Chiedo scusa se parlo di Gaber

di Alfredo Sgarlato – Quarant’anni fa, quando il dibattito politico imperversava su tutto, Giorgio Gaber, da uomo fuori dagli schemi quale era, cantava “Chiedo scusa se parlo di Maria”. Gaber moriva il primo gennaio di dieci anni fa e oggi di nuovo la politica, anzi l’economia, sembra sovrastare ogni discorso. Giorgio Gaberscik nacque a Milano il 25 gennaio 1939, comincio a suonare la chitarra per curare la poliomielite. Iniziò col jazz, come tutti i cantautori della sua generazione, Tenco, Paoli, Conte, De Andrè, e questo fece sì che la loro capacità compositiva fosse superiore a quella delle generazioni seguenti, almeno secondo chi scrive. Ma ben presto si convertì al rock’n’roll e scrisse “Ciao ti dirò”, che cantata da Celentano è stata la prima hit rock italiana.

Altri cambiamenti seguirono, cantante confidenziale, presentatore di programmi musicali e poi, nel 1970, la svolta decisiva, il teatro canzone. Alternare monologhi e canzoni è stata la grande novità che ha portato in scena. A lungo si è detto, come per Dario Fo, che solo Gaber potesse interpretare Gaber, poi qualcuno ha rotto il ghiaccio e molti, da Giulio Casale ad Andrea Scanzi lo ripropongono. Limitare Gaber all’autore politico è senz’altro fuorviante. Per esempio, era un ottimo conoscitore della psichiatria moderna di Laing e Basaglia. Se ascoltate canzoni come “L’elastico”, criptica per chi non è del mestiere, o la divertentissima “Il guarito” ne avrete la conferma.

Fu preveggente e visionario: anticipò il riflusso nel privato, l’avvento dei tecnici, il conformismo di massa. “Quando è moda è moda”, cantò, facendo infuriare i suoi stessi compagni che lo scambiarono per qualunquista. Ma la musica non era solo sfondo per i testi: sentite un gioiello come “L’illogica allegria”, scritta insieme a Gianpiero Alloisio, e vedrete come fosse anche compositore raffinato. Gaber ebbe un collaboratore insostituibile nel pittore anarchico Sandro Luporini, con cui non litigò mai (sua figlia Dalia ha poi sposato Roberto Luporini).

Gaber fu uno dei pochi intellettuali veramente fuori dagli schemi, nel paese in cui, come Guicciardini insegna, tutti inseguono il proprio “particulare”. Come Pasolini criticava la sinistra dal di dentro. Come Flaiano, Manganelli e pochi altri, non essendo né fascista né democristiano né iscritto al PCI, fu autentico non conformista ed esule in patria, loro davvero, non quelli che alcuni libellisti che non sanno in che paese sono vissuti definiscono a vanvera non conformisti. Oggi Gaber viene tirato per la giacca da tutti, complice anche la scelta della moglie Ombretta Colli: a chi chiedeva un commento sulla carriera politica della moglie Gaber rispondeva: “io e Ombretta andiamo d’accordo su tutto tranne che su una cosa…”.

Rischia, come De Andrè, di essere santificato, cosa che ambedue avrebbero temuto più della peste. Ci manca molto, però, come scriveva l’ottimo Marco Belpoliti, smettiamo di chiederci per ogni fatto cosa ne direbbero Gaber, Pasolino, Flaiano… e chiediamoci cosa ne pensiamo noi.

* il trend dei desideri: rubrica Corsara di Alfredo Sgarlato

1 Commento

  1. Interessante riflessione del sempre appropriato Alfredo, a cui faccio i complimenti.

    Dal mio punto di vista, la Musica ha il grande potere – come tutte le Arti – di stimolare la riflessione personale, e grazie a ciò è possibile arricchire lo spirito umano. In questo percorso di arricchimento, la politica ha un ruolo decisamente marginale, pertanto sono dell’idea che i musicisti debbano limitarsi a fare Musica al meglio delle loro possibilità, e lasciar fare politica ad altre persone. Starà poi ai cittadini valutare se queste ultime la fanno bene o male.

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