Cinema: il ritorno della fantascienza filosofica

di Alfredo Sgarlato – Almeno in campo letterario, i periodi di maggior creatività in materia di fantascienza coincidono con periodi storici neri. In America i capolavori del genere sono stati pubblicati in tre periodi ben precisi: primi anni ’40 (seconda guerra mondiale), primi anni ’50 (guerra in Corea), fine anni ’60 (Viet Nam). Al cinema il periodo d’oro della fantascienza sono gli anni ’50 in genere, ovvero il periodo della guerra fredda e della “caccia alle streghe”, di cui spesso questi film erano metafore. Dopo il ’68 abbiamo invece l’esplosione del new horror, quello di Romero, Carpenter, Cronenberg, Raimi, Craven, e le riuscite incursioni nel genere di Kubrick e De Palma, tutti figli di Mario Bava e Dario Argento, ma questo è un altro discorso.

Dopo un periodo di boom delle saghe fantasy, da qualche anno il cinema di fantascienza vive un momento molto fertile, soprattutto sono tornati i film che non si limitano a posporre inseguimenti ed esplosioni nel futuro ma indagano nell’animo umano e nei suoi possibili sviluppi. Non siamo in guerra certo, ma non si può negare che questo sia uno dei periodi di peggiore crisi economica e culturale degli ultimi secoli, quindi il legame si ripresenta.

A riaprire il filone ha contribuito senz’altro l’enorme successo di “Avatar” di James Cameron, un film, aldilà del 3D, spettacolare e molto bello formalmente, con un messaggio così ingenuo da far pensare che sia troppo furbo; comunque non il capolavoro dell’autore di due classici come “Terminator” e “The abyss”. Molta critica ha voluto trovare un contraltare al “biologicamente corretto” “Avatar” nel “creazionista” “Prometheus”, il ritorno alla fantascienza di Ridley Scott, l’autore dei capolavori “Alien” e “Blade runner”, che, diciamolo francamente, dopo quei due film ne ha azzeccato solo un altro in vita sua. Delusione terrificante, “Prometheus” è un film veramente brutto, dove l’unica soddisfazione per lo spettatore è il sex symbol Michael Fassbender avvilito da un’agghiacciante zazzera da nazista dell’Illinois.

Per fortuna molti – ma purtroppo poco visti – sono i film che esplorano i mondi futuri. Su molti aleggia l’ombra del Kubrick di “2001” e del Tarkovskij di “Solaris” ed è inevitabile; certamente sono omaggi dichiarati “Moon” di Duncan Jones o “Sunshine” di Danny Boyle, autore anche del catastrofico (nell’argomento, non nella riuscita, che è molto buona) “28 giorni dopo”o il debutto solista di Marc Caro “Dante 01”, che introduce un tema mistico che a Kubrick era estraneo, tutti film che riprendono il viaggio nello spazio come odissea iniziatica. Film realizzati con pochi mezzi, come l’interessante “Another earth”, di Mike Cahill, che però sono capaci di piacere al pubblico e scandagliare l’animo umano con perizia. Molto presente il tema dei cloni, per esempio in due ottimi film poco visti come “Womb” di Benedek Fliegauf e “Non lasciarmi” di Mark Romanek. Sono sempre film amari, che mostrano un mondo futuro, inquietante, con una società ferocemente classista e premarxiana, come in “In time” di Andrew Niccol, dove però un’ ottima idea, un futuro dove il tempo ha sostituito il denaro, è sprecata banalmente (peccato, Andrew Niccol aveva incantato con “Gattaca” e “Simone”, ma saprà rifarsi).

Nume tutelare della fantascienza degli ultimi trent’anni, è Philip K. Dick, ormai serenamente consacrato come uno dei massimi scrittori del ‘900, non solo nei film tratti da sue opere, spesso deludenti, ma in quelli ispirati ai suoi temi, come il geniale “Pleasantville” di Gary Ross, o lo splendido “Eternal sunshine of the spotless mind” (mi rifiuto di usare il ridicolo titolo italiano), delirante viaggio nella mente di due ex innamorati. Certo, boiate ne girano tante, ma se come me avete scoperto il cinema con “Il pianeta proibito” vi divertirete molto andando a cercare questi interessanti autori. Se invece siete di quelli che non guardano horror o fantascienza perché li trovano inverosimili, beh, allora guardatevi film come “Crazy, stupid, love” o “Ricordati di me” e ditemi se quelli non sono fuori dalla realtà.

* il trend dei desideri: rubrica Corsara di Alfredo Sgarlato