Burlando a Claudio Scajola: ma a che titolo ti occupi di CARIGE?

di Mary Caridi – Domanda interessante che la dice lunga su cosa si muova dietro l’affaire fondazione e banca Carige. Il governatore Burlando ha scritto nero su bianco sulla sua pagina facebook il suo pensiero su questa vicenda e anche per la rilevanza che avrà sull’economia ligure e la tenuta della banca, vale la pena leggerla con attenzione, soprattutto in alcuni passaggi. Ecco il testo integrale e chi avrà la pazienza di arrivare fino in fondo alla lettura, avrà quantomeno elementi di chiarezza in più che consentano di leggere in modo differente anche le critiche e gli attacchi da destra, al suo intervento e  alla sua ricostruzione dei fatti e le possibili e paventate conseguenze disastrose.

Le istituzioni liguri non possono assistere in silenzio al fatto che rischiamo di perdere il ruolo della più importante banca della regione, che è diventata anche una delle più importanti banche nazionali. A che punto è la situazione di CARIGE? Il presidente Repetto ha convocato il CdA della Fondazione il 30 per affrontare la “mozione di sfiducia” dei 17 consiglieri di indirizzo (sui 27 del consiglio). Ma il 23 c’è un’altra riunione per rispondere alle osservazioni del MEF (Ministero dell’Economia e delle Finanze). Si sa che l’operazione di cui più si discute è quella relativa allo IOR.

Quando ho incontrato tutti i rappresentanti istituzionali a proposito del nuovo Consiglio di indirizzo, ho poi riferito in conferenza stampa i contenuti del “minimo comune denominatore” su cui avevamo verificato un accordo. Ora qui espongo il mio pensiero, come ho fatto pubblicamente nella riunione della Giunta regionale del18 ottobre scorso. La situazione è molto grave. Riassumiamola distinguendo che cosa è successo finora da quello che può succedere o meno d’ora in avanti.

La banca ha perso per cattiva gestione del settore assicurativo 780 milioni di euro. L’aumento di capitale che ora chiede la Banca d’Italia è di 800 milioni. In pratica è una cifra equivalente a quanto è stato bruciato nel settore assicurativo.

Teniamo conto che la carenza di capitalizzazione delle banche italiane – in vista dell’unione europea – non è limitata alla CARIGE. Bankitalia sta chiedendo al sistema del credito italiano una ricapitalizzazione complessiva di 16 miliardi. Ed è chiaro che una raccolta ditale dimensione confliggerà con l’esigenza disperata di finanziamenti che hanno- per agire e sopravvivere – le imprese e le famiglie italiane.

Il Monte dei Paschi di Siena, per esempio, deve fare un aumento di capitale di 2 miliardi e mezzo (circa tre volte tanto quello chiesto a CARIGE). Ha avuto in prestito, com’è noto, i bond dallo Stato, e se non riuscirà a rientrare dal debito ha la prospettiva della pubblicizzazione della banca.

Questi bond sono prestati a tassi abbastanza alti (altrimenti rischierebbero di essere considerati aiuti di Stato proibiti dall’Unione Europea). Per uscire dalla crisi aperta al Monte dei Paschi e evitare la statalizzazione della banca i senesi si sono affidati a un manager –tra l’altro genovese – come Alessandro Profumo. Il che vuol dire: proviamo a farcela da soli con un vertice rinnovato e capace.

È quello che dovremmo fare anche noi. È una sfida complessa: CARIGE è cresciuta molto negli ultimi anni fino a diventare una delle più importanti banche italiane, oggi è la settima. E le prime banche saranno in breve tempo sotto i riflettori europei: la Banca d’Italia vuole portare il sistema del credito italiano alla BCE in equilibrio e in ordine. I tempi sono molto stretti: parliamo dei primi mesi dell’anno prossimo, al massimo entro maggio. Finora degli 800milioni di aumento di capitale CARIGE ha recuperato 100 milioni di euro vendendo bene SGR. È poi chiaro che Bankitalia il nuovo AD della banca deve sedere anche nel CdA, e questo comporterà le dimissioni di uno dei consiglieri appena nominati. L’AD per avere il massimo peso deve sedere nel CdA e deve essere nominato in pochissimo tempo: il suo compito sarà definire immediatamente un piano industriale. La quotazione in borsa della banca, investita dalla crisi, è scesa dal 2 e mezzo allo 0,4, cosa che ha creato anche la possibilità di una acquisizione esterna a valori molto bassi. Ora il titolo è risalito a 0,6: un incremento del 50% che ha cominciato a migliorare sensibilmente la situazione. Ma se la quotazione si riabbassa, sarà difficile difendere la banca.

In questo contesto giudico l’iniziativa dei 17 di sfiduciare il presidente della Fondazione una cosa da matti. Persone di buonsenso, come minimo, avrebbero agito dopo la nomina del nuovo AD. È chiaro infatti come l’iniziativa di sfiduciare Repetto – a capo dell’azionista principale, con il 47% – possa scoraggiare chi fosse intenzionato a accettare un incarico tanto delicato. Ora i “cacciatori di teste” incaricati dal presidente Castelbarco di individuare il nuovo AD parlano con interlocutori che non sanno chi si troveranno davanti al vertice della Fondazione. Quali sono le intenzioni dei 17? Nessuno lo sa, e questo rappresenta un danno colossale, provenendo dal Consiglio di indirizzo che è l’organo più importante della Fondazione. Castelbarco ha dichiarato che per correttezza si dimetterà a sua volta: questo determinerebbe inevitabilmente l’arrivo di un commissario che dovrebbe gestire l’aumento del capitale. Naturalmente comprendo il nobile gesto di Castelbarco, ma dobbiamo chiedergli invece di riconsiderarlo, in modo che si possa giungere alla nomina del nuovo AD in tempi rapidissimi, possibilmente entro il 30 ottobre, perché dopo quella data tutto diventerebbe più complicato.

