Albenga jazz: Zegna plays Monk (e molto altro)

di Alfredo Sgarlato – Ad Albenga, appuntamento domenica col grande Jazz nella Wunderkammer di Palazzo Oddo: Riccardo Zegna, pianista nato a Torino ma Savonese di adozione incontra la musica di Thelonius Monk, personaggio fondamentale nella storia del piano jazz. Monk (10/10/1917- 17/2/1982), è stato, insieme a Duke Ellington e Charles Mingus, il maggior compositore nella storia della musica afroamericana e sicuramente il più personale: autodidatta, usava sequenze di accordi particolarmente dissonanti e ritmi molto sincopati; inoltre aveva un tocco molto peculiare, per via di un’impostazione delle mani piuttosto strana.

Zegna ovviamente adatta Monk alla propria sensibilità, scegliendo temi non particolarmente famosi ma molto evocativi, come Monk’s mood, che definisce giustamente “arcana” o Light Blue, breve sequenza di accordi quasi più classici che jazz. Zegna alterna i brani con aneddoti sull’uomo Monk e sull’ambiente in cui viveva. Monk aveva una personalità ineffabile, si può dire che, benché un genio della musica, di fatto fosse rimasto bambino.

Il più famoso aneddoto che lo riguarda è quello in cui si racconta come, durante una tournèe in Australia apparisse sempre stranamente deluso, finchè un giorno non sbottò: “ma dove sono quei dannati canguri?”. Zegna spiega come spesso i jazzisti si appropriassero di canzoni di successo, per esempio di Cole Porter o Jerome Kern, variandole nella melodia e nel ritmi e trasformandole in temi propri, come è il caso di Just You Just Me che diventa 52th street, omaggio monkiano alla via dove era concentrato un ampio numero di locali, e in ognuno di essi si esibiva un grande musicista.

Lo stile di Zegna è fatto di frasi spezzate, intervallate da accordi pieni, con molto lavoro sulla mano destra, molto gradevole da seguire e perfetto per gli autori che presenta. Il pianista racconta anche il suo primo impatto personale con Monk quando, dopo un concerto in un teatro torinese, lui e gli amici si recarono in un locale piccolo, fumoso e caldissimo, in cui accanto al bancone videro svettare il gigantesco Monk con un colbacco in testa! “toccalo, toccalo- gli dicevano gli amici, e poi: hai toccato Monk!”.

Nella seconda parte del concerto Zegna si confronta con altri giganti del jazz, Duke Ellington, con Variations in D, Billy Straihorn, braccio destro di Ellington con Isfahan ( anche nel loro caso Zegna sceglie due temi poco noti benché splendidi), l’amico/rivale di Monk Bud Powell, Bouncin’ with Bud e Earl Hines, Rosetta, che fu un 78 giri vendutissimo. In mezzo a questi brani Zegna esegue anche una propria composizione, Sammy White, dedicata ad un gatto particolarmente istrione. Il bis è un momento toccante per chi scrive: Zegna sceglie di omaggiare Charles Mingus, con uno dei brani che il contrabbassista dedicò al suo maestro, Duke’s Ellington sound of love, forse la più bella tra le composizioni mingusiane, un brano che ti riconcilia con l’universo.

Il pubblico entusiasta invoca un secondo bis, stavolta è Bess’ Theme di Gerhwin con citazione da An American in Paris, anche questa presentato con un aneddoto: pare che il compositore dodecafonico Schoemberg adorasse Gershwin, ma i maligni dicono solo perchè odiava Stravinski, che considerava un rivale nella musica, mentre con George rivaleggiava solo nel tennis… Un’altra gran bella serata e ringraziamo Maurizio Natoli e Giovanni Sardo per l’ottima scelta, in attesa dei prossimi appuntamenti.

3 Commenti

  1. Grazie a te per l’ottima recensione ed alla redazione per partecipare così assiduamente!
    Sto cercando di convincere Riccardo a farci un concerto esclusivamente con musiche sue, come si dice dalle mie parti ‘gutta cavat lapidem’ (antico proverbio siciliano;-)

    A presto

    Maurizio

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