A Savona il "25 aprile R-esiste" (fotogallery)

(fp) – Grande successo anche per il 2013 di “25 aprile R-esiste”, la grande festa alla Fortezza del Priamar  che ha visto proporre un fitto programma organizzato da ANPI, Assessorato alle Politiche Giovanili e Assessorato alla Partecipazione e promosso dal Comitato Cittadino della Resistenza Antifascista della Città di Savona.

Le celebrazioni per la memoria della Resistenza e della liberazione in città proseguiranno anche domani: sabato 27 aprile alle ore 11,00 il Comune di Savona, con Fiap Fderazione Italiana Associazioni Partigiane e Giustizia e Libertà, con l’adesione di A.N.P.I. e F.I.V.L., organizza infatti la cerimonia di intitolazione della piazzetta dedicata al Partigiano “Gustavo Capitò” presso piazzetta ex Due Leoni – Rocca di Legino e alle ore 11,30 verrà curata la cerimonia di intitolazione dei Giardini dedicati al Partigiano “Nicola Panevino” presso i giardini in Via Collodi.

Come ricorda il figlio Giampaolo, il grado militare di Gustavo Capitò (nato a La Spezia il 7 febbraio 1897, sposato e padre di due figli) era Tenente colonnello di Stato Maggiore dell’Esercito, nome di battaglia “Fermo”. il ruolo che assunse nella Resistenza fu di Consulente del Comando Militare del Comitato di Liberazione Nazionale (Cln) di Savona, dal giugno del 1944 trasferito al Comando militare regionale ligure come Direttore del Servizio Informativo. Ricercato dai fascisti fu sorpreso nell’abitazione del suocero a Genova, arrestato e condotto alla Casa dello Studente dove venne torturato per fargli confessare i nomi degli altri partigiani. Da tutti gli interrogatori uscirà sanguinante e tramortito ma dirà con orgoglio: “La mia cattura non ha rovinato nessuno”. Non un nome o un riferimento uscirà dalla sua bocca e il 23 marzo 1945, a pochi giorni dall’Armistizio, venne prelevato con altri 19 prigionieri dal carcere di Marassi, condotto a Cravasco, e lì trucidato mediante fucilizione vicino al locale cimitero per rappresaglia di una imboscata partigiana del giorno precedente. Da soldato ha fatto un passo avanti e ha indicato di sparare al petto. Solo un giovane diciottenne, Franco Diodati, caduto sotto i cadaveri, si salverà, ferito al collo. Alla sera alcuni contadini lo soccorsero. Gustavo Capitò ebbe un ruolo improtante nella Resistenza Savonese. Il nome di battaglia “Fermo” fu ben speso perchè da lui non ottennero nulla, solo orgogliosi silenzi.

In quello stesso 23 marzo 1945 tra i partigiani trucidati a Cravasco c’era anche Nicola Panevino (nato il 13 luglio 1910 a Carbone, in provincia di Potenza, sposato e padre di una figlia). Di professione magistrato, verso la fine del 1942 viene nominato giudice presso il Tribunale di Savona. Dopo l’8 settembre si collega al movimento Giustizia e Libertà (GL) ed entra nelle fila del Partito d’Azione. Nell’inverno 1943-44 viene scelto per rappresentare il partito in seno al Comitato di liberazione nazionale savonese, in sostituzione di Cristoforo Astengo, fucilato dai nazifascisti. Divenuto successivamente presidente dello stesso comitato, in virtù della sua posizione al Tribunale riesce spesso a venire a conoscenza di informazioni riservate riguardanti i piani e l’organizzazione politica e militare della R.S.I. Messosi in contatto con i membri dei C.L.N. di Genova e Alessandria, si adopera insieme a loro per fornire aiuto e rifornimenti alle formazioni piemontesi, trasportando personalmente l’esplosivo per i sabotaggi. Tradito da una delazione, il 14 dicembre 1944 Panevino è sorpreso da alcuni elementi della GNR mentre si trova nella propria abitazione; imprigionato nelle carceri savonesi di Sant’Agostino, il 10 gennaio ’45 è trasferito a Genova a Marassi. Tradotto alla Casa dello Studente il 15 di febbraio , viene riconosciuto da una spia come uno dei capi del movimento partigiano. Interrogato e torturato ripetutamente, è costretto a confessare il proprio ruolo, ma non tradisce i compagni. Ricondotto a Marassi, alle prime ore del 23 marzo 1945 è trasportato a Cravasco per essere fucilato. A guerra finita, alla memoria di Nicola Panevino è stata concessa la medaglia d’argento al valor militare.

