Il vincitore del Premio Città di Loano Mario Incudine infiamma la platea

di Alfredo Sgarlato – Ogni anno il festival organizzato da La Compagnia dei Curiosi premia il miglior disco tra quelli usciti, nell’ambito della musica tradizionale italiana, nell’anno precedente. Quest’anno la giuria, composta da sessanta critici musicali di testate nazionali, ha scelto l’ottimo “Italia talìa” di Mario Incudine, giovane cantautore siciliano. Il folto pubblico presente potrà testimoniare la bontà della scelta: le due ore passate in compagnia di Mario e dei suoi accompagnatori Antonio Vasta, fisarmonica e zampogna, Manfredi Tumminello, chitarra, Emanuele Rinella, batteria, Antonio Putzu, fiati e Pino Ricosta, basso, sono state realmente trascinanti e divertenti: alla qualità della musica Incudine sa unire una presenza scenica notevole derivante dalla sua formazione teatrale e una forte simpatia umana. La musica fonde ballate tradizionali, rock, ritmi di tango e valzer, melodie profumate di Mediterraneo e di Oriente.

Qualcuno potrà chiedersi se le musiche fortemente contaminate ascoltate in queste serate siano davvero musica tradizionale: ebbene sì, gli artisti da sempre hanno concepito la tradizione anche come evoluzione e scambio, la globalizzazione nel suo lato migliore, l’idea di una tradizione come monolite inscalfibile è esistita solo nella mente di alcuni pseudofilosofi che non sono mai usciti dal loro studio. Incudine presenta brani ricchi di pathos; il titolo “Italia talìa”, vuol dire “guarda, meravigliati”: con questo disco Incudine vuole presentare la Sicilia vera, quella degli eroi Falcone, Borsellino, Impastato, Libero Grassi, così come quella dei molti che hanno perso la vita sul lavoro. La tragedia di Marcinelle è ricordo vivo nell’opera di Mario, che la affronta con un monologo e con canzoni come “Escusè muà por mon franzè”, la testimonianza dell’unico superstite. Non mancano la denuncia, in “Fiat voluntas Fiat”, e la satira, in “Lassa e passa”, che diventa pretesto per coinvolgere il pubblico in un gioco. Anche la notissima “Vitti ‘na crozza” viene riportata al significato originale, una canzone sulla morte in miniera, non una canzonetta allegra.

Incudine e i suoi ottimi e affiatati musicisti, omaggiano anche De Andrè, e “Bocca di rosa” diventa “Buccuzza di ciuri”, con gran divertimento del pubblico. Anche questa serata, come le due precedenti, ha dimostrato come la grande musica, quella creata da artisti veri e non da macchine da soldi create a tavolino, sappia coinvolgere il pubblico curioso che si sforza di uscire di casa per scoprire qualcosa di nuovo, e che si diverte come un matto e si riconosce nelle tematiche trattate. Anche ieri c’è stato un antipasto pomeridiano dedicato alle comunità resistenti, in questo caso i cantastorie: il giornalista Enrico De Angelis ha intervistato Giorgio Vezzani, autore del libro “Quello del cantastorie”, insieme ai cantastorie Gianni Gili, Giampaolo e Agnese Pesce, che hanno divertito i presenti con canzoni e racconti. Stasera grande festa da ballo in Piazza Rocca e domani gran finale con Vinicio Capossela e la Banda della Posta.