Political Essay – ASTENSIONISMO E FRAMMENTAZIONE

di Franco Astengo – La gravità della situazione complessiva, sul piano economico, sociale, politico, culturale e morale, che sta attraversando il nostro Paese, all’interno di un quadro internazionale molto difficile, potrebbe far sembrare di secondaria importanza il tema delle dinamiche in atto all’interno del sistema politico, le scelte di tipo istituzionale e parlamentare, questioni apparentemente di metodo come quelle legate alla vita dei partiti e al sistema elettorale: non è così, la profonda sfiducia che il sistema politico nel suo complesso sta ispirando nelle cittadine e nei cittadini italiani rappresenta un problema di fondo al riguardo della qualità della nostra convivenza civile, e le scelte dei partiti (mai così in basso sul piano della credibilità sociale, mai così potenti sul terreno della capacità di spesa e di nomina e protagonisti di una “questione morale” di inusitate proporzioni legata proprio alle forme anomale del finanziamento pubblico) fondamentali per la prospettiva di una difesa della democrazia e di un possibile recupero di diverso rapporto tra la società e la politica.

L’esito delle ultime elezioni amministrative svolte nel corso del mese di Maggio in oltre 100 comuni superiori ai 15.000 abitanti ha fatto registrare alcuni dati di grandissima importanza su questo terreno, al riguardo dei quali abbiamo già soffermato più volte la nostra attenzione, ma che ci pare il caso di riassumere ancora una volta: la geografia politica espressa dai vari partiti e movimenti è apparsa fortemente frammentata, ben al di là della presenza di moltissime liste civiche, soltanto una parte delle quali da collegarsi agli schieramenti tradizionali di centro destra e di centro sinistra; appare evidente, a questo punto, come al centrodestra dello schieramento politico italiano si profili un vero e proprio “vuoto”, dovuto al declino di una leadership che aveva impresso, negli anni scorsi, un vero e proprio “marchio” a questa parte politica: un dato reso ancor più complesso dalla crisi verticale della Lega Nord colpita dagli scandali e dallo “sfarinamento” del PDL; il PD conquista successi importanti in alcuni capoluoghi tradizionalmente amministrati dalla parte avversa come Como e Monza, ma “non vince” in altre situazioni importanti come Parma e rimane, comunque, in bilico rispetto alla strategia delle alleanze non ancora definita sul piano degli elementi programmatici e delle dinamiche di schieramento (del resto in vista delle politiche 2013, rimane tutta intera l’incognita riguardante l’eventuale modifica della legge elettorale).

Il movimento 5 stelle si è chiaramente dimostrata l’unica forza politica in grado di aggregare consenso, ma, almeno nelle situazioni in cui ha ottenuto i suoi maggiori successi, sia eleggendo alcuni sindaci sia sfiorando il ballottaggio come a Genova, è necessario costatare come questi risultati non abbiano inciso sul complesso dell’astensione, che rimane il segnale vero e concreto dell’emergere di quella che è stata definita giornalisticamente ma in maniera del tutto impropria “antipolitica”. Del resto il movimento 5 stelle è ormai presente da diverso tempo alle tornate elettorali (come è stato fin dalle Regionali 2010) e al di là delle “sparate” del suo leader, maestro di istrionia propagandistica, appare saldamente all’interno del recinto democratico (ben diversa la situazione, da questo punto di vista, in Francia con il Front National o in Grecia con i neo-nazisti; mentre rispetto ai “pirati” tedeschi e svedesi l’analogia, per ora, può essere sviluppata nella comune, tra 5 stelle e Pirati, indisponibilità a stringere alleanza di governo: ma per restare al “caso italiano” l’obbligatoria assunzione di responsabilità amministrative nel Comuni rappresenterà la vera cartina di tornasole per giudicare la realtà di questo nuovo soggetto politico).

