicardi, Adriano Sforzi, Mario Mesiano e altri ospiti a sorpresa.

Ed ecco ora domande e risposte a Federico Sirianni:

D.: Oggi c’è un forte movimento musicale in Italia: tempi di crisi aumentano la creatività?

R.: Non so esattamente a cosa ti riferisci. Se parli di quell’ambito che viene comunemente definito “indie” può darsi, ma ne sono lontanissimo. A me sembra invece che l’ultimo ventennio abbia portato un enorme vuoto creativo e il fatto che chiunque sia legittimato da ‘sti tempi grami a esser definito attore, cantautore, scrittore, eccetera, non fa che rendere ancora più melmosa la palude, una palude dove l’artista e il parvenu ormai galleggiano a fianco e uno non s’accorge più nemmeno dell’altro.

D.: Chi suona musica d’autore trova molto meno spazio rispetto alle cover band; qual è la vostra esperienza?

R.: Ho sempre trovato abbastanza buffo il fatto che ci siano musicisti che passano la loro vita a emulare artisti famosi, vestendosi e atteggiandosi come Vasco, Ligabue, Freddy Mercury e, ultimamente, anche i poveri Gaber e De Andrè, solo per citarne alcuni, ma ancora più buffo che ci sia un pubblico, peraltro numeroso, che li segua. Però il mondo è vario ed è giusto sia così. Forse manca un po’ di curiosità a cercare il nuovo, forse molto del nuovo che c’è non è all’altezza del vecchio. Io piuttosto che andare a sentire una cover band sto a casa in compagnia degli originali.

D.: La Liguria è davvero la terra dei cantautori? E come trovate il pubblico ligure rispetto a quello di altre parti di Italia?

R.: In Liguria e più precisamente a Genova, per strane alchimie o congiunzioni astrali, si sono incontrati artisti in seguito definiti cantautori, provenienti spesso da altri luoghi, che han dato vita alla famosa “scuola” genovese. Quelli più o meno della mia generazione si ritrovavano a casa del pianista Marco Spiccio, alla Foce, per suonare, scambiarsi idee e bere tantissimo. Ultimamente non so come funzioni anche perché vivo a Torino da una dozzina d’anni. Il pubblico ligure è il “peggiore”, nel senso migliore del termine, ovvero esigente, attento, inflessibile.

D.: Nei monologhi con cui presenti le canzoni nei tuoi concerti parli sempre di Genova, città dei cantautori. È un vantaggio o un peso per un musicista essere di Genova?

R.: Non mi sembra di parlare così tanto di Genova città dei cantautori. Ho descritto Genova in alcune canzoni, in qualità di meraviglioso set dove ambientare certe storie, dove far muovere certi personaggi. In quel senso è sicuramente unica. Poi resto affezionato alla mia città come a una vecchia amante bella e con un pessimo carattere.

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3 Commenti

  1. Quello sulle cover band è medaglia d’argento, perchè l’oro va a questo passaggio:

    “A me sembra invece che l’ultimo ventennio abbia portato un enorme vuoto creativo e il fatto che chiunque sia legittimato da ’sti tempi grami a esser definito attore, cantautore, scrittore, eccetera, non fa che rendere ancora più melmosa la palude, una palude dove l’artista e il parvenu ormai galleggiano a fianco e uno non s’accorge più nemmeno dell’altro”…

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