Se non si viene a capo di questa situazione, sarà stato anche inutile aver riunito per cercare un possibile percorso comune 3vescovi (di cui uno Cardinale) due sindaci, i rappresentanti delle Province e delle Camere di Commercio.

E a questo proposito: com’è possibile definire questa iniziativa un “atto intimidatorio”? Vorrei poi chiedere a Claudio Scajola: ma a che titolo ti occupi di CARIGE? Non sei più ministro né amministratore locale, non hai società registrate alle Camere di Commercio. A che titolo quindi?

La verità è che è in atto una “guerra tra bande”. Una guerra nella quale non possiamo intervenire, ma almeno lo possiamo dire. E fare il possibile per evitare di far pagare alla banca e al nostro territorio le conseguenze di questa situazione incredibile. La città di Genova e la Regione Liguria devono avere uno scatto, pur potendo solo esercitare una moral suasion nei confronti dei 27 consiglieri che invece sono decision maker: una parte di loro hanno deciso di sostituire Repetto e come farlo. Lo facciano, ma deve essere ben chiaro che è una responsabilità loro, non cerchino noi! D’altra parte in questi anni io non ho nominato nessuno in quel Consiglio, ho chiesto al cardinale Bagnasco di avvalersi di questa facoltà. Non è stata da parte mia una folgorazione o una scelta religiosa, ma una scelta politica, e avevo visto bene.

Ma ora la scelta è se ridursi a “piazzare ”questo o quello nel nuovo Consiglio di indirizzo oppure  riuscire a dare la funzione molto rilevante che spetta alla Fondazione con un soprassalto di ragionevolezza. Se questo soprassalto si determinerà, mi spenderò in prima persona per individuare insieme le persone capaci di esprimere la massima autorevolezza.

Abbiamo bisogno di un Consiglio di livello europeo, perché questa è la prospettiva in cui dovrà operare la banca. Nel nuovo Consiglio di indirizzo dovranno esserci genovesi, imperiesi, savonesi, donne e uomini, e poi persone qualificatissime in campo economico e finanziario per la gestione operativa, e qualificatissime nei settori sociali e culturali per le funzioni di erogazione (anche se le risorse erogabili sono drasticamente diminuite). Dunque tre o quattro persone che abbiano competenze finanziarie e economiche al massimo livello per poter essere interlocutori diretti della Banca d’Italia e della BCE. Altre quattro o cinque persone dovranno essere esperte nelle questioni sociali, sanitarie, culturali, sportive, e nel settore dell’informazione.

Lo ripeto: non si tratta di “intimidire” nessuno. Ma di dire chiaramente come stanno le cose. Qualche giorno fa, nell’incontro che ho avuto con Vittorio Malacalza, ci siamo scambiati valutazioni sul drammatico problema di leadership che si è aperto inLiguria nei comparti più importanti. Ansaldo Energia è di proprietà di un fondo finanziario. STS lo sarà tra breve. ILVA è governata da un commissario. Ora anche il principale strumento finanziario della regione cambia assetto e rischia il commissariamento. L’autorevolezza di chi guida banca e Fondazione è fondamentale per difenderne il valore e rilanciarne la funzione. Basta vedere il benefico effetto che ha già prodotto il ruolo del professor Alpa nel settore assicurativo. Faccio un solo esempio per rendere ancora più chiaro il mio pensiero. Se la Fondazione intendesse svolgere un ruolo nel campo della promozione delle start-up formate da giovani nei settori avanzati, dovrebbe rivolgersi a un uomo come il direttore scientifico dell’IIT, il professor Roberto Cingolani – e non so naturalmente se lo vorrebbe fare. Oltretutto a favore di scelte di qualità e competenza dovrebbe giocare anche il fatto che la presenza in queste realtà ha dimostrato di non giovare affatto, in termini di consenso elettorale e di vantaggio se ricadute politiche. E la possibilità di distribuire contributi è dimezzata.

La logica delle spartizioni non ha proprio alcun senso. L’unico senso d perseguire è quello di un’operazione strategica finalizzata al rilancio. Questo è ciò che penso. Se troveremo ascolto, ci impegneremo per ottenere comportamenti coerenti. Altrimenti resteremo a casa nostra. Ma dobbiamo essere del tutto consapevoli che si sta correndo un rischio mortale”, conclude Claudio Burlando.


2 Commenti

  1. AH! …Ma allora a che titolo il se ne occupa Burlando?…
    La verità è che tutto il sistema delle fondazioni bancarie e delle nomine deve essere azzerato e rivisto.
    Troppi sono gli intrecci tra politica e sistema bancario/finanziario e troppe le nomine politiche che invece di rappresentare il sistema della società civile rappresentano i partiti.
    Non sarà che l’esempio di MPS sia solo la punta dell’iceberg?
    Se avessimo la Banca d’Italia pubblica e non privata e quindi svolgesse il ruolo di vero controllore e non come adesso dove il controllato è anche il controllore, forse certe “manovre” le banche non avrebbero potuto farle non avrebbero potuto osare tanto con investimenti aleatori. Invece di prendere i soldi dalla BCE e usarli per le speculazioni sui tassi di interesse avrebbero erogato denaro per il mondo produttivo imprenditoriale.

I commenti sono bloccati.