Forniamo, ancora, alcuni dati significativi rispetto all’entità dell’assenza dal voto: prendendo in esami i risultati di 124 comuni (il 122 compresi nelle regioni a Statuto ordinario più Gorizia e Palermo) si registravano un totale di 5.273.844 elettrici ed elettori aventi diritto; tra questi 3.054.821 (il 57,92%) hanno depositato nell’urna un voto valido per l’elezione del Sindaco e 2.863.144 (il 54,28%) per le liste.

Di conseguenza il tasso di astensione, per quel che riguarda le liste può essere valutate al 46,72%: come si scriveva all’inizio assolutamente un record per analogo tipo di elezione nella storia della Repubblica.

Intorno a questi dati si è affermata una affannosa “corsa ai ripari” da parte dei principali soggetti politici: da un lato si sta cercando di valutare l’affermazione del movimento 5 stelle in termini diversi dalla facile etichettatura di “antipolitica” con la quale l’emergere di questo soggetto era stata indicata; dall’altra, in maniera molto confusa, si stanno cercando strade di rinnovamento addirittura pensando alla formazione di “liste civiche nazionali” magari sponsorizzate anch’esse da protagonisti del mondo dello spettacolo che affiancherebbero i “politici” tradizionali secondo una logica di negativo prosieguo delle idee di spettacolarizzazione, personalizzazione, privilegio di una funzione “maggioritaria” che sono state, invece, alla base della crisi in corso; in altro modo ancora tentando di bypassare il circuito “politica/società” attraverso l’idea dell’elezione diretta del Presidente della Repubblica e di una ulteriore stretta in senso maggioritario di un sistema elettorale che tutti riconoscono debba essere modificato, ma che al riguardo del quale tutti i protagonisti della vita politica appaiono serbare, invece, una sostanziale gratitudine che impedisce loro, appunto, di procedere a modificazioni effettive.

Il presidenzialismo all’italiana risulterebbe così ben diverso dal semipresidenzialismo francese (cui molti a sinistra sembrano fare riferimento, partendo dall’assunto che senza quel tipo di sistema i socialisti non sarebbero mai arrivati al potere) proprio per la qualità intrinseca del sistema poggiante sulla debolezza del rapporto sociale dei partiti, capaci – nel caso italiano – soltanto di esprimere le forme deteriori di quella “partitocrazia” già individuata da Maranini oltre cinquant’anni fa.

Tornando, in ogni caso, a trattare il cuore del problema, questo muoversi in viarie direzioni da parte dei partiti e l’anatema scagliato dal Presidente della Repubblica sull’uso del web come meccanismo fondamentale per un nuovo esercizio di una sorta di democrazia diretta non paiono però avere lo scopo di affrontare, sul serio, il tema del rapporto tra società e politica creando nuove condizioni di aggregazione e di formazione del consenso.

Anzi, a molti le condizioni di un elevato astensionismo alle urne (un tempo definito indicatore di una maturità del sistema e di un allineamento dell’Italia ai valori correnti in Occidente, quando – appunto – nel nostro Paese la partecipazione al voto superava il 90% nell’occasione delle elezioni politiche, con percentuali pressoché simili anche in quelle amministrative) possono apparire del tutto confacenti ai propri disegni politici improntati sul prevalere della governabilità fondata sulla personalizzazione (vedi progetti di tipo presidenzialista) rispetto all’effettiva rappresentatività politica dei soggetti in campo.

