Premio Nobel a Bob Dylan? Anche la canzone può essere ottima letteratura…

di Alfredo Sgarlato – Tra qualche giorno saranno assegnati i premi Nobel, e torna come ogni anno a far discutere un nome che viene proposto per il premio per la letteratura, quello di Bob Dylan. Per i detrattori è un’idea sbagliata, perché un autore di canzoni non è un poeta. Infatti non lo è: canzone e poesia sono due cose diverse. Il ché non implica una gerarchia: chiunque nella vita ha scritto brutte poesie, magari dedicate alla compagna di banco; pochi hanno scritto grandi canzoni, soprattutto grandi testi di canzoni. Se vogliamo guardare al lato puramente tecnico forse scrivere canzoni è persino più difficile che scrivere poesie o romanzi, perché i testi devono essere anche adatti alla musica, mentre piazzare una frase elegante in romanzo o in un saggio è più semplice.

La qualità letteraria dei testi di Dylan non si discute, così come quella di un altro papabile, Leonard Cohen (che sul piano prettamente musicale chi scrive preferisce a Dylan). Ma perché proprio Dylan? Perché per la storia della musica Dylan rappresenta uno spartiacque, un prima e un dopo, come Van Gogh in pittura o Joyce in letteratura. Prima del cantautore di Duluth il rock era solo musica per adolescenti arrapati, provate a leggere i testi di canzoni come “Be bop a lula” o “Whole lotta shakin’ goin’ on” e vi cadranno le braccia… fermo restando che dal punto di vista squisitamente musicale si può amare il rock’n’roll delle origini come qualsiasi altra musica.

Poi c’erano il folk, con rappresentanti altissimi come Woody Guthrie, Pete Seeger o Johnny Cash, il blues o lo spiritual che trattavano temi di protesta o religiosi. Ma era sempre musica legata al quotidiano, figlia della strada o dei campi, spesso anche delle prigioni, in cui l’urgenza del cosa dire sovrastava totalmente il come dirlo. Bob Dylan, che peraltro ha scritto anche romanzi e sceneggiature, è il primo musicista rock colto, che inserisce simboli e metafore, spesso anche piuttosto oscuri, sulla scia dell’amato Rimbaud, che fa riferimenti alla letteratura alta come al folklore, al cinema come al mito.

Dopo Dylan avranno la strada spianata lo stesso Cohen, che nasceva poeta, lo humour corrosivo di Frank Zappa, John Lennon che all’apice del successo canta “I’m a loser” (“Sono un perdente”), e anche questa è una grossa rivoluzione, Lou Reed che porta all’estremo la poetica del sesso droga e rock’n’roll. Pochi nomi sono a questo livello, leggibili con passione anche senza musica, mi vengono in mente Peter Gabriel, Nick Cave, Tom Verlaine dei Television. In ogni caso la canzone può essere ottima letteratura, come lo è il teatro o il saggio, o come, per rifarci a un’altra polemica inutile di questi giorni, il documentario come il disegno animato spesso sono grande cinema.

Quindi tifiamo per Bob Dylan. Ma se vincerà uno sconosciuto poeta da un paese lontano andrà bene lo stesso: magari scopriremo un altro genio trascurato come Wislawa Zsymborska o Tomas Transtromer.

* il trend dei desideri: rubrica Corsara di Alfredo Sgarlato

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