di Sandra Berriolo – Poiché son stata criticata che son diventata buona devo rimediare. Allora cerco di tirare le somme di questa edizione di Palio, per quel che sono le mie impressioni, ovviamente. Quelle di uno spettatore come tutti voi che non sa cosa accidenti si sono detti in fase di organizzazione. Tiriamo intanto le somme, nel senso di soldi.

Che fine faranno i soldi tirati su dalle cantine? Qualcuno dichiara che fa beneficenza, altri lo fanno anche senza dichiararlo, ma la maggior parte che fa? Certo ci son delle spese da sostenere ma molte cose sono patrimonio che resta, tipo bandiere, casacche, pentole. Qualcuno sarà pagato per la prestazione (la cubista?) ma so che moltissimi sono i volontari. E allora tutti ‘sti volontari come mai non saltano mai fuori quando c’è da fare qualcos’altro per la città come pulire il greto del fiume o buttare la propria spazzatura nei bidoni anziché fuori? Voi dite: perché per certi lavori (pulire il greto del fiume ad esempio) il responsabile è il Comune ed è giusto che si paghino delle persone perché sia fatto. E poi perché telefonare al Comune perché si venga a prendere la vecchia poltrona della nonna costa la telefonata e tempo quindi la butto nel greto del fiume. Giusto per fare un esempio.

Vabbè, diciamo che mi piacerebbe che ogni Rione presentasse un bilancio delle entrate e uscite. E diciamo anche che vorrei che tutta ‘sta coscienza civica (“noi lavoriamo per il bene della Città”) che si esibisce durante questo tipo di manifestazioni saltasse fuori anche nel quotidiano, quando non ci sono i fotografi e quando c’è meno da far bisboccia. Diciamo che mi piacerebbe che almeno nei fine settimana il centro di Albenga fosse pieno di gente (anche un po’ meno, và) con tutti i locali pieni come se fossimo a Rimini in estate o Bologna o Trastevere d’inverno.

Passiamo all’ansia di medievizzare la città ma in modo a volte bizzarro. Ok nascondere con i sacchi l’acciaio e la plastica (perché allora i bidoni della spazzatura no?) ma il legno e il ferro c’erano eccome nell’Alto Medioevo, quindi si possono lasciare a vista secondo me (magari non quelli col flatting, certo). Migliorata la verosimiglianza dell’abbigliamento dei figuranti ma quelli perfetti sono sempre solo “i foresti”, che indossano anche calzature in cuoio con legacci e stringhe. Ieri sera alla sfilata non sono mancate le Nike e i sandali tacco dodici argentati, per non parlare degli infradito in plastica (e pure le Birkenstok io le abolirei).

Anche la proposta gastronomica è andata migliorando ma ho sempre l’impressione che si strizzi troppo l’occhio al commercio che attira l’utenza becera e moderna, che non ha la minima intenzione di imparare qualcosa. Darei ulteriore spazio ad alimenti che oggi ben sappiamo cucinare, come i legumi (fagioli e lenticchie c’erano come i ceci!). E non ditemi che in estate sono pesanti perché allora vi ricordo che ci sono centinaia di persone che ogni fine settimana si arrampica nell’entroterra per gustare polente, cinghiali, porchette e quant’altro. Il fritto sarebbe da non presentare perché nel Medioevo l’olio non si usava granché come cibo, ma per altre destinazioni. Ed oggi non siamo più abituati al sapore di fritto di lardo, sugna, burro rancido (e non fate quella faccia) che si usavano fino a pochi decenni fa. Ci vorrebbero carni bollite e poi arrostite, perché un tempo la frollatura non esisteva quindi la carne era dura come marmo e solo bollendola prima diventava affrontabile.

Le posate: sto già ridendo! Non esisteva la forchetta! Si mangiava tutti dallo stesso piatto e usando il coltello! Ovviamente soprassiedo sull’uso delle stoviglie di plastica perché capisco che diventerebbe un lavoro improbo usare il legno e lavare e sterilizzare per tutti. Ma perché anche i bar usavano i bicchieri di plastica (nella foto il mio Ippocrasso)? Se molte cantine non avevano certo l’attrezzatura necessaria per un esercizio di ristorazione (ma allora perché dare così tanti permessi?) un bar ce l’ha eccome! Comunque era buono, l’Ippocrasso dico.

Mi piacerebbe (ma io son fissata con la cultura) che le Arti e Mestieri anziché essere relegati in un angolo recondito del Centro storico fossero ben in vista, in un luogo dove tutti passano per forza e dove si possa informarsi, chiacchierare, far partecipare i bambini. Perché ho sempre l’impressione che alla gente interessi solo mangiare e bere? Magari poi da oggi si mettono a una improbabile dieta che non riusciranno a seguire perché tra poco comincia un’altra sagra. E gli organizzatori comunque tendono sempre a favorire questo abbuffamento. Ma si sa, la cultura non fa soldi.

Arriviamo all’Albenghino. I prezzi dei ristori erano concordati con l’Amministrazione? E se si perché proprio quello dei bomboloni (che non dovrebbero esserci, perché nell’Alto Medioevo non si usava lievitare la pasta da pane) accanto alla Gabelleria prezzava con “mezzo” Albenghino, visto che il mezzo non è ancora stato coniato?

Tanti sono ancora i dubbi della vostra Nonna preferita ma vi lascio con una speranza. Quella del futuro. Ho notato infatti che nel Medioevo già sapevano cosa sarebbe successo ai nostri tempi (vedi foto menù bevande) e quindi rovisterò tra le pagine degli antichi aruspici per vedere se sapevano già qualcosa sull’IMU della prima casa.

* La Nonna del Corsaro Nero: la rubrica Corsara di Sandra Berriolo