Un tema, quello di una partecipazione al voto tutto sommato “ridotta” che non interessa soltanto – com’è tradizione – una destra che, appunto, persegue l’idea presidenzialista come idea sostanzialmente autoritaria di elevazione al soglio di un nuovo “unto del signore” (idea che, comunque, ha fatto proseliti anche a sinistra), ma anche una sinistra ormai totalmente americaneggiante (uso questo termine per comodità d’intesa) anche nel rapporto con i movimenti sociali (il movimento 5 Stelle grida alla “vittoria”, ad esempio ma non spende una parola sul fatto di non aver inciso proprio per nulla sulla disaffezione al voto che è, come abbiamo già ricordato, enormemente cresciuta; ma dello stesso avviso sono anche i propugnatori del meccanismo delle primarie all’interno degli schieramenti definiti, anche se un po’ impropriamente, “tradizionali”) e gli stessi fautori della democrazia diretta e “deliberativa” ( sicuramente assertori di un largo uso del web) ai quali interessa, piuttosto che la rappresentatività politica, un meccanismo decisionale apparentemente partecipato attraverso una semplificazione delle opzioni, al riguardo delle quali si decide indipendentemente dall’esposizione di un progetto complessivo di trasformazione sociale e dall’impegno nella ricerca di definire termini reali di conflitto: “single issue” per “single issue” tanto per intenderci (come nel caso del nuovo movimento che si sta cercando di mettere in piedi sul tema dei beni comuni, o addirittura nello spuntare idee di un inedito “tradeunionismo” all’italiana, sotto l’egida della FIOM).

All’interno di questo quadro, al riguardo del quale sarà consentito esprimere un giudizio di forte pessimismo per la qualità della nostra democrazia all’interno di una esigenza – a nostro giudizio assolutamente insopprimibile – di riallineamento sistematico da realizzarsi attorno alla novità rappresentata dall’attuale governo: sotto questo aspetto è necessario che proprio gli esponenti di questo governo compiano l’atto democraticamente più elementare, facendosi votare dalle elettrici e dagli elettori alla prossima scadenza ( un elemento del resto già individuato da tempo dal prof. Sartori, del quale, del resto, quasi vent’anni fa non fu seguita l’indicazione circa l’incandidabilità del padrone di Mediaset.)

Senza il compimento di questo atto, di elementare democrazia, il dato dell’incredibilità del sistema cui a lungo ci siamo riferiti in questa occasione aumentare in una dimensione del tutto esponenziale.

In conclusione però torniamo a quello che può essere ritenuto il punto al riguardo dello stato di cose in atto: nel quadro della riaggregazione del sistema è necessario sia avanzata una proposta di unità a sinistra, collocata al di fuori dei tradizionali riferimenti storici che pure debbono continuare a far parte del bagaglio di ciascheduno di noi che ha appartenuto alla tradizione socialista, comunista, azionista, che abbia il suo elemento di riferimento proprio nella definizione della qualità dell’agire politico sotto tre aspetti: il pieno rispetto della Costituzione in relazione alla difesa del pieno carattere parlamentare della Repubblica; l’idea della rappresentatività politica quale fattore prioritario e decisivo in funzione della governabilità e di conseguenza della necessità di riportare in campo l’ipotesi concreta di un sistema elettorale di tipo proporzionale, al di fuori da inopinati premi di maggioranza; il ritorno a una strutturazione del rapporto politica e società in funzione di un’aggregazione di massa, di un ruolo di acculturazione politica da parte dei partiti, di promozione di una funzione collettiva da parte dei quadri destinati ai ruoli di rappresentanza istituzionale (non apriamo qui il capitolo della qualità dell’agire politico – ammnistrativo fortemente decaduto in questi anni, della secca riduzione di ruolo dei consessi amministrative, della capacità di espressione collettiva da parte delle giunte nominate, negli Enti Locali, da Presidenti e Sindaci eletti direttamente, con un sistema che ha messo in moto un meccanismo periferico di ambizioni personali e di segmentazione nell’azione amministrativa fortemente negativo anche sul piano, se si pensa in particolare alle Regioni, d’implementazione fuori controllo della spesa pubblica).

Lasciamo, ancora, al di fuori da questo discorso il tema che pure prima o poi dovrà essere affrontato, assegnando i doverosi carichi di responsabilità, dei danni compiuti inseguendo le fanfaluche leghiste della “devolution”, del federalismo e quant’altro: al riguardo delle quali le debolezze politiche dei rappresentanti del sistema si sono rivelate enormi.

