“Per la pillola abortiva le donne ingaune e imperiesi costrette a fuggire a Mentone”

di Sergio Bagnoli – “Sono costrette a fuggire oltre frontiera, almeno a Mentone, per assumere la cosiddetta pillola abortiva, la famosa Ru486, da non confondersi con la pillola del giorno dopo che invece è ancora un contraccettivo dal momento che in tutto il Ponente ligure sono ben pochi i medici ospedalieri disposti a prescriverla alle proprie pazienti”: è la denuncia fatta dalle femministe della Riviera di Ponente alla vigilia del terzo congresso regionale dei medici ostetrici e ginecologici liguri che aprirà i battenti venerdì nel Porto Antico di Genova.

In tutta la Liguria nel 2011, ultimo anno rispetto al quale si possiede una statistica completa, si sono verificate 3380 interruzioni volontarie di gravidanza ma solamente in seicento casi circa si è fatto ricorso al ben meno invasivo, rispetto alla tecnica chirurgica tradizionale, ricorso alla Ru486. Ben trecentoventi, cioè più della metà, gli aborti consumati facendo ricorso alla pillola nel solo Ospedale Sant’Andrea della Spezia: ciò fa comprendere come nel resto della Regione, non solo dunque nell’Imperiese ma anche a Genova cioè, se ne faccia ben poco uso. Da Imperia, Sanremo, Albenga ed in genere da tutto il Ponente ligure più prossimo al confine con la Francia, allora, le donne sono spinte a recarsi almeno a Mentone, Oltralpe, per ricorrere a tale trattamento abortivo. Sono decine e decine ogni anno ed in Francia devono pagare almeno duecentocinquanta Euro, ovviamente non rimborsabili, per ottenere la Ru486 all’interno di studi medici e assumerla sotto il controllo di ostetrici e ginecologi.

Ci si chiede da più parti perché in Liguria, se si eccettua il caso del Levante della Regione, e soprattutto nell’Imperiese e in Ingaunia sia così difficile ottenere la pillola abortiva nonostante un provvedimento di sei anni fa dell’Assessore alla Sanità Claudio Montaldo ne avesse ammesso l’uso in Regione tanto che i singoli ospedali ne sono ben forniti. Non vale far ricorso alla sola proverbiale obiezione di coscienza da parte dei medici di ideologia cattolica, comunque, a spiegare la fattispecie. Secondo molti, infatti, alla base di una sostanziale elusione del provvedimento del 2007 starebbe anche una particolare difficoltà, da parte di medici ed operatori socio- pedagogici, nell’instaurare un dialogo fruttuoso con la paziente. Un tradimento, comunque, dello spirito con il quale il Legislatore degli anni settanta del secolo scorso ha voluto la Legge numero 180, impropriamente da molti indicata come una legge assolutamente abortiva.

In realtà nella 180 l’aborto viene considerato, in virtù della gravità della scelta per la donna che vi si sottopone, come “un’extrema ratio” ma sostanzialmente, stante la mancanza di dialogo descritta, diviene la naturale conclusione del processo previsto dalla Legge. Neanche il più indolore ricorso alla pillola abortiva Ru486 è riuscito come ben si vede a scalfire il ricorso a pratiche abortive chirurgiche e così molte donne in gran parte aventi un’età compresa tra i venticinque e i trentacinque anni, non solo di nazionalità italiana ma pure extra- comunitarie o romene, di Albenga, Imperia o Sanremo sono indotte ad oltrepassare il confine italo- francese di Ventimiglia.