Come ricorda il figlio Giampaolo, il grado militare di Gustavo Capitò (nato a La Spezia il 7 febbraio 1897, sposato e padre di due figli) era Tenente colonnello di Stato Maggiore dell’Esercito, nome di battaglia “Fermo”. il ruolo che assunse nella Resistenza fu di Consulente del Comando Militare del Comitato di Liberazione Nazionale (Cln) di Savona, dal giugno del 1944 trasferito al Comando militare regionale ligure come Direttore del Servizio Informativo. Ricercato dai fascisti fu sorpreso nell’abitazione del suocero a Genova, arrestato e condotto alla Casa dello Studente dove venne torturato per fargli confessare i nomi degli altri partigiani. Da tutti gli interrogatori uscirà sanguinante e tramortito ma dirà con orgoglio: “La mia cattura non ha rovinato nessuno”. Non un nome o un riferimento uscirà dalla sua bocca e il 23 marzo 1945, a pochi giorni dall’Armistizio, venne prelevato con altri 19 prigionieri dal carcere di Marassi, condotto a Cravasco, e lì trucidato mediante fucilizione vicino al locale cimitero per rappresaglia di una imboscata partigiana del giorno precedente. Da soldato ha fatto un passo avanti e ha indicato di sparare al petto. Solo un giovane diciottenne, Franco Diodati, caduto sotto i cadaveri, si salverà, ferito al collo. Alla sera alcuni contadini lo soccorsero. Gustavo Capitò ebbe un ruolo improtante nella Resistenza Savonese. Il nome di battaglia “Fermo” fu ben speso perchè da lui non ottennero nulla, solo orgogliosi silenzi.
In quello stesso 23 marzo 1945 tra i partigiani trucidati a Cravasco c’era anche Nicola Panevino (nato il 13 luglio 1910 a Carbone, in provincia di Potenza, sposato e padre di una figlia). Di professione magistrato, verso la fine del 1942 viene nominato giudice presso il Tribunale di Savona. Dopo l’8 settembre si collega al movimento Giustizia e Libertà (GL) ed entra nelle fila del Partito d’Azione. Nell’inverno 1943-44 viene scelto per rappresentare il partito in seno al Comitato di liberazione nazionale savonese, in sostituzione di Cristoforo Astengo, fucilato dai nazifascisti. Divenuto successivamente presidente dello stesso comitato, in virtù della sua posizione al Tribunale riesce spesso a venire a conoscenza di informazioni riservate riguardanti i piani e l’organizzazione politica e militare della R.S.I. Messosi in contatto con i membri dei C.L.N. di Genova e Alessandria, si adopera insieme a loro per fornire aiuto e rifornimenti alle formazioni piemontesi, trasportando personalmente l’esplosivo per i sabotaggi. Tradito da una delazione, il 14 dicembre 1944 Panevino è sorpreso da alcuni elementi della GNR mentre si trova nella propria abitazione; imprigionato nelle carceri savonesi di Sant’Agostino, il 10 gennaio ’45 è trasferito a Genova a Marassi. Tradotto alla Casa dello Studente il 15 di febbraio , viene riconosciuto da una spia come uno dei capi del movimento partigiano. Interrogato e torturato ripetutamente, è costretto a confessare il proprio ruolo, ma non tradisce i compagni. Ricondotto a Marassi, alle prime ore del 23 marzo 1945 è trasportato a Cravasco per essere fucilato. A guerra finita, alla memoria di Nicola Panevino è stata concessa la medaglia d’argento al valor militare.