Savona, Provinciali 2009: l'epopea giudiziaria delle firme false per liste Pdl si chiude con una condanna e 9 assoluzioni

(fp) – Dopo quasi quasi quattro anni, il capitolo delle firme false nella presentazione delle liste per le scorse elezioni Provinciali del 2009 si è oggi concluso nelle aule del tribunale di Savona: assoluzione per tutti ad eccezione del medico Angelo Barbero, all’epoca dei fatti consigliere regionale e coordinatore elettorale del Pdl, condannato per uno dei due capi d’imputazione (l’autenticazione, come pubblico ufficiale, delle liste di firme false) a 1 anno e quattro mesi, con la sospensiva condizionale della pena e l’assoluzione “per non aver commesso il fatto” invece per l’altra accusa (concorso morale per la presentazione di liste integralmente false e occultamento delle dichiarazioni). Rimane l’interdizione dai pubblici uffici.

Per gli altri imputati accusati di diversificate ipotesi di reato (dall’avallo irregolare delle liste di candidati, alla falsificazione delle firme dei presentatori di lista, al concorso nell’uno o nell’altro reato), il PM Chiara Maria Paolucci nell”ultima udienza aveva chiesto l’assoluzione del presidente della Provincia, Angelo Vaccarezza, e del medico Teresiano De Franceschi, mantenendo invece la richiesta di condanna a pene dai 2 ai 14 mesi per tutti gli altri sette imputati: Guido Lugani, al tempo Coordinatore provinciale dei Giovani Pdl e vicepresidente della partecipata Ecoalbenga (10 mesi), Mauro De Michelis, ex coordinatore del Pdl di Andora (9 mesi), Roberto Schneck, a inizio inchiesta vicesindaco di Albenga (10 mesi), Bruno Robello De Filippis, avvocato e all’epoca dei fatti capogruppo Pdl in Consiglio Comunale ingauno e consigliere con delega a Cultura e società partecipate (2 mesi), Gianfranco Sasso, allora vicepresidente del Consiglio provinciale (14 mesi), Marco Paniccia (10 mesi) e Cosetta La Mantia, consulente finanziaria e collaboratrice di Schneck (10 mesi). Tutti assolti oggi “per non aver commesso il fatto” eccetto Robello De Filippis, per il quale l’accusa di favoreggiamento che gli era imputata è caduta “perché il fatto non costituisce reato”.