Importante riconoscimento per il fotografo Nicolò Puppo

di Alfredo Sgarlato – Un premio davvero prestigioso quello vinto dal ventiseienne fotografo alassino Nicolò Puppo. Il National Geographic, rivista internazionale nota soprattutto per la bellezza delle foto pubblicate, lo ha scelto come vincitore assoluto del proprio concorso annuale, nella categoria “Ritratti”. Le foto premiate fanno parte del progetto “Iris”, già mostrato all’Antipop festival di Teramo.

Le immagini riguardano alcuni momenti della vita di una donna anziana. Possono ispirare malinconia, solitudine, ma anche bellezza e fierezza. La semplicità della vita quotidiana diventa così paradigma della Storia, in cui gli eventi minimi sono parte di un quadro più grande, che possiamo comprendere grazie alla testimonianza di chi condivide la memoria.

Ricordiamo che Nicolò oltre che apprezzato fotografo freelance è membro del collettivo di comunicazione creativa UAU!Collective e membro di Kornoteatro, che proprio stasera parte con la nuova stagione al Teatro Ambra e nei prossimi giorni porterà in giro per l’Italia il nuovo spettacolo “Hi mom! Frutto del ventre tuo”.

6 Commenti

  1. @Lord fener: finchè a guidarti non sarà la forza ma il risentimento, il livore, l’invidia, la mancanza di empatia più che commenti noiosi altro non farai….

  2. Foto molto belle, complimenti all’ALASSINO Puppo 😉
    Such easy to jump on winners’ chariot, isn’t it?!?!
    May the Force be forever with us!

  3. LA PIASTRELLA
    (ossia Peccato Morire…)

    Passeggiando tra le mura
    odo gente far fracasso,
    e quel clamor mi rassicura
    ch’è già in atto uno sconquasso.

    Mi avvicino di sottecchi
    quatto quatto, incuriosito
    scorgo gran salamelecchi
    e già mi sento un pò basito.

    Un beone mi s’appressa,
    d’uno sguardo non mi degna,
    per la firma c’è gran ressa
    e il gottar qui non si sdegna.

    «Che succede?» ingenuo chiedo
    ignorando la realtà,
    perchè intorno a me sol vedo
    avvinazzati in quantità.

    Un di loro mi s’appressa,
    forse vuole indottrinarmi…
    «Fai sparire la tristessa!»
    e m’invita ad ubriacarmi.

    Io rifiuto, sì gentile,
    rimaner sobrio vorrei
    ma quell’altro, in grande stile,
    vuol sapere i fatti miei.

    «A me piace la cultura»
    gli rispondo nel trambusto.
    «Vieni! Non aver paura!
    Giunto sei nel posto giusto!»

    Il volto mio si fa di sasso…
    Tutti annegano nel vino…
    Non ci sto capendo un casso!
    Lumi chiedo al mio vicino.

    «Che cultura è qui osannata?
    A me par che siate ciucchi!»
    «La piastrella è già firmata,
    non c’è posto qui pei crucchi!!»

    Lui di me se ne fa un baffo,
    urla al par d’araldo antico…
    Pensa, egli, ch’io sia maffo
    perchè sol chi beve è un fico!

    S’avvicina un’altro tizio
    sì canuto in verità,
    pria ch’io faccia un precipizio
    due o tre dritte lui mi dà.

    «Da molt’anni ormai si parla
    della fulgida cantina.
    Come fai a non amarla
    la piastrella sopraffina?

    Tanta gente ha già firmato
    e altri ancora lo faranno…
    Non sei stato designato?
    Questo è proprio un gran malanno!

    Su del Centa il sacro lido
    accorrete ingauni eroi!
    S’alzi forte e in alto il grido
    di brindare insieme a noi!»

    Sconcertato allora in volto
    un gran dubbio mi sovviene:
    fossi io ad esser stolto
    e questi fanno del gran bene?

    Chiedo dunque al vecchio arzillo
    qual cultura qui si faccia.
    Egli indossa il suo mandillo,
    ed in me vede una minaccia.

    Presagendo mente aperta,
    il vecchierel non si scompone:
    con retorica sì esperta
    or mi parla da gigione.

    «Qui si predica e coltiva
    la cultura popolare
    che sia un musico o una diva
    obblighiamoli a firmare!

    Vanitosi ma solerti,
    ci facciam vedere ovunque.
    Non vorremmo dissuaderti…
    Senza noi sei uno qualunque!

    A pensarla come noi
    c’è sì grande convenienza…
    Puoi far sempre come vuoi
    ma di noi non puoi far senza!

    Nostra speme è dire un giorno
    d’esser satrapi del borgo
    quindi lèvati di torno
    se dei dubbi in te io colgo!»

    Or tapino ma sgamato
    cosa resta a me da fare?
    Non son schiavo del pigato…
    Forse allor meglio smammare!

    Ma fra risa, canti e botti
    le coscienze si fan mute
    annegando in deschi e gotti
    la larghezza di vedute.

    Son figliuoli alquanto scaltri,
    del felino han la vibrissa.
    Per poter sedurre gli altri
    basta qualche ciumba e issa!

    Ciò che conta, caro amico,
    son dei figli gli interessi:
    non stupirti se ti dico
    che col vin fan tutti fessi!

    E se alcun dovesse dirti
    che morire sia peccato
    calmo stai, non spazientirti:
    questo è inevitabil fato!

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