Insomma, e per finire: sulla via di una possibile riaggregazione a sinistra le discriminanti, nella qualità dell’agire democratico, sono chiare e una commistione in questo senso apparirebbe quanto mai negativa.

Difesa della Costituzione, “diversa qualità dell’agire politico” come “cuore” di un progetto di forte trasformazione sociale, politica, culturale alla ricerca di una vera e propria “riforma morale” di ispirazione gramsciana.

* Franco Astengo – Savona, politologo

2 Commenti

  1. Mi sorprendo sempre quando sento tirar fuori certi argomenti polverosi ideologici: IdV stà prendendo una cantonata nel voler ricompattare l’alleanza di Vasto, incurante delle chiare indicazioni del suo elettorato e in generale del popolo ormai dissuaso. Non basta vedere che questo partito di cartello stà appoggiando ogni iniziativa sdoganata dai tecnocrati, anche s ein perfetta antitesi con quella che è sempre stata la politica di sinistra che hanno portato avanti?
    Non basta vedere un esponente politico di spicco della sinistra di cartello partecipare al meeting del BILDERBERG?
    Come mai una simile partecipazione di sinistra ( erano almeno in 3 su 5) ad un convegno segreto, non-pubblico dove si decidono le sorti dei popoli della terra e le cui vere risoluzioni NON SONO NOTE A NESSUNO?
    La SPECTRE si stà portando avanti nel lavoro? ..in tal caso hanno sbagliato gli invitati…Avrebbero dovuto invitare Tonino o Beppe!!!!
    🙂
    PS: Songolar eocme la notizia sia passata inosservata dai media di grido e la notizia sia circolata soltanto su “Il Fatto Quotidiano” e qualche testata online di nicchia…
    http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/06/03/bilderberg-dai-fratelli-agnelli-alla-gruber/250711/
    http://www.mainfatti.it/Bilderberg/Bilderberg-2012-cosa-c-era-in-agenda-Almeno-la-Siria-e-la-Russia_044070033.htm

  2. Lei parla di politica vera ma comunque intrisa di contenuti ideologici. E lo mostra quando fà riferimento e auspicio ad una riaggregazione a sinistra.
    Pur stimandola per il suo pensiero che esprime spesso sul blog, debbo farle osservare come traspaia nonostante le sue attenzioni per il fenomeno, un pervicace attaccamento a politiche che, proprio perchè legate ad un patrimonio ideologico, oggi rappresentano un ipotesi anacronistica e comunque dichiaratamente avversa al volere del popolo sovrano per come si stà manifestando. Lei parla di buona politica come se questa possa esistere soltanto se accoppiata a radici ideologiche di destra o di sinistra, sottovalutando proprio nell’essenza i presupposti con cui il M5S mieterà vittime virtuali alle prossime elezioni sia a destra che a sinistra in un flagello senza termini di paragone nella storia recente.
    Sono fermamente convinto che la rinascita della Nazione NON passerà attraverso nessuno schieramento che manifesti un pensiero politico ideologico sia esso di destra o di sinistra. La gente non ne può più di sentirsi raccontare storie che poi chi le racconta non le mette in pratica. Se dovessimo già oggi emettere un verdetto, ponendo nella gabbia degli imputati i rappresentanti di cartello come li chiama spesso Lei che stanno appoggiano il governo dei professori, su chi sia più o meno traditore del popolo con riferimento ideologico, secondo lei, chi sarebbe il trombato etichettabile come traditore perfetto?…Il PdL, il Terzo Polo o ..il PD?
    Non mi pare difficile rispondere .
    Quindi anche se comprendo che le posizioni della sinistra radicale sono molto distanti da quella di cartello, ormai alla deriva, mi pare oltre che anacronistico pure autolesionista riproporre modelli di sinistra, i quali volenti o nolenti sarebbero strascinati al patibolo dalla politica attuata sino ad oggi dal PD!

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